La tossicità di alcune terapie antitumorali sull’apparato cardiovascolare è una delle potenziali complicanze sia a breve che a lungo termine. Alcuni chemioterapici come le antracicline, e alcuni tipi di radioterapia come la radioterapia toracica possono causare disfunzioni cardiache potenzialmente irreversibili. Altri trattamenti invece, come quelli effettuati con alcuni farmaci biologici, possono causare alterazioni reversibili che non provocano quindi danni cardiaci permanenti e a lungo termine. Per questo motivo, nei centri oncologici all’avanguardia il cardiologo è un importante consulente sia nella fase di pianificazione dei trattamenti sia nella fase di follow-up.
L’utilizzo di farmaci chemioterapici appartenenti alla classe delle antracicline e la radioterapia toracica al di sopra di un certo dosaggio possono essere responsabili di diverse forme di tossicità cardiaca a lungo-termine: insufficienza cardiaca, malattia coronarica o di una patologia valvolare. Il rischio di sviluppare queste importanti complicanze dipende da diverse variabili quali il tipo di agente chemioterapico utilizzato e la dose somministrata, la presenza di ulteriori fattori di rischio cardio-vascolare, l’età in cui viene effettuato il trattamento e l’utilizzo concomitante di radioterapia toracica.
I sintomi che si possono manifestare e su cui è necessario focalizzare l’attenzione includono: la mancanza di fiato, l’astenia (spossatezza) severa dopo sforzi lievi o a riposo, l’edema localizzato o generale, il dolore toracico e le palpitazioni. È altresì possibile come accade nel 50% dei casi di pazienti trattati in età pediatrica, che la disfunzione cardiaca rimanga per lungo tempo asintomatica prima di manifestarsi.
Per questo motivo, anche se non si riscontrano i sintomi di un problema cardiovascolare, i pazienti, dovrebbero effettuare dei controlli cardiologici con una periodicità variabile a seconda del rischio. Un controllo strumentale può infatti rivelare il problema molto prima che si manifestino i sintomi, in una fase precoce nella quale l’efficacia dei trattamenti è massima.
La riduzione al minimo dei normali fattori di rischio cardiovascolare è comunque una misura importante sia per minimizzare la possibilità di sviluppare problemi cardiovascolari indotti dai trattamenti oncologici, che, eventualmente, allo scopo di migliorare l’efficacia delle misure in seguito intraprese per risolvere i problemi stessi.