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Volontari e solidarietà in corsia

 

Cosa significa oggi essere volontari in una realtà particolare come un ospedale? Ne parliamo con Giuliana Bossi Rocca, segretario generale della Fondazione Humanitas.

ape_volontariDimenticarsi il buonismo, le frasi di circostanza e i paternalismi. In un’epoca in cui sembra contare soprattutto la forma, il volontariato si orienta alla sostanza e si trasforma, rinnovandosi. Cosa vuol dire oggi essere volontari, in particolare in una realtà come un ospedale? “Presuppone una personalità duttile e sensibile – chiarisce Giuliana Bossi Rocca, segretario generale della Fondazione Humanitas -, la capacità di far emergere, oltre alle risorse proprie, anche quelle dei malati e dei loro familiari. Il volontariato non dovrebbe essere visto come un’attività di buon cuore fine a se stessa, ma come un’esperienza di crescita personale, di maggiore consapevolezza di se stessi e degli altri, e in particolare come un impegno per far riscoprire a chi è colpito da gravi infermità la possibilità di una quotidianità degna di essere comunque affrontata perché arricchita attraverso nuovi percorsi e traguardi. Questo è l’aspetto più difficile, ma ne costituisce l’anima perché non è facile introdurre una nuova speranza dove la realtà sembra esserne totalmente priva”.
Il volontario ospedaliero deve quindi possedere doti personali di spiccata umanità, senso del rigore e del rispetto delle regole e un forte equilibrio emotivo che gli permetta di sopportare lo stress che caratterizza l’ambiente. Ma non basta. Per le peculiarità del contesto e delle situazioni che si trova ad affrontare, è necessaria una preparazione rigorosa, ottenuta attraverso un training articolato. “La formazione – precisa ancora Giuliana Rocca – qualifica un ruolo e una funzione divenuti fondamentali per il benessere del malato: oggi non ci si rivolge più solo alla cura della malattia, ma alla tutela della salute della persona nel suo complesso, fisico, psichico, sociale”. Questa attenzione olistica diventa possibile solo grazie al supporto di volontari ben preparati nei reparti dell’ospedale.
La formazione offerta dalla Fondazione Humanitas ai propri volontari si sviluppa in quattro momenti principali. Al colloquio attitudinale, che permette di conoscersi reciprocamente e sondare le motivazioni degli aspiranti volontari, seguono quattro giornate di formazione di base, utili per conoscere meglio la Fondazione e per orientarsi in ospedale, attraverso le informazioni fornite dai medici e dagli infermieri sulle diverse patologie e sull’organizzazione dei settori in cui il volontario sarà attivo. Un altro momento fondamentale sono gli incontri di formazione specialistica, relativa a particolari aree di inserimento, come l’oncologia o le patologie croniche legate a ictus, Alzheimer e dialisi. Infine i momenti di formazione permanente, che si svolgono durante tutto l’anno, con appuntamenti su temi specifici che riguardano l’attività in ospedale o, più in generale, riflessioni sul senso del volontariato.
Di aiuto in questo percorso sono i “referenti”, responsabili di ogni gruppo in cui è divisa la squadra dei volontari: vero trait d’union tra volontari e Fondazione, alimentano un profondo senso di appartenenza all’organizzazione, fondamentale per la motivazione al servizio.

I numeri di Humanitas
  • 2.3 milioni visite
  • +56.000 pazienti PS
  • +3.000 dipendenti
  • 45.000 pazienti ricoverati
  • 800 medici
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