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Vescicole extracellulari cardiache come biomarcatore prognostico: uno studio Humanitas

Per diversi anni i ricercatori si sono scontrati con la difficoltà di identificare la presenza in circolo di vescicole extracellulari di derivazione cardiaca. Ha dunque un valore pionieristico lo studio condotto da Humanitas, intitolato Myocardial hypoxic stress mediates functional carica extracellular vesicle release e pubblicato su European Heart Journal a giugno 2021. Un team internazionale, coordinato dall’equipe del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas guidata dal professor Gianluigi Condorelli, ha dimostrato, per la prima volta, la presenza in circolo di queste vescicole, di cui sono state studiate funzione e meccanismo d’azione, dimostrandone il valore prognostico in soggetti con stenosi della valvola aortica sottoposti a intervento di impianto valvolare aortico per via transcatetere. 

Uno studio che apre la strada a nuove Ricerche sull’utilizzo di questo biomarcatore nella prognosi, nel trattamento e nella cura di altre patologie cardiovascolari.

Approfondiamo l’argomento con il dottor Achille Anselmo, coautore dello studio di Ricerca. 

I risultati dello studio

Le vescicole extracellulari vengono rilasciate da diverse tipologie di cellule in condizioni fisiopatologiche, dunque sia in condizioni normali sia sotto stimoli stressogeni. Grazie a queste vescicole, le cellule, che siano vicine o distanti tra loro, uguali o differenti, possono comunicare. 
Le vescicole extracellulari sono già state oggetto di studio per quanto riguarda le patologie cardiovascolari, come l’aterosclerosi o l’infarto, ma prima d’ora non è mai stato dimostrato il rapporto diretto tra lo stress cardiaco e il rilascio di queste vescicole da parte delle cellule muscolari cardiache. 

Il team del professor Condorelli, ha utilizzato una tecnologia chiamata citofluorimetria a flusso, per identificare le vescicole rilasciate dalle cellule muscolari cardiache in condizioni di ipossia, ossia carenza di ossigeno, dunque quando il cuore, a seguito di determinate patologie, è più affaticato.
Confrontando il plasma dei pazienti interessati da patologie cardiovascolari, nelle quali l’ipossia ha un ruolo chiave nella patogenesi, con quello di soggetti sani, è stato  notato un aumento delle vescicole extracellulari di derivazione cardiaca ed è stato dunque possibile dimostrare che questo tipo di stimolo stressogeno ne determina il rilascio.  

Dal laboratorio al letto del paziente

Il secondo passo dello studio è stato valutare se le vescicole avessero un ruolo di biomarcatori circolanti. In ambito cardiaco, infatti, ne esistono già alcuni largamente impiegati in clinica, come la troponina cardiaca, che viene rilasciata dalle cellule muscolari cardiache danneggiate, o l’ormone NT-proBNT, rilasciato se la parete del cuore viene sottoposta a stress pressorio. Questi biomarcatori sono entrambi di tipo causativo, ossia vengono rilasciati nel sangue quando il danno cardiaco si è già verificato.

L’equipe del professor Condorelli, attraverso l’analisi di oltre 300 pazienti interessati da stenosi della valvola aortica, una patologia che ha un impatto estremamente importante sui costi sanitari, ha dimostrato, a un anno dall’intervento di sostituzione della valvola, una prognosi migliore per coloro che avevano un livello di vescicole cardiache circolanti più alto.
Si tratta di un risultato particolarmente importante: per la prima volta, infatti, è stato possibile individuare un biomarcatore ad azione non causativa bensì protettiva

Lo studio si conclude dunque con un’ipotesi: le vescicole extracellulari cardiache rilasciate in una fase precoce della malattia, quindi quando ancora non è compromessa la funzione delle cellule muscolari cardiache, potrebbero avere un meccanismo compensatorio.
Rilasciando tali vescicole, infatti, le cellule muscolari cardiache stressate riescono a comunicare con le zone ancora sane del cuore che, una volta informate della necessità di compensare lo stress, saranno portate a contrarsi maggiormente. 

Al contrario, nei soggetti con una patologia avanzata, quando ormai il danno del muscolo cardiaco è troppo severo, il livello di tali vescicole cardiache circolanti si abbassa, correlandosi purtroppo, con un’aspettativa di vita significativamente più breve. 

Questo studio apre, dunque, nuovi scenari per la medicina personalizzata, poiché l’analisi delle vescicole cardiache circolanti può contribuire alla valutazione della prognosi del paziente, andando a orientare i trattamenti per garantire le migliori possibilità di cura a seconda della condizione clinica del singolo individuo.
Per quanto riguarda, invece, l’attività di Ricerca, l’equipe del professor Condorelli proseguirà nello studio della valenza delle vescicole extracellulari cardiache come biomarcatori per altre patologie cardiache.

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