78 anni. Un aneurisma dell’aorta addominale molto vicino all’origine delle arterie renali. Un caso non operabile con la chirurgia tradizionale e nemmeno in modo mini-invasivo. Per salvare questo paziente due équipe hanno lavorato insieme utilizzando un’endoprotesi di nuova concezione, fatta su misura e “fenestrata”, ossia caratterizzata dalla presenza di buchi lungo le pareti, attraverso i quali il sangue può fluire anche nelle arterie che originano nel tratto di aorta interessato dall’aneurisma.
L’intervento è avvenuto lo scorso 11 gennaio e il paziente sta bene. Si tratta della prima procedura di questo tipo eseguita a Milano. In tutta Italia, ad oggi, sono state impiantate solo una ventina di queste protesi.
L’intervento è stato effettuato presso l’Istituto Clinico Humanitas dalle Unità Operative di Radiologia, guidata dal dott. Giorgio Brambilla, e Chirurgia Vascolare II, diretta dalla dott.ssa Mariagrazia Bordoni. In questi casi, l’approccio multidisciplinare è fondamentale: la stretta collaborazione tra radiologi interventisti e chirurghi vascolari mette infatti a disposizione del paziente le competenze più adeguate al tipo di trattamento necessario.
“Il paziente, affetto da un aneurisma iuxta-renale (con inizio cioè vicino all’origine delle arterie renali, senza un tratto anche breve di parete aortica sana tra esso e l’origine di questi vasi) – spiega il dott. Brambilla – non avrebbe avuto i requisiti per un intervento endovascolare: il posizionamento di una normale protesi avrebbe infatti occluso le arterie renali. Ma anche per l’intervento chirurgico tradizionale presentava serie controindicazioni, legate alle condizioni cliniche ed in particolare alla difficoltà di accesso chirurgico addominale per precedenti interventi complicati. Da qui l’idea di utilizzare una protesi ‘custom-made’, su misura e ‘fenestrata’, che presenta lungo le pareti dei buchi in corrispondenza dell’origine sia delle arterie renali – nelle quali sono poi stati inseriti due stent per assicurare la ‘tenuta’ del sistema protesico – sia dell’arteria mesenterica superiore, che irrora l’intestino. Una protesi che si adatta perfettamente all’anatomia del singolo paziente – rilevata con estrema precisione dalla TAC multistrato – tenendo conto della sede, delle dimensioni e dei rapporti reciproci di tutte queste arterie”.
L’aneurisma dell’aorta addominale è una malattia molto diffusa, che colpisce il 6% della popolazione superiore ai 60 anni. Consiste nella dilatazione permanente del tratto addominale dell’aorta.
“Le cause che possono determinare un aneurisma – spiega la dott.ssa Bordoni – sono essenzialmente legate all’aterosclerosi, patologia che comporta un’alterazione strutturale della parete arteriosa, che perde la sua elasticità e quindi la capacità di mantenersi indeformabile sotto gli stimoli della pressione. A ogni spinta pressoria, dunque, l’aorta si dilata, innescando un processo irreversibile: l’evoluzione naturale di un aneurisma è la dilatazione progressiva, fino alla rottura. Un’evenienza drammatica che può avvenire con un’iniziale fissurazione (una piccola lacerazione della parete aortica) e la conseguente formazione di un ematoma che, anche se si può tamponare temporaneamente, può comunque sfociare in una rottura vera e propria. Altre volte la rottura può manifestarsi fin dall’esordio, causando un’emorragia frequentemente mortale (circa il 50% dei pazienti muore prima di arrivare in ospedale). Un’alta percentuale di coloro che sono sottoposti a un intervento chirurgico d’urgenza per la rottura di un aneurisma addominale va incontro a complicanze anche severe. Per questo è importante diagnosticare precocemente un aneurisma dell’aorta addominale, per poter intervenire prima della fase acuta della malattia, cioè della rottura”.
La chirurgia a cielo aperto rimane ad oggi il gold-standard nella cura degli aneurismi aortici addominali, anche se negli ultimi anni il progresso degli strumenti e il miglioramento dei materiali ha offerto una valida alternativa a questo trattamento: la tecnica endovascolare. “Quest’ultima – prosegue la dott.ssa Bordoni – consiste nel posizionare, inserendola attraverso un foro nell’arteria femorale, una protesi rivestita da una maglia metallica all’interno dell’aneurisma, per escluderlo dal passaggio del sangue. La mini-invasività della procedura permette di ridurre l’impatto psicologico e fisico del trattamento. Tuttavia, la tecnica endovascolare è idonea solo per pazienti con particolari caratteristiche anatomiche. Per questo la scelta tra i due trattamenti deve essere valutata dallo specialista, sulla base del rapporto rischio-beneficio per il paziente”. Le due metodiche infatti non sono sovrapponibili e non sono utilizzabili alternativamente per tutti.
“Lo sviluppo di nuovi materiali e tecnologie – conclude il dott. Brambilla – apre però per il futuro nuove prospettive: la disponibilità di protesi ‘su misura’, che permettano di lasciare liberi tutti i vasi importanti, consente infatti di ampliare il campo d’applicazione della tecnica endovascolare. Questo potrebbe inoltre aprire nuovi importanti orizzonti anche nel trattamento degli aneurismi toraco-addominali, per i quali ad oggi l’unica chance terapeutica è rappresentata dalla chirurgia tradizionale, non priva però di elevati rischi per il paziente”.
Di Monica Florianello
L’immagine mostra un’endoprotesi fenestrata (nel riquadro, un particolare che evidenzia uno dei “buchi” presenti lungo le pareti della protesi)
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