Modalità e vantaggi della AMIC, una metodologia innovativa che permette di intervenire sulle lesioni post-traumatiche.
La cartilagine articolare è un tessuto elastico molto resistente alla pressione e alla trazione, ha un colorito bianco perlaceo e riveste le estremità delle ossa lunghe proteggendole dall’attrito. La sua funzione è simile a quella di un cuscinetto ammortizzatore: grazie alla sua particolare costituzione chimica questo speciale tessuto salvaguarda i normali rapporti tra le articolazioni e ne permette il movimento. All’interno della cartilagine esistono cellule, chiamate condrociti, che hanno il compito di produrre la sostanza fondamentale, costituita prevalentemente da acqua, da fibre collageniche, da proteoglicani, da acido ialuronico e da glicoproteine.
La cartilagine è composta da una parte fluida (che le dona la capacità di assorbire i traumi) e da una parte solida (che ne aumenta la resistenza). Queste due componenti interagiscono tra loro per proteggere le superfici articolari dall’usura e garantirne il movimento senza attrito. È importante sapere che il tessuto cartilagineo è poco vascolarizzato in quanto carente di capillari sanguigni; il nutrimento dei condrociti, inoltre, avviene tramite il fenomeno della diffusione, un processo lento e molto meno efficace della circolazione sanguigna. Per tutti questi motivi le capacità rigenerative di questo tessuto sono molto scarse e, di conseguenza, le lesioni cartilaginee possono essere riparate solo tramite intervento chirurgico.
I metodi per rigenerare la cartilagine lesa sono molteplici: si va dalle tecniche di rigenerazione tramite trapianto (come la Mosaicoplastica, una procedura che utilizza la cartilagine del paziente stesso, praticando un vero e proprio trapianto), alle tecniche di riparazione basate sulla stimolazione dell’osso. La tecnica più attuale è AMIC (Condrogenesi Autologa Indotta da Matrice), una metodologia innovativa che permette di intervenire sulle lesioni post-traumatiche che si verificano dopo un incidente. Il dott. Attilio Riva, responsabile dell’Unità Operativa di Ortopedia di Humanitas Gavazzeni, ne descrive modalità e vantaggi.
Quando si può intervenire
L’insufficienza della cartilagine può essere dovuta all’età, a fattori ereditari o all’eccesso di peso che porta ad un sovraccarico dell’articolazione. In questi casi la cartilagine progressivamente cede, si assottiglia e si frantuma portando inevitabilmente all’artrosi. Spesso le articolazioni maggiormente a rischio di condrosi (il processo di degenerazione della cartilagine), come ginocchia e caviglie, sono minacciate da traumi e fratture più o meno gravi. Il problema coinvolge le persone tra i 16 e i 45 anni, ovvero i giovani, a cui è appunto rivolta la nuova tecnica.
“La tecnica AMIC – spiega il dott. Riva – è una metodica mono-fasica che sfrutta il potenziale di guarigione dell’organismo stesso, ma può essere applicata su lesioni limitate, non superiori agli otto centimetri quadrati. Se il difetto è troppo esteso non è possibile intervenire con un’operazione di questo tipo: in tal caso si parlerebbe di artrosi, una patologia a cui si può porre rimedio solo attraverso l’impianto di una protesi o con un intervento diretto sulle ossa”.
L’operazione
L’operazione prevede inizialmente un prelievo di sangue, di cui si utilizzerà solo la parte corpuscolata, cioè quella “solida”. Nella fase successiva viene rimossa tutta la cartilagine dalla zona lesa attraverso un accesso mini-invasivo, perforando l’osso subcondrale.
È in questo momento che vengono rilasciate nella zona interessata, oltre alla parte corpuscolata del sangue del paziente, componenti del midollo osseo, cellule staminali e fattori di crescita, formando un coagulo. Utilizzando una speciale membrana protettiva al collagene, la Chondro-Gide, si crea un ambiente idoneo per la rigenerazione del nuovo tessuto cartilagineo. Tutto viene quindi fissato con colla di fibrina, che permette di non dover suturare la ferita.
I vantaggi
“L’idea di arricchire una matrice non è nuova – aggiunge il dott. Riva –, ma tutte le strategie fino ad ora utilizzate prevedevano il prelievo di un campione di cellule mesenchimali del paziente e la crescita in coltura. La tecnica AMIC evita i processi di prelievo e coltivazione, avvalendosi della microfratturazione dell’osso subcondrale per permettere l’innesto nel sito del difetto. Applicare questa nuova tecnica significa dunque risparmiare tempo, poiché si tratta di eseguire più operazioni durante lo stesso intervento. Inoltre si tratta di un metodo semplice e poco invasivo, che garantisce una maggior resistenza allo strappo ed un’elevata forza tensile”.
Le altre tecniche
Normalmente, per risolvere il problema cartilagineo in questione, si ricorre alla tecnica della Mosaicoplastica o alla tecnica ACI (trapianto autologo di condrociti). Tali metodiche tuttavia sono piuttosto complesse e lunghe, poiché comportano il prelievo e l’invio in laboratorio di campioni cellulari per una coltura che non sempre ha effetti proliferativi positivi.
“Questi sistemi – sottolinea il dott. Riva – continuano ad essere alcuni dei più praticati, soprattutto la Mosaicoplastica, con cui ho effettuato numerosi interventi. Ma, pur essendo una metodologia valida, bisogna riconoscere le potenzialità della nuova tecnica, che offre la possibilità di sfruttare la capacità rigenerativa del nostro organismo in modo assolutamente naturale”.
A cura di Viviana Messina
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