Il tumore del polmone è tra le patologie che fanno più vittime in assoluto. L’esito delle terapie, che hanno fatto grandi progressi negli ultimi anni, dipende in larga parte dalla diagnosi: se questa viene effettuata quando la malattia è in fase precoce, i trattamenti sono più semplici, meno invasivi, ed hanno probabilità di successo molto maggiore. Per questo, da tempo sono stati avviati molti studi con il fine di trovare un procedimento di screening efficace e, possibilmente, poco invasivo. Fino ad ora, lo screening si basa su metodi di diagnostica per immagini, come la TAC spirale volumetrica e la PET. Secondo i risultati di una ricerca condotta dall’Istituto Nazionale Tumori di Milano, un nuovo test molecolare permetterebbe di rilevare la presenza di un tumore polmonare fino a due anni prima che venga scoperto attraverso gli attuali esami di diagnostica per immagini. Questo grazie alla rilevazione di microRNA circolanti nel sangue, molecole endogene di RNA non ricombinante, che sono implicate nella crescita cellulare e regolano l’espressione della trasmissione di geni (in questo caso, tumorali). Quali cambiamenti potrebbe comportare questo test nella pratica clinica? Ne abbiamo parlato con il dott. Marco Alloisio, responsabile di Chirurgia Toracica di Humanitas Cancer Center.
Dott. Alloisio, quali sarebbero le applicazioni pratiche di questo nuovo test?
Premettendo che i risultati di una singola ricerca non possono e non devono cambiare le indicazioni per la pratica clinica e che, quindi, i dati emersi da questo studio andranno senza dubbio verificati attraverso nuove sperimentazioni, mi sembra che questo test sia molto promettente, anche dal punto di vista pratico. Le applicazioni nell’ambito del tumore polmonare, una volta affinati i parametri dei biomarcatori precoci, potrebbero essere due. La prima, di portata quasi immediata, potrebbe essere l’eliminazione fino all’80% dei falsi positivi che derivano dallo screening effettuato per mezzo della TAC spirale, con grandi vantaggi in termini di riduzione di indagini radiologiche invasive, ma soprattutto di interventi inutili. A questo risultato, tuttavia, si è arrivati anche con altri metodi non invasivi o poco invasivi, fra i quali quelli messi a punto dal progetto DANTE (Diagnosi Avanzata di Neoplasia polmonare con Tac spirale), il cui principal investigator è il dott. Maurizio Infante, responsabile della Ricerca Clinica nell’ambito della mia stessa unità operativa. La seconda, molto stimolante, potrebbe essere invece la ulteriore messa a punto di tecniche di diagnosi precoce, attraverso l’individuazione della popolazione “target” da sottoporre a screening e la possibilità di definire il rischio individuale di cancro polmonare. L’obiettivo è quello di selezionare i soggetti a rischio “più elevato” e su questi focalizzare il massimo delle risorse per l’anticipazione diagnostica.
Quali sono, anche alla luce di questo, le prospettive future per il trattamento dei tumori polmonari?
Questa ricerca fa parte di un corpus di studi randomizzati sullo screening del tumore del polmone che sono in corso in molti ospedali europei , su tecniche differenti che possono aprire grandi possibilità di innovazione. Oltre al nostro già citato progetto DANTE, sono da menzionare il progetto olandese NELSON, MILD e ITALUNG, entrambi italiani, LUSI tedesco e DLCST danese. Penso che i risultati di tutte queste ricerche, posti a confronto con i risultati positivi del National Lung Screening Trial (USA), aiuteranno ad attuare diagnosi sempre più precoci. Tutto questo dovrebbe migliorare i risultati dei trattamenti, rendendoli più sicuri, meno invasivi e con un impatto favorevole, e questa è la grande speranza, in termini di riduzione di mortalità per neoplasia polmonare. Bisogna dire infine che, anche se sarà necessario un lungo lavoro di affinamento, le potenzialità dei test genetici sul sangue sembrerebbero notevoli e teoricamente potrebbero interessare anche altri tipi di neoplasie, specialmente quelle per le quali la diagnosi precoce riveste un ruolo di primo piano.
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