Si è tenuto a Roma a fine ottobre il XXI Congresso Nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica). Diversi i temi affrontati: dalle novità nella Ricerca oncologica – che consente di ottenere cure sempre più efficaci e terapie sempre meno invasive – alla presentazione dei dati epidemiologici sul cancro, dalla prevenzione alla qualità di vita.
Al Congresso hanno preso parte anche alcuni specialisti di Humanitas, come il professor Armando Santoro, Direttore di Humanitas Cancer Center, la professoressa Lorenza Rimassa, vice Responsabile di Oncologia medica e docente di Humanitas University e il dottor Matteo Simonelli, specialista in Neuroncologia e studi clinici di Fase I.
Tumori cerebrali: quale trattamento post chirurgico?
Il dottor Simonelli è intervenuto in una sessione educazionale dedicata ai tumori cerebrali e in particolare ai gliomi a basso grado di malignità.
“In ambito neuroncologico, il trattamento post-chirurgico dei gliomi a basso grado di malignità – con radioterapia e chemioterapia – è un argomento molto dibattuto. Questa eterogena classe di tumori colpisce generalmente pazienti giovani adulti (30-40 anni), nel pieno della loro vita professionale e sociale. Sono tumori caratteristicamente a lenta crescita e con una prognosi buona (anche superiore a 10 anni), ma che nel corso del tempo possono acquisire una maggior aggressività biologica e andare incontro a una trasformazione maligna.
Proprio in relazione a queste peculiarità è estremamente importante prestare attenzione a quelli che possono essere gli effetti collaterali a lungo termine causati dai trattamenti oncologici, perché potrebbero influenzare negativamente la qualità di vita dei nostri pazienti. Ne sono un esempio i potenziali deficit neuro-cognitivi tardivi legati alla radioterapia che colpiscono abilità come memoria, attenzione e velocità di elaborazione delle informazioni. La chemioterapia può essere associata al rischio non trascurabile di infertilità o molto più raramente di secondi tumori ematologici. Inoltre un trattamento chemioterapico prolungato con alchilanti è in grado di causare un accumulo di mutazioni nel tumore, che potrebbe velocizzare la trasformazione maligna.
Studi clinici randomizzati con lungo follow-up dimostrano però in maniera evidente un significativo e importante aumento della sopravvivenza (circa 6 anni) nei pazienti con glioma a basso grado (ad alto rischio) trattati dopo la chirurgia proprio con l’associazione di radio e chemioterapia. Oggi è importante utilizzare i fattori prognostici molecolari e clinici che abbiamo a disposizione per selezionare i pazienti che necessitano di un trattamento immediato dopo la chirurgia, mentre in altri casi si può applicare una strategia di solo follow-up clinico strumentale trattando il paziente solo al momento della recidiva/progressione.
È fondamentale che i pazienti affetti da gliomi a basso grado siano sempre seguiti in un Centro ad alta specializzazione, dotato di gruppi multidisciplinari integrati, dove la scelta del percorso verrà calibrata a seconda del singolo caso”, ha spiegato il dottor Simonelli.
Il trattamento farmacologico dell’epatocarcinoma
Anche la professoressa Rimassa è intervenuta in una sessione educazionale dedicata ai tumori del tratto gastro-enterico (eccetto quelli del colon retto), dove ha parlato del trattamento farmacologico dell’epatocarcinoma avanzato in prima e in seconda linea.
“Le opzioni di trattamento dell’epatocarcinoma avanzato si stanno ampliando e alla terapia standard con sorafenib si sono aggiunti altri nuovi farmaci, come cabozantinib e lenvantinib. Nella scelta occorre tenere conto di diversi elementi come le caratteristiche del paziente, il tipo di farmaco, l’efficacia e la sicurezza/tollerabilità.
Lenvantinib inoltre ha appena ottenuto in Italia la rimborsabilità da parte del Sistema Sanitario Nazionale e dunque è ora disponibile per i nostri pazienti”, ha sottolineato la professoressa.
I primi risultati dell’Immunoterapia nell’epatocarcinoma
Un’altra importante novità arriva dal Congresso ESMO Asia 2019 della Società Europea di Oncologia Medica e riguarda il trattamento dell’epatocarcinoma con immunoterapia. Sono stati infatti appena presentati i risultati positivi dello studio IMbrave150 (studio multicentrico di fase III), che ha valutato l’associazione di atezolizumab con bevacizumab. Dai dati emerge un miglioramento significativo in termini di sopravvivenza globale e di sopravvivenza libera da progressione di malattia rispetto a sorafenib, che rappresenta lo standard di cura da dieci anni.
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