E’ la forma di cancro più frequente negli uomini fra i 20 e i 30 anni. Sintomi e fattori di rischio di una malattia che si può curare, come dimostra il caso del ciclista statunitense Lance Armstrong. Lo stato dell’arte di cura e ricerca nel corso di un convegno in programma in Humanitas il 9 luglio.
I tumori del testicolo sono la forma di cancro più frequente negli uomini fra i 20 e i 30 anni. Ogni anno nel nostro Paese, secondo i dati diffusi dalla Società Italiana di Urologia, ne vengono diagnosticati circa 2.000 nuovi casi, per lo più in persone di età compresa tra i 18 e i 32 anni. La Germania, la Scandinavia e la Nuova Zelanda hanno la più alta incidenza di questa malattia, circa 5 volte più comune nella razza caucasica che in quella nera. Si tratta di un tumore per lo più curabile, soprattutto nei centri con un’esperienza specifica, dove siano presenti tutte le competenze necessarie non solo per la cura della malattia, ma anche per la gestione delle problematiche ad essa correlate. Prima fra tutte, ad esempio, la fertilità. Per sensibilizzare la comunità scientifica su questo tumore, di cui si non si parla spesso, è in programma il prossimo 9 luglio, presso il Centro Congressi dell’Istituto Clinico Humanitas, il convegno ‘Il trattamento del paziente con tumore del testicolo‘ organizzato dal dott. Paolo Zucali, specialista dell’Unità Operativa di Oncologia Medica ed Ematologia diretta dal dott. Armando Santoro, e dal dott. Paolo Pedrazzoli. Fra i relatori di Humanitas al convegno, Luca Balzarini (Diagnostica per Immagini), Paola Magnoni (Ecografia), Luciano Negri (Medicina della Riproduzione), Massimo Roncalli (Anatomia Patologica), Marta Scorsetti (Radioterapia), Gianluigi Taverna (Urologia).
“Negli ultimi anni la prognosi di questi tumori è migliorata in modo sensibile, tanto che oggi le neoplasie del testicolo sono guaribili nella maggior parte dei casi, e non solo quando la diagnosi è precoce”. L’esempio più famoso è il ciclista statunitense Lance Armstrong, diventato un vero e proprio simbolo della lotta a questa malattia, che scoprì di avere in forma già avanzata, con metastasi, e sconfisse tornando in seguito alle gare e continuando a collezionare preziose vittorie.
“Non esiste una prevenzione specifica – spiega il dott. Paolo Zucali, capo sezione di Farmacologia Clinica – ma esistono alcuni sintomi che dovrebbero spingere ad un controllo: ad esempio cambiamento delle dimensioni e della forma del testicolo, dolore nella parte inferiore dell’addome, alterazioni del tessuto testicolare o comparsa di tumefazioni linfonodali addominali all’ecografia. Non esistono, invece, legami con l’impotenza”.
I fattori di rischio principali per questa malattia sono il criptorchidismo (o ‘testicolo ritenuto’, ossia quando i testicoli non scendono nello scroto) e la sindrome di Klinefelter, una malattia congenita diagnosticata solitamente dopo la pubertà, causata da un cromosoma X supplementare che provoca disfunzione dei testicoli. Altri fattori di rischio sono storia familiare o personale pregressa di tumore del testicolo e un’anomalia genetica del cromosoma 12.
L’efficacia della terapia farmacologica – cicli di chemioterapia per eliminare le cellule tumorali – è ormai provata: anche se si tratta spesso di terapie ‘pesanti’, debilitanti, il risultato finale è significativo e il paziente torna a condurre una vita assolutamente normale. “Fondamentale, però – spiegano gli specialisti – un approccio di cura multidisciplinare e una stretta collaborazione tra specialisti diversi: oncologo, endocrinologo, chirurgo, radioterapista, andrologo. Poiché il tumore del testicolo insorge per lo più in pazienti giovani, è fondamentale ad esempio preservare la fertilità prima di iniziare la chemioterapia. Per questo è importante rivolgersi a strutture adeguate, in grado di prendersi cura del paziente a 360°: non solo della malattia, ma anche delle problematiche ad essa correlate. E’ necessario che siano presenti tutte le competenze specialistiche necessarie, in modo che il paziente possa effettuare non solo chemioterapia e chemioterapia ad alte dosi (che richiede il trapianto di cellule staminali, procedura riservata ai casi più avanzati), ma anche eventualmente la radioterapia e la terapia chirurgica. In Humanitas il paziente può effettuare l’intero percorso di cura: la presenza di un centro di Medicina della Riproduzione consente inoltre di seguire tutte le problematiche riguardanti la salvaguardia della fertilità”.
Fondamentale, infine, il ruolo della ricerca. Gli studi in corso, infatti, mirano ad identificare fattori prognostici con l’obiettivo di personalizzare sempre di più le cure per questa malattia, in modo da poter mettere a punto farmaci più mirati ed efficaci.
A cura di Monica Florianello
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