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Tumore del polmone, il “big killer” da combattere su più fronti

Il tumore del polmone rimane un vero “big killer” e il modo migliore per affrontarlo è associare alla prevenzione terapie sempre più mirate e specifiche, sia chirurgiche che mediche. Non dimenticando i passi avanti della ricerca clinica.

“Nell’85 per cento dei casi la causa delle neoplasie polmonari (qui una dettagliata descrizione della malattia) è il fumo di sigaretta – spiega il dott. Marco Alloisio, responsabile di Chirurgia Toracica in Humanitas -, la migliore arma quindi è la prevenzione primaria: non fumare oppure smettere o comunque non fumare in presenza di non fumatori. Ci sono 35 mila nuovi casi l’anno di carcinoma del polmone e purtroppo la possibilità di influire in modo incisivo sulla sopravvivenza è ancora al di sotto di quello che auspicheremmo”.

Anche la prevenzione secondaria, cioè la diagnosi precoce, ha un ruolo importante. “In questo campo si stanno registrando delle novità – continua il dott. Alloisio -. È di questi giorni la notizia che uno studio americano del National Cancer Institute, ha avanzato l’ipotesi che la Tac spirale del torace, cui sono stati sottoposti fumatori ed ex fumatori, sembrerebbe influenzare la sopravvivenza in modo significativo. Si tratterebbe di un risultato fondamentale, non solo perché la Tac spirale è un esame veloce e sicuro, ma anche perché la diagnosi precoce associate a nuove terapie ci porterebbe a risultati fino ad ora mai ottenuti”. Nelle neoplasie polmonari la terapia principale rimane quella chirurgica, che, se associata a una diagnosi precoce, può infatti intervenire su noduli di dimensioni limitate, permettendo una guarigione nell’80 per cento dei casi allo stadio iniziale.

Spiega ancora lo specialista: “Un po’ come è avvenuto per il tumore della mammella, oggi siamo in grado di effettuare negli stadi iniziali interventi che non asportano tutto il polmone, ma solo una parte di esso. Gli interventi meno invasivi, come la lobectomia videotoracoscopica (tecnica chirurgica innovativa che permette tempi di recupero più brevi e minor dolore post-operatorio), sono possibili e sicuri in presenza di noduli al di sotto dei due centimetri e con linfonodi negativi. Se poi alla Tac si associano la Pet e la biopsia Tac guidata, si ottiene un’accuratezza diagnostica tale da poter intervenire in modo molto preciso”. Quando invece la terapia è applicata negli stadi avanzati, alla chirurgia si affiancano la chemioterapia, con farmaci sempre più mirati e meno tossici, e la radioterapia, che utilizza apparecchiature sempre più precise. “Resta indispensabile l’approccio multidisciplinare – conclude il dott. Alloisio -. Lavoriamo infatti in stretta collaborazione con gli oncologi medici, i radioterapisti, i medici nucleari, i patologi e i radiologi, per un percorso di diagnosi e cura pensato per ciascun paziente”.

“Negli ultimi anni la medicina oncologica ha fatto grandi passi avanti – aggiungono il dott. Luca Toschi e la dott.ssa Giovanna Finocchiaro, del dipartimento di Oncologia medica di Humanitas guidato dal dott. Armando Santoro -, consentendo di migliorare in modo significativo la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti affetti da tumore al polmone. Questi benefici sono il frutto di un globale sforzo di personalizzazione dei trattamenti oncologici in funzione delle caratteristiche biologiche del tumore. Oggi, infatti, siamo in grado di identificare sottogruppi di pazienti con maggiore possibilità di ottenere un beneficio da farmaci antitumorali, siano essi chemioterapici o nuovi farmaci biologici. Un esempio eccellente è rappresentato da gefitinib (Iressa®), recentemente approvato per quei pazienti il cui tumore presenta mutazioni del gene EGFR, all’incirca il 15 per cento dei casi. Circa due terzi dei pazienti con tali caratteristiche ottiene una netta riduzione della massa tumorale, a differenza di quanto accade con una chemioterapia convenzionale che è attiva in circa un terzo dei casi. Oggi la ricerca ha portato all’identificazione di nuovi bersagli molecolari – continuano i due specialisti – e sono molti i nuovi farmaci in via di sperimentazione, con risultati molto promettenti”.

Un aspetto di grande rilievo nella ricerca consiste nell’identificazione preventiva dei pazienti che avranno buone probabilità di ottenere un beneficio da un determinato farmaco o, al contrario, di coloro che sicuramente non trarranno alcun vantaggio dal trattamento. Nei laboratori di Humanitas e in collaborazione con altri centri italiani e statunitensi sono in corso alcuni studi con lo scopo di individuare i fattori biologici associati all’efficacia o alla resistenza di terapie a bersaglio molecolare al fine di promuoverne l’eventuale utilizzo nella pratica clinica.

A cura della Redazione

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