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Tumore del fegato, un biomarcatore per predire il beneficio terapeutico

Tumore del fegato, l’analisi dei biomarcatori di uno studio multicentrico di fase 2 randomizzato conferma il ruolo prognostico e predittivo di MET, bersaglio presente sulle cellule tumorali, aprendo così la strada a nuove prospettive nella cura dell’epatocarcinoma, il più diffuso tumore primitivo del fegato. I risultati dell’analisi, coordinata da Humanitas Cancer Center, sono stati presentati lo scorso 6 settembre a Parigi dalla dott.ssa Lorenza Rimassa, vice-responsabile di Oncologia Medica, durante la nona conferenza annuale dell’International Liver Cancer Association (ILCA).

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La dottoressa Rimassa alla conferenza annuale ILCA.

Come si è svolto lo studio?

Lo studio clinico, completato alla fine del 2011 e pubblicato su Lancet Oncology nel novembre del 2012, aveva arruolato 107 pazienti con epatocarcinoma avanzato, precedentemente trattati con sorafenib, che avevano sviluppato resistenza o intolleranza alla prima linea terapeutica. Le analisi dei biomarcatori, oggetto dell’attuale presentazione, sono state condotte sul tessuto tumorale (MET, recettore cellulare) e sul sangue (MET circolante, HGF, fattore di crescita degli epatociti, e AFP, alfa-fetoproteina).

Quali sono i risultati dello studio?

Lo studio di fase II randomizzato è stato condotto in 23 strutture di 5 Paesi tra Europa e Nord America e ha documentato l’efficacia di tivantinib – molecola “intelligente” in grado di colpire MET, uno specifico bersaglio sulle cellule tumorali – nel trattamento di pazienti con epatocarcinoma in stadio avanzato. Lo studio prevedeva inoltre l’analisi del ruolo prognostico e predittivo di biomarcatori tumorali e plasmatici; ruolo legato, cioè, alla possibilità di predire l’evoluzione della malattia e la risposta terapeutica del paziente al farmaco. Tale analisi ha dimostrato il ruolo prognostico e predittivo di MET tumorale: i pazienti che presentano una più alta espressione di MET hanno una prognosi peggiore, ma traggono beneficio dal trattamento con tivantinib, beneficio che invece è assente per i pazienti con bassa espressione di MET. Lo studio ha inoltre evidenziato il ruolo prognostico dei biomarcatori plasmatici analizzati. Pazienti con valori più elevati di MET circolante, HGF e AFP, infatti, sono pazienti in cui la malattia ha un decorso più rapido. “I risultati ottenuti con questo studio sono molto interessanti e aprono la strada ad una migliore conoscenza dell’epatocarcinoma e a nuove prospettive terapeutiche”, è il commento della dott.ssa Rimassa.

Tivantinib, quali prospettive terapeutiche?

“Tivantinib è un inibitore di MET. – spiega la dott.ssa Rimassa – È un farmaco per il quale è stato evidenziata un’efficacia terapeutica in studi clinici in diverse patologie tumorali con elevata espressione di MET, quali l’epatocarcinoma, il tumore del colon, del polmone e della prostata. Sulla base dei dati dello studio di fase II, è in corso uno studio clinico di fase IIII, che prevede il coinvolgimento di circa 300 pazienti con epatocarcinoma con elevata espressione di MET, che dovrebbe concludersi entro la fine dell’anno e che dovrà confermare i risultati ottenuti”.

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