Spesso le donne, abituate a occuparsi di tutto e di tutti, in prima persona, davanti alla scoperta di avere un tumore al seno pensano di dover affrontare la situazione da sole, come se fosse sbagliato o non necessario permettersi di chiedere aiuto agli altri.
Chiedere aiuto non è sbagliato e non è un segno di inadeguatezza, anzi: è piuttosto un segno di forza e consapevolezza.
Ne parliamo con il dottor Michele Cucchi, psichiatra e direttore delle Aree Mediche di Humanitas Medical Care e Humanitas PsicoCare.
Non è uno scatto ma una maratona
Un tumore al seno è un drammatico evento di vita, ma può diventare anche un’opportunità di crescita per conoscersi meglio e per trovare un nuovo equilibrio con se stesse.
Chiedere aiuto non rende deboli
Si tratta di un momento in cui ci vuole un grande coraggio per affrontare la paura guardandola in faccia. Avere paura è normale e non bisogna assolutamente sentirsi in difetto per l’emozione che si sta provando. Non bisogna avere paura di avere paura.
Concedersi di poterne parlare
Chi scopre di avere un tumore al seno deve sapere di poterne parlare, sia con le persone care intorno, sia con degli esperti della salute.
Rivolgersi allo psicologo può essere prezioso in caso di bisogno: sarà il professionista, poi, a indicare il percorso più adeguato, caso per caso.
Prendersi il tempo per se stesse
Prendersi del tempo per sé è importante, ponendosi al centro dei propri pensieri.
Concedersi la possibilità di stare male
Stare male durante un’esperienza di questo tipo è normale e non ha nulla di sbagliato.
L’importanza della consapevolezza
“Una delle chiavi di volta nella gestione delle patologie emozionali è la consapevolezza: attraverso la consapevolezza delle proprie emozioni, che si acquisisce in un percorso di cura, psicoterapico, ma anche solo farmacologico, si riesce a trovare un modo per vincere la parte tossica del sistema emotivo che può prendere il sopravvento sulla vita mentale e interiore. Sviluppare la consapevolezza è uno dei segreti delle terapie di successo. La consapevolezza di se stessi e del proprio mondo, che si acquisisce quando ci si sente costretti a confrontarsi con una malattia delle emozioni, come ansia o depressione, però, ci cambia per sempre e cambia il modo con cui si vedono le cose, come se fornisse una nuova lente attraverso cui vivere le esperienze della vita.
Questa consapevolezza, che molti pazienti acquisiscono con la malattia, consente talvolta di vivere una vita più piena, proprio perché attraverso quella lente, ne hanno una percezione più tonda, riflessiva, ne traggono piacere non solo vivendola ma avendone coscienza. Questo è drammaticamente vero anche nelle persone colpite da un tumore: ansia, paura, rabbia, sconforto, vergogna si affacciano e aggiungono un carico pesante alla già difficile condizione fisica. L’obiettivo del sostegno psicologico è anche aiutare i pazienti ad affrontare la malattia trovando forza nelle emozioni e non venendone travolti”, sottolinea il dottor Cucchi.
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