Eseguire interventi chirurgici più mirati sul fegato, anche in punti nevralgici, e senza timore di recidive: oggi è possibile grazie all’ecografia. Lo ha dimostrato per la prima volta lo studio di un chirurgo e ricercatore italiano, il dott. Guido Torzilli, capo sezione di Chirurgia Epatica dell’Unità Operativa di Chirurgia Generale III di Humanitas diretta dal prof. Marco Montorsi. Il lavoro, che sulla base dei riscontri ecografici stabilisce nuovi criteri di definizione della strategia chirurgica, è stato pubblicato sul Journal of the American College of Surgery nel mese di ottobre e premiato come miglior comunicazione al Congresso della European Hepato-Bilio-Pancreatic Association (EHPBA) svoltosi a fine maggio ad Heidelberg in Germania. Inoltre, lo stesso lavoro è stato selezionato per essere inserito nel programma di aggiornamento ECM del 2005 per i chirurghi americani membri dell’American College of Surgeons, la Società Americana di Chirurgia. Questa tecnica, dimostrata “live” dal dott. Torzilli a Praga nel corso del congresso della International Association Surgeons and Gastroenterologists dello scorso settembre, verrà presentata come Lettura nel corso del 106° congresso della Società Giapponese di Chirurgia che si terrà a Tokyo nel marzo 2006.
Dott. Torzilli, normalmente qual è la strategia chirurgica delle resezioni del fegato?
“Nelle resezioni epatiche per tumore, generalmente, allo scopo di evitare l’insorgenza di recidive locali si rispetta un margine di sicurezza, ossia si asporta anche il tessuto sano immediatamente intorno alla lesione. Per l’epatocarcinoma non è mai stata stabilita scientificamente l’ampiezza di questo margine, convenzionalmente pari ad un centimetro nel caso di metastasi al fegato. Ciò finora ha fatto sì che in situazioni complesse, ad esempio in presenza di un vaso sanguigno a meno di un centimetro dal tumore, spesso il chirurgo ampliasse la resezione comprendendo il vaso, e dovendo di conseguenza asportare anche la parte di fegato che riceve il sangue da tale vena. E’ questa spesso la ragione alla base di un numero elevato di epatectomie estese, alle quali purtroppo si associano una maggiore mortalità e morbilità, soprattutto per i pazienti cirrotici”.
Il suo studio ha dimostrato che, grazie alla guida ecografica, è possibile modificare l’atteggiamento chirurgico, eseguendo interventi più mirati e contenuti ma ugualmente radicali.
“L’ecografia permette di vedere esattamente i contorni della lesione tumorale e di studiare così bene il rapporto vaso/neoplasia da poter stabilire – in presenza di un tumore con determinate caratteristiche morfologiche – se sia o meno possibile risparmiare il vaso sanguigno. L’ecoguida permette dunque di eseguire resezioni estremamente precise, lasciando solo un minimo margine di sicurezza nelle metastasi ed incidendo a filo del tumore negli epatocarcinomi primitivi. In questo modo, diminuisce il tasso di resezioni maggiori del fegato (che dal 30-50% scende al 7%) ma non la radicalità degli interventi. Su 150 casi operati fino ad oggi in Humanitas in questo modo non si è infatti verificata alcuna ripresa locale di malattia”.
Qual è l’incidenza di epatocarcinoma e metastasi al fegato?
“L’epatocarcinoma e le metastasi al fegato da cancro del colon-retto sono rispettivamente il tumore primitivo e quello secondario più frequente dell’area gastro-intestinale, e la loro incidenza è particolarmente elevata.
Le metastasi al fegato vengono sviluppate dal 20-40% dei pazienti affetti da cancro del colon-retto. L’epatocarcinoma invece, in Italia – il paese europeo con la maggiore incidenza – colpisce 5-20 persone su 10 mila abitanti. Si presenta quasi sempre associato alla cirrosi post-epatitica, di cui è la principale conseguenza. Questa malattia, caratterizzata da un grave sovvertimento dell’architettura dell’organo, ne causa il malfunzionamento: il fegato cirrotico è quindi più vulnerabile e per questo ogni intervento su di esso deve essere il meno invasivo possibile”.
Come si cura il tumore del fegato?
“Per l’epatocarcinoma esistono due principali trattamenti: la rimozione chirurgica (epatectomia) e la ‘bruciatura’ (radiofrequenza). Entrambe le metodiche, tuttavia, non sono prive di rischi. La resezione epatica infatti, se estesa, comporta non trascurabili rischi di mortalità e morbilità per il paziente. La radiofrequenza, invece, tecnica che consiste nell’inserzione ecoguidata attraverso la cute di aghi dotati di estremità in grado di bruciare il tessuto con il quale vengono a contatto, comporta un duplice rischio: lo sviluppo di recidiva locale, legata alla non rara incompletezza della ‘bruciatura’ (10-50% dei casi), o danni a vasi o dotti biliari che possono comportare complicanze anche severe per il paziente”.
Qual è l’approccio della Chirurgia Generale III di Humanitas a questa patologia?
“L’Unità Operativa di Chirurgia Generale III effettua routinariamente interventi di chirurgia epatica con risultati, in termini di tollerabilità ed efficacia terapeutica, in linea con le migliori serie internazionali. In nessuno dei casi operati con l’approccio ecoguidato si è assistito allo ricrescita del tumore nella sede della resezione: segno, questo, di una radicalità oncologica ottimale. Un risultato ancora più significativo considerando che la maggior parte dei pazienti trattati (60%) sono affetti da epatocarcinoma su fegato cirrotico, dunque più a rischio di complicanze post-operatorie dei soggetti con metastasi epatiche (che si associano ad un fegato sano o con steatosi, accumulo intracellulare di grasso), che rappresentano la patologia prevalente nella maggior parte delle serie chirurgiche europee e nord-americane”.
E’ importante un approccio multidisciplinare all malattia?
“E’ fondamentale. Se l’estensivo uso dell’ecografia intraoperatoria ci ha condotto a non ricorrere quasi mai a tecniche di trattamento alternativo quali la termoablazione intraoperatoria, è invece stretto il rapporto con epatologi, radiologi ed oncologi, rispettivamente per il supporto medico del paziente cirrotico prima e dopo l’intervento, per la terapia intra-arteriosa del paziente con epatocarcinoma non resecabile od in attesa di essere operato, e per il trattamento chemioterapico delle metastasi. L’approccio multidisciplinare è la chiave per ottimizzare la strategia terapeutica dei pazienti portatori di tumori primitivi o secondari del fegato”.
Di Monica Florianello
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