La dottoressa Lorenza Rimassa, Vice Responsabile di Oncologia Medica di Humanitas, è stata relatrice al prestigioso Gastrointestinal Cancers Symposium targato ASCO tenutosi dal 21 al 23 gennaio a San Francisco. Durante il congresso sono stati presentati i risultati di un’analisi di biomarcatori circolanti e tumorali di due studi multicentrici internazionali di fase II e III, coordinati da Humanitas Cancer Center, che aprono la strada a nuove prospettive di cura per l’epatocarcinoma, il più diffuso tumore primitivo del fegato.
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Quali sono i risultati dell’analisi presentata?
Lo studio, di fase III, ha comportato l’arruolamento di circa 300 pazienti con epatocarcinoma in stadio avanzato e che avevano sviluppato resistenza o intolleranza alla prima linea terapeutica con sorafenib (farmaco di riferimento per la cura di questo tumore). Lo studio di fase II aveva già evidenziato l’efficacia di tivantinib come trattamento di seconda linea. “Tivantinib – spiega la dott.ssa Rimassa – è una molecola intelligente capace di colpire MET, bersaglio presente sulle cellule tumorali, di cui è stato dimostrato il ruolo prognostico e predittivo”. “MET, infatti – continua la dottoressa – è in grado di predire l’evoluzione della malattia e la risposta del paziente al farmaco”. Lo studio di fase III potrà dirsi concluso solo alla fine del 2016, ma i dati delle analisi condotte sui biomarcatori, presentati durante il congresso di San Francisco, sono molto incoraggianti. “Sono stati analizzati oltre 1000 campioni di tessuto, un numero molto ampio per uno studio condotto su pazienti con epatocarcinoma in stadio avanzato – spiega la dottoressa. – Una più alta espressione di MET (73%) è stata osservata nei campioni analizzati successivamente al trattamento di prima linea con sorafenib, mentre una più bassa espressione di MET (39%) è stata osservata in campioni analizzati precedentemente al trattamento di prima linea”. Un’ulteriore analisi condotta su questi ultimi evidenzia che MET diventa iper-espresso nel 70% dei casi dopo trattamento con sorafenib. “Sono dati innovativi e estremamente interessanti – è il commento della dott.ssa Rimassa – che confermano come tivantinib abbia tutti i presupposti per divenire un trattamento di riferimento per la cura dell’epatocarcinoma”.
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