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Soffio al cuore: che cos’è e quali sono i sintomi?

Sarà capitato a molti di avere a che fare con il “soffio al cuore”, e spesso questa espressione è accompagnata da un tono rassicurante da parte del medico che l’ha sentito.

Con soffio cardiaco, infatti, intendiamo generalmente un rumore anomalo prodotto dal passaggio del sangue attraverso le valvole cardiache, all’interno delle cavità cardiache o nelle strutture vascolari maggiori poste in prossimità del cuore stesso.

Ma quando il soffio al cuore richiede una maggiore attenzione?

Ne parliamo con la dottoressa Veronica Fusi, cardiologa in Humanitas.  

Soffio al cuore: innocente o organico?

Se è vero che il soffio al cuore non è sinonimo di malattia, ciò non significa che tutti i soffi cardiaci siano uguali: in alcuni casi al soffio cardiaco non corrisponde alcuna patologia obiettivabile (soffio “innocente”), mentre in altre situazioni potrebbe indicare la presenza di patologie cardiache che devono essere opportunamente trattate o seguite nel tempo (soffio organico).

Il soffio al cuore “innocente”, altresì detto benigno o funzionale, è causato da un’elevata velocità del transito del sangue attraverso le strutture cardiache, scatenato banalmente da un aumento del metabolismo basale o da un incremento della gittata cardiaca. Questo tipo di soffio non è associato ad anomalie cardiache e si può verificare in alcune condizioni:

  • in presenza di anemia, febbre o stress eccessivo;
  • in gravidanza;
  • in caso di eccessivo funzionamento della tiroide (ipertiroidismo);
  • nei soggetti sportivi sani;
  • nei soggetti magri.

Questo tipo di soffio di solito non è associato a particolari sintomi cardiologici,  non pone limiti all’attività fisica o sportiva agonistica e non è necessario prendere particolari precauzioni, a meno che la condizione parafisiologica o patologica a esso associata non crei una transitoria e/o eccessiva tachicardia o debolezza (astenia), che si risolvono con il cessare della situazione che le ha determinate.

Diverso è il caso del soffio organico.

Il soffio al cuore organico, o patologico, è causato da patologie congenite (presenti già alla nascita) o  acquisite (compaiono con l’età), che modificano la struttura del cuore o di sue parti, come:

  • le valvole cardiache, con malfunzionamento dei lembi valvolari per ridotto passaggio di sangue attraverso la valvola “ristretta” (stenosi valvolare) o per una sua non perfetta chiusura con reflusso di sangue all’indietro (insufficienza o rigurgito valvolare): le cause possono essere malformazioni valvolari congenite,  lassità o prolassi dei lembi valvolari congeniti o acquisiti che determinano insufficienza valvolare, alterazioni degenerative senili o post-infettive come avviene nell’endocardite o con la febbre reumatica, oppure correlate a patologie autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico (LES) o l’artrite reumatoide, lunghi trattamenti di radioterapia;
  • il muscolo cardiaco (esiti post-infartuali o post-infiammatori/post-infilitrativi);
  • i setti che dividono le cavità destre da quelle sinistre del cuore (difetti interatriali o interventricolari, pervietà del forame ovale) congeniti;
  • i grossi vasi del cuore (pervietà del dotto di Botallo), congeniti.

Anche alcune malattie presenti durante la gravidanza (come il diabete non controllato), infezioni virali o batteriche contratte soprattutto durante il primo trimestre (specialmente rosolia, citomegalovirus, cocksackie) o l’utilizzo di alcuni farmaci (antidepressivi come la carbamazepina o il litio, oppure antiepilettici come l’acido valproico e altre categorie di farmaci), di droghe e anche di un eccesso di alcol assunti durante la gestazione possono determinare malformazioni cardiache fetali più o meno gravi e/o valvulopatie.

Il soffio anomalo è di intensità generalmente maggiore rispetto al soffio innocente e presenta delle caratteristiche tali da renderne più facile il riconoscimento da parte del medico.

Tale soffio organico è inoltre più frequentemente nel tempo accompagnato da una serie di sintomi che diventano più o meno manifesti soprattutto in base alla gravità della patologia che lo  causa o alla velocità con la quale essa evolve.

Possono comparire:

  • mancanza di fiato (dispnea);
  • gonfiori agli arti inferiori (edemi declivi) e aumento improvviso del peso
  • fegato ingrossato
  • turgore delle vene del collo
  • tosse cronica
  • palpitazioni
  • dolore toracico da sforzo
  • vertigini o svenimenti
  • colore bluastro (cianosi) della cute, soprattutto a livello delle dita e delle labbra
  • scarso appetito, disturbi di crescita, eccessiva magrezza (nei neonati o bambini piccoli).

Soffio al cuore: gli esami per la diagnosi 

Il soffio cardiaco viene scoperto durante l’auscultazione dell’attività cardiaca tramite l’utilizzo dello stetoscopio appoggiato sul torace nel corso di una visita medica.

Il cardiologo valuta l’intensità del soffio, la sua localizzazione rispetto alle valvole cardiache (ogni valvola viene meglio “auscultata” in alcune posizioni specifiche del torace), il momento della sua comparsa nel ciclo cardiaco e la sua durata, oppure la presenza di eventuali fattori come la respirazione o la posizione del paziente che ne possono modificare le caratteristiche.  

Anche eventuali patologie sistemiche croniche (lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, ipertensione non trattata) o disturbi cardiaci familiari devono essere indagati per ipotizzare una causa di un soffio patologico (come per esempio nella bicuspidia aortica, tipicamente a trasmissione familiare).

In caso di soffi anomali o persistenti, o anche in caso di dubbio o motivazioni legate a idoneità sportive e lavorative (brevetti di pilota o di subacqueo), il medico dovrebbe richiedere un ecocardiogramma color doppler per definirne la causa, consentire la diagnosi e stabilirne il successivo  follow-up clinico-strumentale e terapeutico, nel caso venisse poi riscontrato un soffio patologico.

In base all’esito dell’ecocardiogramma color doppler, potrebbero essere prescritti ulteriori esami strumentali come :

Il trattamento del soffio al cuore

Quando il soffio è “innocente” non sarà necessario ricorrere né a ulteriori indagini strumentali né a particolari trattamenti mirati al sistema cardiovascolare, essendo il cuore sano, ma se fosse associato a una malattia extracardiaca, come l’ipertiroidismo o l’anemia, scomparirà curando la patologia sottostante.

Comunemente, le malattie delle valvole cardiache in fase iniziale e per molti anni non richiedono alcuna terapia farmacologica: anche nel caso di soffio organico lieve, il cardiologo infatti può raccomandare solo controlli ecocardiografici regolari per monitorare la situazione e valutare se e quando instaurare nel tempo una terapia farmacologica.

In base alla situazione cardiaca, all’entità e al tipo di valvulopatia potrà essere indicato:

  • una terapia antibiotica profilattica (nel vero prolasso mitralico, negli esiti di chiusure di difetti interatriale e del forame ovale pervio, oppure se già portatori di protesi valvolari) in caso di interventi chirurgici, biopsie o cure dentarie complesse per ridurre che il rischio di infezioni possa raggiungere il cuore e le valvole (endocardite batterica);
  • un trattamento con farmaci (vasodilatatori, diuretici, betabloccanti, antiaritimici o anticoagulanti) quando il malfunzionamento delle valvole può cominciare a compromettere la corretta capacità di funzionamento del cuore o necessita di trattamenti specifici.
  • il ricorso alla riparazione o sostituzione di una valvola malata, che deve avvenire quando si verifica un aggravamento della valvulopatia prima che possa causare un irreversibile scompenso cardiaco o situazioni cliniche di grave disagio o pericolo per il paziente. Sono possibili due approcci, uno percutaneo meno invasivo e l’altro chirurgico, tradizionale ma più impegnativo.

L’intervento percutaneo mininvasivo viene effettuato mediante inserzione di cateteri nei vasi sanguigni per raggiungere la valvola da riparare (valvuloplastica transluminale percutanea con catetere a palloncino ) o da sostituire (come l’impianto di valvola aortica via transcatetere, la cosiddetta TAVI ) in caso di stenosi valvolari importanti, oppure tramite il fissaggio di dispositivi particolari in grado di ridurre la gravità della insufficienza valvolare (come il posizionamento di un anello intorno alla valvola mitrale o tricuspidale oppure l’impianto di  Mitraclip sotto ai lembi mitralici).

Il trattamento chirurgico vero e proprio può riparare la valvola tramite correzione dell’apparato valvolare difettoso (lembi, anello, corde, muscoli papillari) o sostituire la valvola malata con una protesi valvolare biologica o meccanica. La scelta del tipo di protesi dipende da tanti fattori, come la valvola da sostituire, l’età del paziente, il grado di attività fisica e di capacità funzionale, le scelte di vita della persona (eventuale gravidanza, consapevolezza di una terapia anticoagulante a vita nel caso di protesi meccaniche, minor durata delle valvole biologiche).

Quando è possibile si preferisce riparare una valvola anziché sostituirla, perché la plastica valvolare è associata a un miglior mantenimento della funzione cardiaca, una miglior sopravvivenza e un minor rischio di endocardite, inoltre spesso non vi è necessità di trattamento anticoagulante.

Anche il trattamento di fattori di rischio cardiovascolari come l’ipertensione, l’ipercolesterolemia, il diabete o il fumo sono sicuramente da tenere in considerazione, potendo contribuire in molti casi ad aggravare il livello di valvulopatia o cardiopatia sottostante, e comunque aumentando il rischio cardiovascolare generale del paziente.

Soffio al cuore: si può fare sport?

Un soffio al cuore innocente non comporta limitazioni nell’attività fisica o sportiva, proprio perché non è correlato ad alcuna patologia strutturale cardiaca o valvolare.

La prescrizione di esercizio fisico nel caso invece di un soffio organico da cardiopatia valvolare dipende dalla valvola coinvolta, dalla presenza e dalla gravità della stenosi o dell’insufficienza, dall’eventuale presenza di disfunzione ventricolare sinistra e/o di patologia coronarica concomitante.

Sono necessari pertanto accertamenti quali l’ECG, l’ecocardiogramma color doppler e il test da sforzo o il test cardiopolmonare o l’ecostress per poter effettuare una corretta valutazione della capacità funzionale del paziente.

In genere si consiglia a chi è portatore di un soffio patologico di ridurre l’intensità dell’attività fisica a lieve o moderata.

Gli sforzi fisici intensi, improvvisi, isometrici e gli sport competitivi sono in genere sconsigliati quando le valvulopatie diventano moderate, anche in assenza di sintomi importanti.

Nei pazienti con valvulopatie moderate-severe o severe è consigliabile comunque raccomandare, con le dovute eccezioni, una modesta attività fisica di tipo aerobico, camminate o blandi esercizi di ginnastica, seguendo sempre il consiglio del medico.

I pazienti operati di valvulopatia devono essere sottoposti ad un programma di attività fisica adattata volto ad ottenere un miglioramento graduale e progressivo della capacità funzionale e della qualità di vita.

Gli esercizi di tipo aerobico rafforzano il muscolo cardiaco e lo rendono più efficiente. L’attività aerobica non deve essere estenuante: 30 minuti al giorno di esercizio moderato dà una serie di benefici, senza particolari rischi per la nostra salute.

L’attività fisica va quindi sempre mantenuta, ma l’intensità dipende dal cuore.

Specialista in Cardiologia

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