Un tumore raro localmente avanzato che infiltra le vertebre e l’aorta, tre équipe chirurgiche coinvolte per una chirurgia combinata in più fasi, esito favorevole senza recidiva locali a medio termine: sono le caratteristiche di un intervento condotto in Humanitas che ha visto il coinvolgimento di diverse chirurgie specialistiche.
Il caso è stato pubblicato su Frontiers in Surgery: Multi-Step Combined Upfront Surgery for Locally Advanced Paravertebral Sarcoma: A Case Report.
Ne parliamo con il dottor Umberto Cariboni, chirurgo e Capo sezione malattie oncologiche avanzate del torace, e con la dottoressa Alexia Francesca Bertuzzi, Capo sezione sarcomi e patologie tumorali del giovane adulto.
Il tumore e la complessità dell’intervento
L’intervento è stato condotto su un paziente con un sarcoma pleomorfo primario indifferenziato (UPS) localizzato a livello paravertebrale e con coinvolgimento osseo e vascolare: una situazione rara, delicata e complessa.
“La complessità è data dal tipo di tumore, che infiltrava le vertebre e l’aorta, e dalla necessità di approcciarlo in maniera non codificata – spiega il dottor Umberto Cariboni. L’intervento ha visto la presenza di tre équipe chirurgiche (la Chirurgia toracica, la Neurochirurgia e la Chirurgia vascolare) ed è stato condotto in due momenti, a 13 giorni di distanza l’uno dall’altro, per consentire al paziente di riprendersi dal primo step e affrontare meglio il secondo.
La complessità è stata anche organizzativa e ha richiesto una grande coordinazione tra le diverse figure coinvolte, per decidere come procedere, in quali passaggi e in che ordine. Non è facile mettere insieme figure specializzate chiamate a parlare una stessa lingua di fronte a un intervento da pianificare e affrontare congiuntamente, ma in Humanitas abbiamo tutte le competenze necessarie e siamo abituati e confrontarci tra noi, creando sinergia tra le diverse specialità e imparando continuamente gli uni dagli altri.
La chirurgia multi-step e multi-specialità si è rivelata una strategia fattibile ed efficace per trattare il sarcoma pleomorfo primario indifferenziato in una localizzazione sfavorevole, ma è necessaria una cooperazione multidisciplinare per definire una strategia di trattamento ottimale e personalizzato”.
L’approccio multidisciplinare
“Contaminazione e sinergia di intenti e capacità sono peculiarità fondamentali nell’ambito della Chirurgia avanzata, capaci di rendere una struttura un Centro di eccellenza e riferimento.
In Humanitas siamo in grado di affrontare tanti tipi di tumore e condurre diversi tipi di intervento grazie alla collaborazione tra équipe fortemente specializzate. Ogni paziente viene visto dagli oncologi e laddove vi sia indicazione alla chirurgia, come chirurghi ci attiviamo e studiamo il caso per capire se e come intervenire, lavorando insieme a beneficio di ogni singolo paziente.
La nostra storia inizia da lontano, con il professor Gianni Ravasi e il professor Leandro Gennari, maestri della Chirurgia avanzata prima all’Istituto dei Tumori e poi qui in Humanitas, fin dalla sua nascita. Con il professor Marco Alloisio e il professor Vittorio Quagliuolo, Humanitas ha portato avanti questa tradizione e questa expertise e se oggi riusciamo a fare interventi che anni fa non erano possibili è certamente grazie a nuovi materiali, tecniche e conoscenze, ma anche grazie alle intuizioni e all’approccio dei nostri maestri”, prosegue il dottor Cariboni.
I sarcomi: tumori rari e di difficile diagnosi
Come ci spiega la dottoressa Alexia Bertuzzi: “I sarcomi sono tumori che interessano i tessuti connettivi, come i muscoli e le cartilagini, ma anche i vasi sanguigni, i nervi, il tessuto sottocutaneo e il tessuto osseo. Sono considerati tumori rari (meno dell’1% delle neoplasie maligne negli adulti) e ne esistono circa 80 sottotipi, ciascuno con differenti caratteristiche biologiche e comportamento clinico.
In quanto patologie rare, il percorso diagnostico è complesso dalla diagnosi istologica all’impostazione di un corretto iter terapeutico. Se il paziente sviluppa una sintomatologia specifica, legata per esempio alla compressione di un organo, o una tumefazione visibile, le metodologie diagnostiche primarie per valutare la presenza di sarcoma e effettuarne la stadiazione sono la risonanza magnetica con mezzo di contrasto e la TAC, a cui segue la biopsia”.
Humanitas è Centro di riferimento per i sarcomi
“Humanitas è uno tra i pochissimi Centri in Italia a occuparsi in maniera completa di questo gruppo di patologie: i sarcomi sono tumori rari, complessi ed eterogenei ed è fondamentale che vengano trattati in Centri specialistici – sottolinea la dottoressa Bertuzzi.
Le possibilità di trattamento sono strettamente correlate allo stadio in cui viene diagnosticato il tumore e alla sede in cui si trova. Il trattamento con un maggior indice di successo è quello chirurgico, che prevede la rimozione totale del tumore. A questa, abitualmente, si associano chemioterapia e radioterapia. La chemioterapia viene effettuata in fase pre-operatoria, quando il sarcoma presenta una massa tumorale particolarmente ampia che deve essere ridotta ai fini di una buona riuscita del trattamento chirurgico. La radioterapia, invece, si effettua in fase post-operatoria, nella zona interessata dall’intervento”.
Humanitas e il progetto AYA, per i pazienti oncologici dai 16 ai 39 anni
I sarcomi colpiscono spesso ragazzi e giovani adulti e una diagnosi di questo tipo e il percorso di cura che ne segue implicano fatiche, paure e difficoltà in una fase della vita che solitamente si apre al futuro con prospettive differenti.
Proprio per prendersi cura dei bisogni così specifici di tutti i pazienti oncologici in questa fascia di età, in Humanitas è attivo il progetto AYA (Adolescents & Young Adults Group): un percorso clinico e psicosociale dedicato ai pazienti oncologici tra i 16 e i 39 anni, di cui la dottoressa Bertuzzi è referente.
“Nell’oncoematologia nell’adolescente e nel giovane adulto ci troviamo di fronte a un grande gap medico legato a una mancanza di miglioramento nella sopravvivenza (sebbene il livello di sopravvivenza sia comunque alto) rispetto a quanto osservato nel mondo dell’adulto e nel mondo pediatrico.
Abbiamo poi un gap epidemiologico, perché si tratta di malattie rare, e un gap psicosociale: i pazienti AYA sono nella terra di nessuno, non sono di competenza pediatrica, ma nemmeno dell’oncologo dell’adulto. I giovani, inoltre, si sentono invincibili e non pensano di potersi ammalare; trovarsi di fronte a una diagnosi oncologica distrugge diversi aspetti dell’immagine di sé, dei sentimenti, di una vita che si sta costruendo, con profonde ricadute sulla sicurezza in se stessi.
La sfida di AYA è quella della creazione di un nuovo modello di cura, in cui il medico deve interfacciarsi non solo con il paziente ma anche con il mondo che lo circonda (partner, genitori, scuola, università, amici). Grande attenzione è dedicata agli effetti collaterali a breve e lungo termine; una volta curato il tumore, infatti, cerchiamo di ridurre le conseguenze dei trattamenti: secondi tumori, problemi metabolici, cardiopolmonari, di fertilità e problemi comportamentali.
AYA è un esempio forte di medicina personalizzata, lavoro di gruppo e di collaborazione con il paziente, protagonista in prima persona del proprio percorso di cura”, conclude la dottoressa Bertuzzi.
Visite ed esami
-
2.3 milioni visite
-
+56.000 pazienti PS
-
+3.000 dipendenti
-
45.000 pazienti ricoverati
-
800 medici