Sono circa 1,4 milioni i nuovi pazienti con tumore del colon-retto nel mondo. In Italia, ogni anno, si contano tra i 15.000 e i 20.000 nuovi casi, di cui il 60-80% sviluppa metastasi epatiche nel corso della malattia. Purtroppo siamo di fronte a una malattia con una forte eterogeneità sia nelle manifestazioni cliniche sia nella risposta alle terapie. A oggi, non ci sono parametri clinici che permettano di predire la risposta alla terapia e non sempre la chirurgia è il percorso ideale per ogni paziente.
Il Journal of Experimental Medicine ha pubblicato i risultati di una ricerca di Humanitas focalizzata su metastasi, portata avanti con il supporto di AIRC all’interno del programma 5×1000, il cui obiettivo era identificare un marker immunitario capace di guidare l’attività dei chirurghi nell’individuare il percorso migliore per ogni paziente, nell’ottica di una medicina sempre più personalizzata e di precisione.
Nell’ambito di questa patologia è importante capire la risposta di ogni paziente all’intervento chirurgico per la rimozione delle metastasi, se potranno esserci ricadute e se per lui è bene proseguire con altre terapie.
Lo studio di Humanitas
Lo studio Macrophage morphology corelates with single-cell diversity and prognosis in colorectal liber metastasis è un chiaro esempio di ricerca traslazionale secondo il noto motto “dal letto del paziente al bancone del laboratorio per tornare al paziente”.
“Il lavoro in laboratorio si è concentrato sui tessuti di 101 pazienti operati per metastasi epatiche da tumore del colon-retto per osservare i macrofagi, cellule del sistema immunitario attive contro i patogeni e le cellule tumorali, per valutare i cambiamenti della loro forma e dimensione” ha spiegato la dottoressa Federica Marchesi, ricercatrice di Humanitas.
“Abbiamo condotto la prima analisi di macrofagi presenti in metastasi di tumori a livello di singola cellula, esaminandone la forma grazie a tecniche di Imaging e Intelligenza Artificiale. Proprio i cambiamenti di forma sono risultati associati a una migliore o peggiore risposta del paziente all’intervento chirurgico e ci possono aiutare in futuro a valutare la ricaduta della malattia, indirizzando quindi il follow-up dei pazienti”, ha concluso la dottoressa.
I prossimi passi dello studio saranno approfondire i meccanismi biologici che regolano l’attività di queste cellule e validare l’applicabilità di questo marcatore immunitario su più ampia scala.
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