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Radioterapia: in pazienti con poche metastasi una terapia che allunga la vita

Secondo alcuni recenti studi la radioterapia, uno dei più antichi trattamenti utilizzati per sconfiggere il cancro, può avere effetti positivi e alimentare le speranze di vita in pazienti ‘oligometastatici’, ovvero coloro che sviluppano poche metastasi.

Ne ha parlato in un’intervista la professoressa Marta Scorsetti, Responsabile dell’Unità di Radioterapia e Radiochirurgia in Humanitas: “I risultati di queste ricerche dimostrano chiaramente che una dose radicale di radioterapia ottiene un duplice risultato: allunga la sopravvivenza dei malati e allevia i sintomi, migliorando la loro qualità di vita. Con pochissimi effetti collaterali, per lo più transitori, e un basso costo per il sistema sanitario”.

I pazienti oligomestastatici

“Gli ‘oligometastatici’ – ha spiega la prof. Scorsetti – sono quei pazienti che, pur avendo una malattia già estesa in più sedi nell’organismo, presentano tuttavia un numero limitato di lesioni metastatiche: fino a 3-5 metastasi in uno o più organi”, ha spiegato Scorsetti. “Oggi questi malati vengono per lo più mandati dall’oncologo medico che sceglie la terapia farmacologica più indicata nel singolo caso, a seconda delle molte variabili da prendere in considerazione, fra cui il tipo di tumore, la sua estensione, i trattamenti precedentemente effettuati e la risposta che si è riusciti a ottenere”.

“La radioterapia viene considerata generalmente una risorsa utile soprattutto per alleviare il dolore – ha concluso Scorsetti -. E con questo scopo palliativo viene prescritta a basse dosi e diretta contro le sedi dello scheletro osseo colpite da metastasi, che possono causare grande sofferenza”. 

Due studi a conferma dell’efficacia della radioterapia

Sono due, in particolare, gli studi a sostegno della radioterapia nei pazienti ‘oligomestastatici’: uno è stato presentato a San Antonio (Texas) in occasione del congresso della Società americana di radioterapia; mentre il secondo è stato presentato durante il convegno della Società Europea di Oncologia a Monaco di Baviera.

“Entrambi questi studi, anche se in scenari clinici diversi, sono molto importanti perché vanno a validare un approccio che era già ampiamente utilizzato nei più avanzati centri di radioterapia – ha spiegato la Scorsetti -. Ora che abbiamo la conferma definitiva dell’utilità di un approccio aggressivo sulle metastasi con trattamenti locali da associare alle comuni terapie mediche, il prossimo passo dovrà essere l’identificazione di fattori che possano predire meglio la prognosi, aiutandoci a distinguere con maggiore precisione il vero paziente oligometastatico dal paziente che invece presenta una malattia più aggressiva. Con l’obiettivo non solo di allungare la sopravvivenza, ma anche di provare a curare almeno una parte dei pazienti metastatici”, ha concluso la professoressa.

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