L’infarto e l’arresto cardiaco sono entrambi eventi cardiovascolari seri, caratterizzati da sintomatologia e manifestazioni distinte, ma accomunati dalla necessità di intervento tempestivo.
Da quali elementi possiamo distinguere un infarto da un arresto cardiaco? Facciamo chiarezza approfondendo l’argomento con la dottoressa Martina Briani, cardiologa in Humanitas.
Infarto: che cos’è?
Un infarto si verifica quando l’ostruzione parziale o totale di una coronaria, arteria che si occupa dell’apporto di sangue al cuore, provoca la morte delle cellule cardiache e, di conseguenza, la necrosi del muscolo cardiaco.
L’ostruzione coronarica è provocata dalla formazione di un coagulo (anche chiamato trombo) sulle lesioni aterosclerotiche che si trovano sulla parete del vaso. A oggi sono stati evidenziati i fattori di rischio che portano allo sviluppo della placca aterosclerotica (fumo, eccesso di colesterolo nel sangue, ipertensione arteriosa non trattata, diabete mellito, predisposizione familiare), mentre sono meno chiari i meccanismi di formazione improvvisa del coagulo di sangue. In rari casi, inoltre, l’infarto si può scatenare a seguito di una malformazione coronarica.
L’infarto è una malattia potenzialmente mortale, in cui il pericolo per la vita del paziente aumenta in relazione a un accesso tardivo in una struttura ospedaliera. L’infarto, infatti, può essere curato solo ed esclusivamente in ospedale e il paziente che sospettasse di esserne soggetto deve contattare il prima possibile il 118 in modo tale da essere sottoposto il prima possibile agli accertamenti necessari. Solamente il trattamento adeguato e tempestivo infatti può essere curativo e può permettere di evitare le complicanze di questa patologia.
Quali sono i sintomi dell’infarto?
L’infarto può presentarsi con sintomatologie differenti, e il paziente è generalmente cosciente: il sintomo più comune è sicuramente il dolore toracico di tipo oppressivo (ovvero avvertito come un peso sul petto da parte del paziente), spesso irradiato al collo, alla mandibola, al braccio sinistro. Comuni sono anche sintomi quali forte malessere, stanchezza, sudorazione fredda.
Alcuni tipi di infarto possono presentarsi invece con sintomi più difficili da riconoscere, quali nausea, a volte accompagnata da vomito, e dolore addominale. Questo tipo di sintomatologia più sfumata è più comune nelle donne, che quindi devono porre particolare attenzione a non sottovalutare questi sintomi.
In caso di ostruzione completa dell’arteria coronaria il dolore è protratto e non si modifica cambiando posizione o assumendo i comuni farmaci antidolorifici, mentre in caso di ostruzioni parziali si possono avere episodi di dolore di breve durata, che poi scompare e può riproporsi anche a distanza di giorni o settimane, definito angina pectoris instabile. Anche in questo caso non bisogna tardare a rivolgersi a una struttura ospedaliera, in modo da poter intervenire prima che si sviluppi un infarto vero e proprio.
Cos’è l’arresto cardiaco?
L’arresto cardiaco è definito come la cessazione dell’attività elettrica cardiaca, per cui il cuore si ferma con conseguente perdita di coscienza e cessazione delle altre funzioni vitali, inclusa la respirazione.
Il soccorso rianimatorio deve essere immediato: un intervento di supporto tempestivo infatti evita l’instaurarsi di danni permanenti al cervello e agli altri organi vitali (i cosiddetti “organi nobili” quali rene e fegato) e la morte del paziente.
L’arresto cardiaco ha diverse cause, sia cardiache che non: può essere causato da un’aritmia, ma anche da un infarto in cui il danno tessutale è particolarmente esteso, da scompenso cardiaco terminale, da tamponamento cardiaco (per esempio in seguito a incidenti con coinvolgimento della zona toracica), da grave miocardite, da insufficienza respiratoria. Infine, esistono delle condizioni genetiche, quali la sindrome di Brugada o le canalopatie, che possono portare ad arresto cardiaco e a morte cardiaca improvvisa.
Tutte queste cause determinano, in ultima istanza, un’aritmia severa che conduce poi all’arresto cardiaco, definito come la fine di ogni attività elettrica cardiaca, e quindi alla cessazione dell’attività di pompa del cuore con conseguente interruzione dell’apporto di sangue e con esso di ossigeno, agli organi vitali.
Quali sono i sintomi dall’arresto cardiaco?
In caso di arresto cardiaco il paziente perde immediatamente conoscenza. Smette di respirare in autonomia e può perdere il controllo degli sfinteri, con possibile perdita di feci e urine. Prima dell’arresto cardiaco vero e proprio può manifestare sintomi correlati alla causa sottostante, come per esempio dolore toracico se la causa dell’arresto è un infarto, palpitazioni se la causa sottostante è una tachi-aritmia, difficoltà respiratorie se la causa è un’insufficienza respiratoria.
Come comportarsi in caso di infarto o arresto cardiaco?
Se si identifica una sintomatologia che può far sospettare un evento cardiovascolare serio, in se stessi o in altre persone, è della massima importanza chiamare immediatamente il 118 specificando la sintomatologia. Un intervento sanitario in ambito ospedaliero rappresenta infatti l’unica possibilità di trattamento efficace.
In caso di infarto, una volta effettuata la diagnosi, l’unico trattamento efficace è la riapertura della coronaria ostruita, che avviene mediante la procedura di coronarografia e angioplastica: con dei tubicini si entra da un’arteria periferica (dal polso o dall’inguine) e si risale fino alle coronarie. Una volta identificata la sede di ostruzione si rilascia un pallone (lo stent) che permette di riaprire il vaso chiuso e di riportare sangue e ossigeno alle cellule cardiache. È possibile anche una riapertura tramite terapia farmacologica, che però viene effettuata solamente in casi selezionati. Una volta terminata la riapertura del vaso, viene impostata una terapia farmacologica con l’obiettivo di proteggere il pallone appena inserito e di agire sui fattori di rischio, riducendo quindi la probabilità di un secondo infarto.
L’arresto cardiaco, invece, comporta l’immediata necessità di supportare gli organi vitali e, auspicabilmente, far ripartire il cuore. Per questo si deve effettuare la rianimazione cardiopolmonare, che prevede l’applicazione di un protocollo con una sequenza di compressioni al torace e respirazione bocca a bocca e, se possibile e indicato, effettuare la defibrillazione per far cessare l’aritmia e far “ripartire il cuore”.
Chi assiste a un arresto cardiaco, dopo aver chiamato il 118, dovrebbe immediatamente tentare la rianimazione cardiopolmonare, seguendo le indicazioni del personale della centrale operativa. All’arrivo del personale di soccorso il paziente verrà poi trasportato nella struttura ospedaliera più vicina, dotata dei mezzi per supportare il paziente e per trattare le cause sottostanti all’arresto.
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