L’ipertensione arteriosa è una patologia caratterizzata da un aumento della pressione del sangue nelle arterie. È cruciale identificarla tempestivamente poiché, se trascurata e non curata, può causare infarto del miocardio, ictus cerebrale, insufficienza cardiaca, deterioramento della funzionalità renale e patologie delle arterie periferiche.
In realtà, l’ipertensione arteriosa non è di per sé una malattia, ma rappresenta un elemento di pericolo che incrementa il rischio di sviluppare altre patologie cardiovascolari. Pertanto, le linee guida internazionali consigliano di valutare il rischio cardiovascolare globale di ogni persona, allo scopo di stabilire la terapia più adeguata per ciascun paziente.
Quali sono i sintomi della pressione alta e quali le cause? Ne parliamo con il dottor Beniamino Rosario Pagliaro, cardiologo presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano e i centri medici Humanitas Medical Care.
Pressione alta: quali sono i sintomi
L’ipertensione arteriosa non si manifesta sempre con sintomi specifici ed evidenti e, in alcuni casi, i segnali possono essere minimizzati dal paziente attribuendoli ad altre cause.
I sintomi più frequenti possono includere:
- mal di testa (cefalea)
- vertigini
- sensazione di stordimento
- ronzii nelle orecchie
- problemi di vista
- perdita di sangue dal naso.
Pressione arteriosa: i valori e quando misurarla
Dato che l’ipertensione arteriosa non si accompagna sempre a sintomi distintivi, è essenziale, per diagnosticarla in anticipo, sottoporsi regolarmente a controlli della pressione arteriosa.
L’ipertensione arteriosa essenziale, che non è legata a cause secondarie e si riscontra più frequentemente in età avanzata, colpisce in particolare le persone oltre i 60 anni e le donne in età post-menopausale. Tuttavia, è raccomandato monitorare i valori di pressione arteriosa anche prima, dato che non è raro un’insorgenza precoce di ipertensione.
Generalmente, la pressione è considerata nei limiti della normalità quando si attesta al di sotto dei 140/90 mmHg. La pressione massima (sistolica) è generata dalle contrazioni cardiache che spingono il sangue attraverso le arterie (normalmente non supera i 140 mmHg); invece, la pressione minima (diastolica), si registra nel momento che intercorre tra le contrazioni, quando il cuore si riempie di sangue da pompare (i valori ritenuti normali sono uguali o minori di 90 mmHg).
Quando uno o entrambi questi valori superano costantemente i livelli considerati normali, si definisce ipertensione arteriosa.
In presenza di valori di pressione arteriosa al limite (pressione sistolica 130-139 mmHg e/o pressione diastolica 85-89 mmHg), si consiglia di tenere un diario pressorio con misurazioni a casa, eseguite in orari differenti del giorno, per un periodo di 15-30 giorni, e consultare il proprio medico di medicina generale.
Anche un monitoraggio ambulatoriale continuo di 24 ore, che fornisce una media dei valori di pressione giornalieri, includendo anche la pressione notturna, individuando quei pazienti che non presentano il normale calo notturno della pressione, elemento fondamentale per la salute del sistema cardiovascolare.
L’analisi di questi dati assiste il medico nella formulazione di una diagnosi accurata di ipertensione arteriosa e nella scelta dei trattamenti più adatti.
Pressione alta: cosa fare?
Una volta confermata la diagnosi di ipertensione arteriosa, il trattamento varia in base al rischio cardiovascolare globale del singolo paziente e al grado di ipertensione.
Nei pazienti a basso rischio cardiovascolare e con ipertensione arteriosa di grado 1 (pressione arteriosa sistolica tra 140 e 159 mmHg e/o pressione arteriosa diastolica tra 90 e 99 mmHg), il primo passo è generalmente quello di apportare modifiche allo stile di vita. Queste includono una dieta a basso contenuto di sale, esercizio fisico aerobico regolare, astensione dal fumo, perdita di peso, che possono aiutare a ridurre i valori di pressione arteriosa. Se, nonostante queste modifiche per un periodo di tempo adeguato, i valori di pressione arteriosa rimangono elevati (>140/90 mmHg), si rende necessario l’avvio di un trattamento farmacologico.
Nelle persone con un rischio cardiovascolare più elevato, in pazienti con valori più alti di ipertensione arteriosa al momento della diagnosi (grado 2: pressione arteriosa sistolica tra 160 e 179 mmHg e/o pressione arteriosa diastolica tra 100 e 109 mmHg; grado 3: pressione arteriosa sistolica ≥ 180 mmHg e/o pressione arteriosa diastolica ≥ 110 mmHg), o in quelli con danni d’organo causato dell’ipertensione già presente, le linee guida attuali raccomandano di iniziare immediatamente una terapia farmacologica, in combinazione con le modifiche dello stile di vita.
I farmaci per l’ipertensione arteriosa
Esiste un’ampia varietà di farmaci antipertensivi, appartenenti a diverse classi farmacologiche, ciascuno con diversi livelli di efficacia. I farmaci di prima linea includono gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE-inibitori) e i sartani, che possono essere combinati con farmaci calcio-antagonisti e/o diuretici. I betabloccanti sono frequentemente impiegati nel trattamento dell’ipertensione arteriosa, specialmente in situazioni in cui sono indicati per altri motivi clinici, come nei pazienti con cardiopatia ischemica o scompenso cardiaco.
In casi di ipertensione arteriosa resistente, possono essere utilizzate classi di farmaci considerati di seconda linea, come gli antagonisti dei recettori mineralcorticoidi o gli alfa-litici. Considerata la vasta gamma di farmaci disponibili, è fondamentale consultare uno specialista cardiologo per ricevere un trattamento personalizzato, basato sulle specifiche necessità del singolo paziente.
Un caso particolare è rappresentato dall’ipertensione arteriosa in gravidanza, che richiede un approccio specifico. Questa condizione deve essere trattata con particolare attenzione, utilizzando farmaci che non siano dannosi per il feto.
Effettuare controlli periodici della pressione arteriosa attraverso la misurazione domiciliare e/o il monitoraggio ambulatoriale di 24 ore è fondamentale per determinare se le modifiche allo stile di vita e/o la terapia farmacologica impostata stiano effettivamente abbassando i valori di pressione arteriosa ai livelli desiderati. Nei casi in cui l’ipertensione è stata diagnosticata e trattata precocemente, in particolare in pazienti a rischio intermedio e basso che hanno apportato cambiamenti significativi nello stile di vita e raggiunto i valori target di pressione arteriosa, gestendo in modo ottimale anche gli altri fattori di rischio cardiovascolare, può essere possibile sospendere la terapia farmacologica, se iniziata, evitando così un trattamento a vita.
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