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Pancreas, ecco cosa cambierà

A seguito del primo Pancreatic Cancer Forum, parliamo delle prossime novità in ambito medico, chirurgico e di prevenzione

Si è da poco concluso a Madrid il Pancreatic Cancer Forum, che ha visto per la prima volta molti esperti da tutto il mondo ritrovarsi per discutere delle strategie future per la lotta ad una delle patologie più temute, per la quale i progressi delle terapie non hanno ancora dato i risultati sperati. Con l’occasione, abbiamo parlato proprio delle prospettive future con il dottor Alessandro Zerbi, responsabile di Chirurgia Pancreatica e con la dottoressa Lorenza Rimassa, vice responsabile di Oncologia Medica, entrambi referenti per la patologia pancreatica in Humanitas Cancer Center.

 

Dottor Zerbi, è possibile parlare di progressi nella cura dei tumori del pancreas?

Innanzitutto è necessario fare un distinguo: quando si parla di tumori del pancreas, bisogna distinguere fra il carcinoma pancreatico, il vero “big killer” della categoria, ed i tumori endocrini o i tumori cistici, che sono patologie molto differenti, anche per la minore aggressività e per i trattamenti, che non sono, ovviamente, i medesimi.
Certamente, in ogni caso, i tumori del pancreas stanno diventando un problema sempre più rilevante e, sebbene i fattori di rischio siano noti solo in parte, l’incidenza di queste patologie è senz’altro in aumento. Dal punto di vista chirurgico, i progressi che si sono visti negli ultimi anni sono in parte dovuti alle diagnosi più precoci, che possono dare buoni esiti in particolare quando si riesce ad identificare lesioni precancerose.

Questo non è ovviamente semplice, dato che in una fase tanto iniziale il tumore raramente produce sintomi. Tuttavia, chi ha per esempio avuto dei casi in famiglia oggi è spesso più consapevole della necessità di farsi controllare, e le tecniche diagnostiche più precise permettono di identificare correttamente lesioni anche molto piccole. Infine, un grande aiuto deriva certamente dal fatto che, nei centri ad alta specializzazione, chirurgia, radioterapia e terapia medica sono sempre più coordinate per fornire programmi di cure personalizzati, “tagliati” sulle caratteristiche del singolo paziente.

 

Dottoressa Rimassa, ci sono buone prospettive nell’ambito delle sperimentazioni?

Negli ultimi tempi si è parlato molto di due studi su nuove combinazioni di farmaci, che hanno dato risultati promettenti. FOLFIRINOX è un regime chemioterapico, che impiega farmaci già utilizzati per altre patologie e in parte per il carcinoma del pancreas. Una ricerca pubblicata dal prestigioso New England Journal of Medicine ha documentato come tale combinazione sia in grado di ottenere buoni risultati su pazienti affetti da carcinoma pancreatico in fase avanzata (metastatica) e proprio sulla base di tali risultati questo schema è già entrato nella pratica clinica.

NAB-PACLITAXEL è invece un nuovo farmaco, sviluppato grazie ad una tecnologia che consente di legare il paclitaxel, un farmaco noto e ampiamente utilizzato, a particelle di albumina; una ricerca pubblicata quest’anno, ancora sul New England Journal of Medicine, ha mostrato buoni risultati, sempre sui pazienti in fase avanzata, tanto da convincere la comunità scientifica della necessità di un nuovo studio multicentrico internazionale, che si focalizzerà sulla fase adiuvante (dopo la chirurgia) e su pazienti con malattia in fase meno avanzata. Abbiamo già richiesto che Humanitas partecipi a questa sperimentazione e la richiesta sarà quasi certamente accolta. In conclusione, sono certa che, sebbene la strada da percorrere sia ancora molto lunga, qualche progresso sia stato fatto, e ce ne siano molti altri davvero a portata di mano.

I numeri di Humanitas
  • 2.3 milioni visite
  • +56.000 pazienti PS
  • +3.000 dipendenti
  • 45.000 pazienti ricoverati
  • 800 medici
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