Tecnologie e metodi innovativi nel campo della diagnosi e della cura potrebbero presto essere al servizio dei pazienti.
Nel corso dell’ultimo anno si sono registrati notevoli progressi per la diagnosi e la cura delle patologie prostatiche. Il cancro alla prostata è uno dei tumori più comuni nella popolazione maschile ed il rischio è generalmente correlato all’età, tanto che fino alla prima metà del secolo scorso, per via della più bassa speranza di vita e delle difficoltà di diagnosi, era considerato una patologia rara. Dallo studio del 1941 del prof. Huggins sull’utilizzo di estrogeni per contrastare la produzione di testosterone in pazienti con tumore prostatico metastatico, che gli valse il Nobel per la medicina nel 1966 e dal 1983, data in cui è stata introdotta la prostatectomia radicale retropubica con preservazione della funzione erettile dal dott. Patrick C. Walsh del Johns Hopkins Hospital, molti passi in avanti sono stati compiuti sulla strada della comprensione, della diagnosi e della cura dei tumori prostatici. Abbiamo chiesto al dottor Gianluigi Taverna, Capo della Sezione di Patologia Prostatica all’interno dell’Unità Operativa di Urologia di Humanitas, di spiegarci quale sia l’attuale stato dell’arte, con particolare riferimento alle novità ed alle sperimentazioni che vengono effettuate presso Humanitas Cancer Center.
Dott. Taverna, quali sono le novità nel campo della diagnosi?
“Da pochi mesi sono entrati nello standard diagnostico due nuovi marcatori biologici con maggior sensibilità predittiva, che affiancano il PSA (antigene prostatico specifico) in fase diagnostica. Questi due nuovi esami (PCA3 per le urine e -2 PROPSA per il siero) risultano utili, in gruppi selezionati di pazienti, per ridurre la possibilità di sottoporre individui con basso rischio di patologie ad esami bioptici fastidiosi. Contemporaneamente, sempre in gruppi selezionati, possono essere in grado di evidenziare con precisione situazioni sospette, altrimenti non riconoscibili, da indagare in modo più accurato.
Inoltre, sempre in ambito diagnostico, è in corso una sperimentazione riguardante l’utilizzo dell’elastometria prostatica pre biopsia. Questa nuova tecnologia consente di analizzare l’elasticità delle diverse zone prostatiche e dovrebbe aiutarci nella selezione delle aree ghiandolari più sospette, per indirizzare più precisamente le biopsie. Infine, bisogna sottolineare che continuano gli studi per migliorare le tecniche bioptiche sia in termini di aumento della possibilità diagnostica sia di riduzione dei disturbi (Humanitas è stata la prima, nel 2002, a proporre a livello internazionale l’utilizzo dell’anestesia in corso di biopsia)”.
Quali sono le innovazioni in campo terapeutico?
È opportuno distinguere il campo oncologico, ossia il trattamento dei tumori prostatici, da quello clinico non tumorale, il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna ostruente. In campo oncologico presso la nostra unità operativa l’utilizzo del Robot (chirurgia laparoscopica Robot assistita) per eseguire la prostatectomia radicale è, ormai, una procedura standard. Tale tecnologia ha trovato larga diffusione in Italia e nel mondo e sembra offrire nuove interessanti prospettive, sia nel campo della chirurgia prostatica sia in altri ambiti della chirurgia pelvica. Nell’arco di qualche anno è ipotizzabile che la chirurgia robotica prima affianchi e poi, come accaduto negli anni novanta per la laparoscopia renale, sostituisca la chirurgia convenzionale a cielo aperto, sempre allo scopo di ridurre la morbilità per il paziente. Sempre in ambito oncologico abbiamo messo recentemente a punto delle tecniche chirurgiche miniinvasive (Sling TOT) adatte alla risoluzione dell’incontinenza urinaria che può verificarsi dopo la prostatectomia radicale. L’esperienza fatta con la tecnica TOT nel 2010 e nel 2011 è stata molto incoraggiante e ci consente di sottolineare che l’80% dei pazienti sottoposti a questa chirurgia sono molto soddisfatti dei risultati. Ricordiamo inoltre che collaboriamo a studi internazionali e nazionali riguardanti la ricerca di nuovi farmaci antitumorali per il paziente affetto da neoplasia prostatica avanzata.
Per quanto riguarda il trattamento della patologia benigna abbiamo recentemente reintrodotto l’elettrosezione laser assistita (HOLEP, Holmium Laser Enucleation of Prostate), una tecnica che trova indicazione in casi selezionati ma consente di trattare l’ipertrofia prostatica benigna con un’invasività più contenuta e rischi emorragici minori. Oltre all’HOLEP è partito proprio in queste settimane uno studio pilota sulla resezione bipolare della prostata, una procedura che consentirà di operare con rischi minori rispetto alla resezione monopolare, lo standard attuale. La nuova tecnica consente di sostituire la glicina con della semplice soluzione fisiologica la cui gestione intraoperatoria è più sicura. Quello che stiamo verificando è l’efficacia dei resettori bipolari durante l’intero percorso operatorio e post operatorio, a distanza di tempo. Ci auguriamo che il completamento dello studio ci consenta di confermarne i presupposti, in modo da rendere sempre più controllabile e sicura questa procedura chirurgica.
A cura della Redazione
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