Malattia di Crohn e colite ulcerosa sono malattie infiammatorie croniche dell’intestino (IBD – dall’inglese Inflammatory Bowel Disease) caratterizzate dall’alternanza tra periodi di riacutizzazione e periodi di remissione. La loro incidenza è in progressivo aumento e nel gestirle è fondamentale un approccio multidisciplinare.
Ne parliamo con il professor Alessandro Armuzzi, Responsabile dell’Unità Operativa Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali di Humanitas, co-direttore dell’IBD Center di Humanitas e docente di Humanitas University.
Quali sono le cause delle malattie infiammatorie croniche intestinali?
Non sono ancora ben chiari i motivi alla base di queste malattie: sono state individuate alcune concause, da una predisposizione genetica in senso lato dell’individuo fino a una serie di fattori ambientali. Questi interverrebbero, a un certo punto della vita di una persona predisposta, nel modificare la flora batterica intestinale, la quale poi determinerebbe una risposta immunitaria aberrante a livello intestinale. Questo è l’inizio biologico della malattia: le conseguenti riacutizzazioni e remissioni portano poi al danno intestinale, le ulcere, e quindi alla sintomatologia che conduce dal medico. Per questo motivo spesso può esserci un ritardo diagnostico.
Malattie infiammatorie croniche intestinali: chi colpiscono e quanto sono diffuse
In Italia non esiste un registro epidemiologico delle malattie infiammatorie croniche intestinali, ma abbiamo delle stime di prevalenza che sono state generate da studi epidemiologici regionali e dall’estrapolazione di database amministrativi: si stima che in Italia ci siano circa 250.000 persone affette da malattie infiammatorie croniche intestinali, delle quali un 60% circa con colite ulcerosa e il restante 40% con malattia di Crohn. I picchi di incidenza sono in età giovanile, tarda adolescenza ed età giovane-adulta, quindi tra i 15-20 e i 35-40 anni; il 20% circa dei pazienti è diagnosticato in età pediatrica.
L’incidenza di queste patologie è in progressivo aumento da circa 30-40 anni, in Italia come in altri Paesi occidentali; un dato interessante, dal punto di vista della patogenesi, è che l’aumento maggiore di incidenza è nei Paesi che hanno avuto un maggiore sviluppo dal punto di vista economico e industriale, come Cina, India e Brasile: questo è legato probabilmente alle variazioni nello stile di vita e nell’alimentazione e ad altri fattori ambientali. Ci sono diverse ipotesi da questo punto di vista: altri fattori che potrebbero scatenare il meccanismo alla base di queste malattie sono il miglioramento delle condizioni igieniche, la conservazione dei cibi nella catena del freddo, l’inquinamento, che innescano la risposta immunitaria nell’intestino, nel caso di queste patologie, ma anche in altri organi, nel caso delle altre malattie immunomediate come artrite reumatoide o psoriasi.
Le malattie infiammatorie croniche intestinali e l’impatto sulla qualità della vita
Insorgendo in età giovane-adulta queste patologie colpiscono la persona quando è nel pieno della propria vita produttiva, lavorativa, famigliare. Caratteristico di queste malattie è che il rischio di morte non è aumentato rispetto alla popolazione generale, ma l’impatto sulla qualità di vita adattata al singolo individuo è pesantissimo. Il peso di queste malattie è notevole in termini di costi diretti, quindi tutto quello che riguarda la gestione della patologie e di eventuali manifestazioni extraintestinali associate, visite, farmaci, a volte interventi chirurgici, perché fino al 40% dei pazienti con malattia di Crohn possono andare incontro a resezione dell’intestino entro 10 anni e fino al 20% dei pazienti con colite ulcerosa possono andare incontro a colectomia entro 10 anni.
Ma anche per quanto riguarda i costi indiretti, che sono stimati essere anche superiori a quelli diretti, come la produttività sul lavoro, le pensioni di invalidità, l’assenteismo, il presenteismo, tutto quello che ricade sulla vita del paziente e che spesso non è calcolabile, costituisce comunque un costo.
L’approccio multidisciplinare nelle malattie croniche
In oltre il 40% dei casi di malattie infiammatorie croniche intestinali vi è la presenza di manifestazioni extraintestinali immunomediate associate. Fino al 30% dei pazienti può avere artrite, un 10% può avere manifestazioni cutanee immunomediate, il 2-3% infiammazioni all’occhio, il 5-6% infiammazioni alle vie biliari e al fegato. Quando si riscontrano queste manifestazioni extraintestinali l’impatto sulla qualità di vita è ancora peggiore, ovviamente, e in questi casi diventa importantissima la gestione multidisciplinare.
Nella moderna gestione delle malattie croniche non si può prescindere da un approccio multidisciplinare: la presenza di un team di specialisti porta, per esempio, esiti migliori nell’individuare eventuali comorbidità (alcuni studi stimano un 25% di diagnosi in più che sarebbero state effettuate con un ambulatorio condiviso) ma anche nella gestione delle stesse.
La remissione prolungata nel tempo: un obiettivo fondamentale
La remissione prolungata nel tempo è l’obiettivo che medici e pazienti vorrebbero raggiungere. I principali desideri riferiti dal paziente con colite ulcerosa, quando gli viene proposto un trattamento, sono che il trattamento funzioni in fretta, che duri il più a lungo possibile e che abbia un profilo di sicurezza accettabile.
Purtroppo non sempre si riesce a ottenere la remissione prolungata nel tempo, e per questo sono auspicabili non solo nuove soluzioni terapeutiche, ma anche nuove strategie di trattamento che possano permettere di mantenere per anni un paziente asintomatico in termini sia di sintomi riferiti dal paziente che di anatomia della malattia, che oggi è presa in grande considerazione: quindi ripristino della normale integrità della mucosa intestinale, senza diarrea e senza sanguinamento, che sono sintomi caratteristici della colite ulcerosa e che pregiudicano in modo importante la qualità di vita del paziente.
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