Un gruppo di esperti europei ha elaborato di recente le indicazioni fondamentali per affrontare queste patologie del fegato.
Sono state da poco pubblicare sul Journal of Hepatology le nuove linee guida europee sulle malattie colestatiche, patologie non molto frequenti che colpiscono il fegato. Il dott. Pietro Invernizzi, responsabile del Laboratorio di Immunopatologia Epatobiliare di Humanitas, Aiuto dell’Unità Operativa di Clinica Medica e professore presso la University of California at Davis, ha fatto parte, come rappresentante italiano, della commissione europea di nove esperti che ha preparato questo documento a cui fa riferimento la comunità epatologica internazionale. Gli abbiamo chiesto di parlarci dell’importanza di queste linee guida.
Le malattie colestatiche
“Per malattie colestatiche – spiega il dott. Invernizzi – si intende un insieme di patologie che portano a una sofferenza delle vie biliari nel fegato e che nel loro insieme si chiamano colestatiche perchè sono tutte caratterizzate da una stasi della bile nel fegato. La stasi della bile nel fegato è principalmente dovuta a un problema di drenaggio della bile stessa fuori dal fegato: all’interno del fegato, che produce la bile, c’è un sistema di drenaggio formato da tubi che da piccoli diventano sempre più grandi fino a formare un unico tubo, il coledoco, che porta la bile fuori dal fegato, prima nella coleciste e poi nell’intestino. Quindi, se ci sono problemi a questa struttura di drenaggio, ci troviamo di fronte a una difficoltosa fuoriuscita della bile dal fegato, che intanto non arresta la produzione, e questo ristagno causa le malattie cosiddette colestatiche. Queste patologie hanno un quadro biochimico, di alterazione degli esami del sangue, specifico e indicativo della colestasi e assumono delle caratteristiche molto simili. Tra gli indici biochimici di colestasi ci sono la fosfatasi alcalina, la gamma GT, oltre ovviamente la birilubina, responsabile dell’ittero, tipicamente presente nel paziente con marcata colestasi“.
Uno studio europeo
“La European Association for the Study of the Liver (EASL) l’associazione che a livello europeo si occupa delle malattie del fegato, ha deciso di produrre una serie di documenti che riportino le linee guida di singole patologie del fegato (come nel documento sull’epatite B, già pubblicato) o gruppi omogenei di malattie del fegato (come nel caso di quello sulle malattie colestatiche). Il documento sulle malattie colestatiche, che è stato prodotto da un comitato di esperti tra cui io quale rappresentante italiano, è stato pubblicato sulla rivista scientifica dell’Associazione, il Journal of Hepatology, espressione dell’epatologia europea. Nella stesura di questo documento, mi sono occupato in particolare delle malattie colestasiche di natura autoimmune, che sono la cirrosi biliare primitiva e la colangite sclerosante primitiva. Oltre a quelle autoimmuni, ci sono altre patologie colestatiche, ad esempio a causa genetica o da danno da farmaco o dovute a problemi delle vie biliari extra-epatiche. Sono numerose le informazioni nuove e importanti contenute in questo documento; nel mio campo di specialità abbiamo, ad esempio, voluto mettere in evidenza una forma nuova di colangite sclerosante, caratterizzata dalla presenza di alti livelli sierici di un certo tipo di immunoglobulina, IgG4, che è stata recentemente descritta”.
L’importanza delle linee guida
“Come in altre patologie, anche in epatologia le linee guida sono estremamente importanti in quanto forniscono indicazioni pratiche a tutti i medici generici ed epatologi su diagnosi, gestione clinica e terapia delle malattie del fegato e nel nostro caso costituiscono un riferimento a livello internazionale. Per ciascun aspetto della malattia preso in considerazione nelle linee guida viene riportato il grado di evidenza scientifica a supporto di ogni affermazione, seguito da delle raccomandazioni, una sorta di riassunto che risulta utile per moltissimi medici. Vorrei sottolineare il fatto che le linee guida, una volta pubblicate, possono assumere anche una valenza legale: in cause di tipo medico-legale, questi documenti vengono considerati una ‘prova’”.
A cura di Elena Villa
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