Il long COVID è una sindrome clinica caratterizzata dalla presenza di alcuni sintomi legati all’infezione da SARS-CoV-2, che insorgono o persistono anche per settimane o mesi dopo la guarigione da COVID-19. Il quadro clinico può variare da paziente a paziente e non sempre i sintomi avvertiti vengono subito ricondotti alla precedente infezione.
Chi sviluppa long COVID e quali sono i sintomi? Ne parliamo con il dottor Michele Lagioia, Direttore Medico Sanitario di Humanitas.
I sintomi di COVID-19
Come sappiamo, COVID-19 è la malattia causata dall’infezione del virus SARS-CoV-2 e da quando si sono diffusi i primi casi nel dicembre 2019, il quadro clinico successivo all’infezione ha subito alcuni cambiamenti, in particolare con il diffondersi della variante Omicron (definita il 26 novembre 2021 come nuova variante preoccupante dall’Organizzazione Mondiale della Sanità).
Se infatti, dapprima COVID-19 era caratterizzata da un maggior interessamento delle basse vie aeree (febbre e tosse erano i sintomi caratteristici, insieme a perdita di olfatto e gusto), da Omicron in poi i sintomi di malattia sono spesso molto simili a quelli di un raffreddore, della durata di qualche giorno.
La diagnosi di infezione viene effettuata mediante un tampone antigenico o molecolare positivo, così come la guarigione dall’infezione deve essere accertata da un tampone antigenico o molecolare negativo, da farsi alla fine del periodo di isolamento (di 7 o 10 giorni in base alle normative vigenti).
Long COVID: che cos’è e quali sono i sintomi?
Il long COVID è una sindrome clinica che interessa una buona parte di coloro che hanno avuto COVID-19 e che dopo più di 4 settimane da un’infezione acuta da SARS-CoV-2 vede la persistenza o l’insorgenza di segni e sintomi legati all’infezione.
Sebbene l’impatto del long COVID sulla popolazione sia evidente e la sindrome riconosciuta come entità clinica, sono diversi gli studi in corso per definire sempre meglio le sue caratteristiche, a partire dalle cause.
I sintomi di long COVID possono variare da persona a persona, in generale includono:
- Fatica persistente
- Stanchezza
- Debolezza
- Dolori muscolari e articolari
- Mancanza di appetito.
I sintomi specifici si manifestano in particolare a livello respiratorio, cardiovascolare, neurologico, gastrointestinale e psicologico; ne sono un esempio:
- Fame d’aria (dispnea), tosse persistente.
- Dolore al petto e senso di oppressione, tachicardia e palpitazioni, aritmie, variazioni della pressione arteriosa, ma anche pericarditi e miocarditi.
- Mal di testa, difficoltà di concentrazione e memoria (la cosiddetta nebbia mentale o “brain fog”).
- Disturbi dell’olfatto, del gusto, dell’udito.
- Nausea, vomito, perdita di appetito, dolori addominali, diarrea, reflusso gastroesofageo.
- Disturbi del sonno, depressione del tono dell’umore (tristezza, irritabilità, insofferenza, mancanza di interesse nei confronti di attività che prima piacevano), ansia, stress, psicosi.
La diagnosi di long COVID è clinica e si basa su una storia di COVID-19 e una mancanza di pieno benessere, anche per via dei sintomi citati.
È bene dunque che coloro che presentano i sintomi riconducibili a long COVID o che non percepiscano un completo recupero del proprio stato di salute in seguito a COVID-19, facciano riferimento al proprio medico di medicina generale o allo specialista, che indirizzeranno verso gli accertamenti più opportuni.
Di regola molti dei sintomi si risolvono, ma vi sono dati in Cina che indicano una persistenza di problemi in parte dei soggetti a due anni dalla malattia acuta.
Chi ha avuto COVID-19 svilupperà long COVID?
Solo una parte di coloro che si sono ammalati di COVID-19 svilupperanno long COVID nelle settimane che seguono la negativizzazione.
Tuttavia, non sono ancora del tutto chiari i meccanismi che determinano long COVID e sembrano coinvolti diversi elementi: un danno diretto causato dal virus SARS-CoV-2 o dalla malattia COVID-19, per esempio nel sistema nervoso; una risposta anomala da parte del sistema immunitario che causa una sorta di “autoimmunità” a danno di organi e tessuti del corpo.
Tra i fattori di rischio sembrano esserci l’età avanzata, il sesso femminile, l’ospedalizzazione per COVID-19, l’obesità e il diabete di tipo 2 e sembra giochi anche un ruolo lo stato di salute generale al momento dell’infezione.
Capire le cause dell’insorgenza del long COVID è uno degli obiettivi degli studi di Ricerca.
Il long COVID colpisce solo chi ha avuto una forma grave di COVID-19?
Vi sono evidenze crescenti che la qualità dell’infezione acuta non sia determinante nell’insorgenza del long COVID.
Di regola vi è correlazione fra gravità della malattia e rischio di long COVID, ma si osserva il quadro anche dopo forme relativamente lievi. Se nelle prime forme di malattia COVID-19 e in quelle successive associate alla variante Delta si aveva una correlazione tra gravità dell’infezione e long COVID, con la variante Omicron questa evidenza viene meno e pertanto anche in caso di infezione lieve o infezione asintomatica (anche in pazienti giovani), possono instaurarsi quadri di long COVID. Non c’è dunque al momento evidenza di una correlazione tra la gravità dell’infezione e l’insorgenza o meno di long COVID.
Infine, da un’analisi dei ricercatori del King’s College di Londra, pubblicata in una lettera su The Lancet il 18 giugno 2022, emerge come l’infezione con la variante Omicron si associ a un minor rischio di Long COVID rispetto all’infezione con la variante Delta. Tuttavia, la grande diffusione di Omicron e la sua maggior contagiosità (rispetto alla variante Delta) lasciano presagire la possibilità che in futuro un gran numero di persone svilupperanno sintomi da long COVID.
I dati ottenuti anche in Humanitas indicano che la vaccinazione (con tre dosi) dà un grado significativo di protezione contro Long COVID, per approfondire clicca qui.
Sul Long COVID è anche stato pubblicato un report dall’Accademia nazionale dei Lincei, il cui primo firmatario è il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas.
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