Humanitas è uno dei pochissimi Centri in Italia già attivo nel trattamento con le cellule CAR-T: una terapia innovativa che si basa sulla modificazione genetica in laboratorio dei linfociti T del paziente, che vengono così istruiti a riconoscere le cellule tumorali e aggredirle. È un trattamento complesso, frutto di 25 anni di Ricerca scientifica, che necessita di un team multidisciplinare altamente specializzato per gestire le eventuali tossicità anche potenzialmente letali e che rappresenta una nuova alternativa per pazienti con linfomi non Hodgkin ad alta aggressività ricaduti dopo la terapia standard o leucemie acute linfoblastiche del giovane adulto (fino a 25 anni) con recidiva dopo terapia di prima linea.
Con l’aiuto del professor Armando Santoro, Direttore di Humanitas Cancer Center e della dottoressa Stefania Bramanti, specialista in Ematologia e referente del progetto CAR-T di Humanitas, scopriamo che cosa sono le CAR-T, come funziona la terapia, quali pazienti possono beneficiarne e quali sono i risultati attesi.
“La terapia con CAR-T è un trattamento innovativo di grande interesse in campo onco-ematologico, che consente di offrire una possibilità di cura a pazienti con Linfomi non Hodgkin o con leucemie linfoblastiche ricaduti dopo una o più terapie convenzionali.
Lo scorso novembre abbiamo inaugurato la CAR-T Unit e abbiamo già trattato i primi 5 pazienti con buoni risultati. Partecipiamo a un programma di CAR T approvato con indicazione AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e anche a un programma CAR T “sperimentale”, spiega il professor Santoro.
Come funziona la terapia con CAR-T?
“La terapia si basa sui linfociti T (un particolare tipo di globuli bianchi) che sono considerati i soldati del nostro sistema immunitario, deputati dunque a difendere l’organismo dalle malattie; in pazienti affetti da tali patologie però i linfociti T perdono la loro capacità di difesa immunitaria.
La preparazione delle CAR-T è complessa e prevede il prelievo di cellule dal sangue del paziente e poi la loro separazione dal resto delle cellule sanguigne e del plasma mediante una tecnica definita aferesi, che permette appunto la raccolta dei linfociti del paziente. Successivamente i linfociti vengono spediti nei laboratori deputati al processo di ingegnerizzazione, mantenendo un rigido protocollo di controllo di qualità.
In laboratorio viene introdotto – all’interno dei linfociti – il recettore CAR (Chimeric Antigen Receptor), in grado di riconoscere le cellule tumorali: i CAR-T così ottenuti esprimono sulla propria superficie il recettore che individua l’antigene CD 19, una proteina caratteristica delle cellule del linfoma.
Il tempo necessario per attuare tutta la procedura e avere a disposizione il prodotto finale è di circa 3-4 settimane. I linfociti CAR-T vengono dunque infusi nel sangue del paziente, dove sono pronti ad attaccare e distruggere le cellule tumorali.
Il paziente verrà quindi sottoposto a rivalutazione dello stato della malattia (attraverso una PET)”, spiega la dottoressa Bramanti.
Quali pazienti possono beneficiare della terapia CAR-T?
La terapia CAR-T è indicata nei pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) recidivato o refrattario a due o più linee di terapia; pazienti pediatrici e giovani adulti fino ai 25 anni di età con leucemia linfoblastica acuta a cellule B refrattaria, in recidiva post-trapianto o in seconda o ulteriore recidiva; pazienti con linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B (PMBCL) e linfoma a grandi cellule B correlato a virus Epstein-Barr recidivato o refrattario a due o più linee di terapia.
La CAR-T Unit di Humanitas
In Humanitas è attiva un’unità dedicata al programma CAR-T, composta da medici ematologi esperti in trapianto di cellule staminali; due team di infermieri professionali, di cui uno esperto in aferesi e uno dedicato esclusivamente alla gestione del paziente CAR-T; un team multidisciplinare che si avvale di neurologi, infettivologi e anestesisti, formati per gestire le tossicità derivanti da CAR-T. Vi sono inoltre di infermieri di Ricerca e data manager dedicati alla gestione dei pazienti arruolati in protocolli clinici.
Una nuova possibilità di cura
“La terapia con CAR-T ha modificato – negli studi iniziali – la prognosi di linfomi aggressivi e con molteplici ricadute, per i quali non avevamo reali alternative. Oggi questi pazienti hanno una possibilità in più di controllare la malattia (con un netto aumento della sopravvivenza) e la possibilità di guarire in circa il 40% dei casi. È bene però non alimentare false speranze: non tutti i pazienti sono candidabili alla terapia e non in tutti i pazienti la terapia ha successo. È dunque molto importante che la selezione dei pazienti venga eseguita tenendo conto del corretto rapporto rischio/beneficio per ciascuno e per potenziale al massimo l’uso corretto di questa innovativa risorsa, è fondamentale affidarsi a Centri specializzati”, ha concluso il prof. Santoro.
Per informazioni è possibile scrivere una mail a: CARThumanitas@humanitas.it
-
2.3 milioni visite
-
+56.000 pazienti PS
-
+3.000 dipendenti
-
45.000 pazienti ricoverati
-
800 medici