Per curare questa patologia ematologica sono in atto nuovi approcci terapeutici e una forte spinta nella ricerca.
Le leucemie sono un tumore delle cellule del sangue caratterizzato da una proliferazione anomala della cellula staminale, non ancora differenziata e con molta potenzialità. Le leucemie possono essere acute, se hanno un andamento spontaneo rapidamente evolutivo (e spesso fatale se non curate), e croniche, caratterizzate da un andamento clinico più lento.
Spiega il dottor Adalberto Ibatici, specialista in ematologia di Humanitas: “Le leucemia acute hanno un’incidenza di circa 4-6 nuovi caso ogni 100.00 abitanti. Negli ultimi 10 anni la cura di queste malattie ha beneficiato di nuovi approcci terapeutici e di una forte spinta della ricerca sui nuovi farmaci e sui meccanismi biologici alla base dello sviluppo e della crescita delle cellule leucemiche. La chemioterapia sistemica, adattata a seconda della tipologia della leucemia (a basso, intermedio o alto rischio) e delle caratteristiche dei pazienti (età, condizioni cliniche…), resta ancora la principale arma a nostra disposizione. Nei soggetti adulti (di età compresa fra i 18 e i 60 anni) la chemioterapia di induzione determina un’elevata percentuale di risposte complete (80-85%). Nel paziente anziano (oltre i 65 anni) viene per lo più adottato un approccio conservativo e la chemioterapia svolge un ruolo contenitivo.
La ricerca farmacologica in questo settore è molto attiva. Da una parte si pone l’obiettivo di migliorare i risultati raggiunti ad oggi: per coloro che non rispondono alla chemioterapia convenzionale o ricadono nella malattia, infatti, sono già disponibili nuovi chemioterapici promettenti tra i quali Clofarabina, Nelarabina, Forodesina. Parallelamente, inoltre, la ricerca sta sviluppando una rivoluzionaria frontiera per contrastare i meccanismi di sviluppo della malattia, mettendo a punto farmaci innovativi, i cosiddetti ‘biologici’, capaci di potenziare o integrare i chemioterapici. Tra questi vanno ricordati gli anticorpi monoclinali, gli inibitori delle deacetilasi, gli inibitori delle topoisomerasi, gli agenti de metilanti”.
Nonostante i recenti progressi, la sola chemioterapia consente la guarigione definitiva dalla leucemia acuta solo nel 15-20% dei pazienti. Per gli altri, il trapianto di cellule staminali emopoietiche costituisce la strategia terapeutica più efficace. “L’indicazione al trapianto autologo (prelievo e reinfusione delle proprie cellule staminali emopoietiche dopo chemioterapia ad alte dosi) si è recentemente affievolita a favore del trapianto allogenico (prelievo e reinfusione delle cellule staminali emopoietiche di un donatore) – precisa il dottor Ibatici -. Dati recenti del Gruppo Europeo indicano, con il trapianto allogenico, un probabilità di guarigione vicina al 50%. Da poco più di 10 anni questo tipo di trapianto può essere effettuato anche in soggetti di età più avanzata (fino a 70 anni), a dimostrazione del miglioramento della procedura e delle tecniche trapianto logiche”.
Humanitas offre tutte le possibili tipologie di trapianto allogenico al momento disponibili, dal donatore familiare compatibile al 100% alle sorgenti alternative quali il donatore familiare non compatibile e da registro internazionale ed il cordone ombelicale.
Le leucemie croniche
Le leucemie croniche si suddividono fondamentalmente in linfatica e mieloide. “La leucemia linfatica cronica (LLC) è una patologia neoplastica del sistema linfatico caratterizzata da un accumulo di linfociti nel sangue periferico, nel midollo osseo e negli organi linfatici (linfonodi e milza) – spiega la dottoressa Barbara Sarina, specialista di Humanitas -. Rappresenta la forma di leucemia più frequente nel mondo occidentale ed è tipica dell’anziano: l’età media di insorgenza è intorno ai 65 anni.
Nella maggior parte di casi (60%) viene diagnosticata in seguito al riscontro, in esami di routine, di un aumento dei globuli bianchi (leucocitosi). Il decorso è molto eterogeneo: alcuni pazienti, infatti, mostrano un andamento estremamente indolente, che non richiede terapia per molti anni, mentre altri vanno incontro ad un peggioramento relativamente rapido. Negli ultimi anni, con l’introduzione nella pratica clinica di nuove strategie terapeutiche, questa malattia da ‘controllabile’ è diventata curabile. In Humanitas il trattamento di prima linea varia a seconda dell’età e delle condizioni cliniche del paziente e prevede una chemioterapia per bocca a scopo contenitivo o un’immunochemioterapia con l’associazione di più farmaci chemioterapici e l’anticorpo monoclonale anti-CD20, per indurre una remissione completa più duratura. Per quanto riguarda la terapia di seconda linea, oltre a schemi terapeutici convenzionali, nel nostro Istituto è in corso un protocollo internazionale che prevede l’utilizzo di un nuovo anticorpo monoclonale denominato Lumiliximab (anti-CD23), non presente ancora in commercio. Di recente anche il trapianto allogenico, considerato l’unico vero trattamento curativo, ha avuto un incremento grazie all’introduzione di trattamenti di preparazione effettuabili anche da pazienti con più di 60 anni”.
La leucemia mieloide cronica è invece una neoplasia maligna caratterizzata da un aumento del numero dei globuli bianchi nel sangue periferico, nel midollo, nella milza e in altri organi o tessuti. Spesso asintomatica, la sua diagnosi è spesso occasionale. Definita cronica per il suo lento decorso, prima dell’avvento dei nuovi farmaci entrava, dopo un periodo variabile di tempo, in fase acuta. “Questa malattia – prosegue la dottoressa Sarina – è caratterizzata dalla presenza di un cromosoma anomalo (Filadelfia, PH+), che porta alla formazione di un nuovo gene chiamato BCR-ABL, in grado di produrre una proteina anomala che stimola enormemente la crescita delle cellule.
La prognosi e il trattamento di questa malattia sono cambiati radicalmente con l’impiego di un nuovo farmaco chiamato imatinib (glivec), che nella fase cronica è la terapia di scelta. Somministrato per bocca e ben tollerato, l’imatinib è in grado di bloccare selettivamente l’attività della proteina prodotta dal gene BCR-ABL senza danneggiare le cellule sane. Tale farmaco è in grado di bloccare la malattia nella sua fase cronica, eliminando le cellule PH+ dal midollo, modificando così la storia naturale della leucemia.
Esistono tuttavia rari casi resistenti al trattamento con glivec. In questa direzione si sono concentrati, ultimamente, gli sforzi dei ricercatori biomolecolari. In Humanitas sono già disponibili inibitori di seconda generazione come il dasatinib e il nilotinib, in grado di superare molte forme di resistenza all’imatinib, e altri nuovi inibitori sono in fase di sperimentazione. Il trapianto allogenico, fino a pochi anni fa l’unico trattamento in grado di guarire la malattia, rimane un’opzione riservata solamente a pochi casi selezionati”.
Che cos’è il trapianto di midollo osseo
Il trapianto di midollo osseo consiste in una chemio/radioterapia “di condizionamento” volta ad eradicare la “fabbrica” che crea le cellule del sangue (emopoiesi), seguita dall’infusione, per via endovenosa, di cellule staminali (le “progenitrici” da cui hanno origine tutte le cellule del sangue: globuli bianchi, globuli rossi e piastrine). La chemioterapia di “condizionamento” può essere ad alte dosi o a dosi ridotte consentendo l’applicazione del trapianto anche in soggetto di età avanzata. Se le cellule staminali utilizzate sono quelle proprie del paziente si parla di trapianto autologo, se sono invece di un donatore si parla di trapianto allogenico. In genere è preceduto da una chemioterapia ad alte dosi. Obiettivo del trapianto è eliminare la malattia del paziente e ripristinare, con l’infusione delle cellule staminali, le normali funzioni del midollo osseo.
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