Ogni anno, il 28 luglio si celebra la Giornata Mondiale dell’Epatite promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul peso globale dell’epatite virale e incoraggiare prevenzione, diagnosi e trattamento. Nel 2021, questa giornata ha avuto un peso ancora maggiore in quanto la pandemia COVID-19 ha avuto un forte impatto sui pazienti affetti da epatite virale in Italia. Due studi dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) hanno tentato di quantificare la riduzione delle attività dei centri epatologici italiani.
Ne parliamo con il professor Alessio Aghemo, Segretario Generale AISF e Responsabile dell’Unità Operativa di Epatologia in Humanitas Reserach Hospital.
Epatiti virali e COVID-19: ritardi nelle cure
“Dallo studio AISF emerge come i centri Italiani siano stati fortemente impattati nella gestione dei pazienti con epatite virale, specialmente durante la prima ondata della pandemia. Nel 2020, infatti, l’attività ambulatoriale è stata sospesa nella maggior parte dei centri con un significativo ritardo nella diagnosi e nell’accesso alle cure. Durante la seconda e la terza ondata abbiamo assistito a un miglioramento organizzativo sul territorio italiano, che ha permesso di poter garantire un accesso alle cure per circa il 60-70% dei pazienti, purtroppo però spesso con significativi ritardi nell’inizio dei trattamenti antivirali”, spiega il professor Aghemo.
“La disponibilità di efficaci terapie antivirali contro HCV e HBV permette infatti di ottenere la guarigione dall’epatite C nel 99% dei casi e sopprimere la replicazione del virus dell’epatite B in maniera continuativa nel 99% dei pazienti. Si stima che il ritardo portato dalla pandemia COVID-19 si tradurrà in un impatto sui tassi di mortalità per queste malattie nei prossimi 10 anni.
La buona notizia per il 2021 è però lo stanziamento di 74 milioni di euro da parte del Governo per la diagnosi dei pazienti con epatite cronica C non a conoscenza della loro infezione. Queste risorse si tradurranno in progetti regionali di screening della popolazione nata tra il 1969 e 1989 per identificare i pazienti e garantire loro un rapido accesso ai farmaci antivirali”, prosegue il prof. Aghemo.
L’impegno di Humanitas contro le epatiti virali
Humanitas ha ripreso le attività epatologiche in maniera regolare sin da maggio 2020. Questo risultato è stato possibile grazie all’organizzazione e alla sinergia tra personale amministrativo, infermieristico, direzione sanitaria e personale medico. Grazie a percorsi di cura codificati e ambulatori dedicati, i pazienti con epatite virale hanno rapido accesso ai trattamento antivirali e visite garantite all’interno delle tempistiche raccomandate dalle società scientifiche. L’impegno di Humanitas si riflette anche nella Ricerca clinica ed epidemiologica, in partnership con l’Istituto Superiore di Sanità, con l’Associazione Europea per la Prevenzione dell’Epatite B e C e con l’Osservatorio Polaris della fondazione statunitense CDA. Presso il nostro Ospedale è anche attivo un protocollo sperimentale internazionale con farmaci attivi contro l’Epatite Delta, una forma di epatite virale che a oggi non ha terapie disponibili in commercio.
Epatite: la necessità di eradicare la malattia
Sono 240 milioni gli individui affetti, in tutto il mondo, da epatite cronica B, mentre 70 milioni di persone soffrono di epatite cronica C, per un totale di 1,5 milioni di morti all’anno. In Italia i malati di epatiti sono circa 700.000, ma secondo le stime potrebbero anche superare questa cifra: molti malati, infatti, sono inconsapevoli di esserlo.
I numeri, dunque, sono molto alti: per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato una campagna internazionale per combattere al meglio questa patologia ed eradicarla entro il 2030. Molti paesi, in ogni caso, hanno già adottato una serie di efficaci misure di contenimento. Parliamo, per esempio degli antivirali per l’epatite C e dei vaccini per l’epatite B, oltre a efficaci programmi di screening. In Italia, in particolar modo, il Sistema Sanitario mira all’identificazione rapida dei pazienti affetti da epatiti in modo da garantire loro tempestivamente l’accesso alle cure antivirali disponibili.
Epatite: un’infiammazione cronica
Con epatite si intende un’infiammazione delle cellule epatiche che si sviluppa a partire da un’aggressione immunitaria dei linfociti rivolta al fegato. Il suo esordio è generalmente acuto, ma può essere sia sintomatico, sia asintomatico e l’evoluzione della patologia è autolimitante o cronica. Per questo motivo, se non adeguatamente e tempestivamente trattata, l’epatite può accompagnare il paziente anche per tutta la durata della sua vita.
Quando parliamo di epatite autoimmune, intendiamo una patologia provocata da un’aggressione immunitaria priva di evidenti fattori scatenanti. Ma non è l’unica tipologia di epatite che conosciamo: altre, infatti, possono svilupparsi al seguito di un’esposizione prolungata a sostanze tossiche (alcol o farmaci, per esempio) o direttamente dalla epatotossicità dei grassi tissutali (per esempio in pazienti obesi o diabetici).
Le diverse tipologie di epatite
Le epatiti virali non sono direttamente epatolesive e vengono classificate dalla A alle E, oppure con il nome del virus che le scatena (citomegalovirus, herpes, e virus della mononucleosi).
L’epatite A e l’epatite E si contraggono per via fecolo-orale, dunque ingerendo alimenti o acque contaminati, oppure per contatto. L’epatite A, però, si può contrastare per mezzo del vaccino, che viene somministrato in due dosi a sei mesi di distanza fra loro.
Le epatiti B, C e D, invece, si trasmettono attraverso sangue infetto, tramite rapporti sessuali non protetti, oppure, da madre infetta a figlio, al momento del parto. Nel nostro paese il vaccino contro l’epatite B è obbligatorio dal 1991, ed è garantito gratuitamente dal Sistema Sanitario Nazionale.
Diverso è, invece, il discorso quando si parla di epatiti non virali. Queste, infatti, possono essere causate da sostanze chimiche, farmaci, o problemi metabolici. La terapia per queste epatiti, dunque, dipende dalle cause scatenanti.
Infine, ci sono le epatiti autoimmuni, che sono causate da un’aggressione errata del sistema immunitario ai danni del fegato. Le difese immunitarie, dunque, attaccano erroneamente l’organo, provocando in tal modo un’infiammazione che, a lungo andare, può trasformarsi in cirrosi e arrecare al paziente danni permanenti che rischiano di compromettere seriamente il suo stile di vita. Sono le donne, le più colpite dalle epatiti autoimmuni, e rappresentano il 70% circa dei pazienti affetti da questa patologia.
Epatiti: prevenzione e stile di vita
Come in tutte le patologie, in un’ottica di prevenzione riveste sempre primaria importanza lo stile di vita, che deve essere privo di eccessi e attivo, regolato da una dieta sana e un consumo ridotto di alcolici. Tuttavia, quando parliamo di epatiti A e B parliamo di patologie per cui è fondamentale vaccinarsi, seguendo il programma del Sistema Sanitario Nazionale; così come, qualora si stesse programmando un viaggio in zone considerate a rischio, è necessario seguire i protocolli sanitari di quella determinata regione.
Un grande rischio è infine rappresentato da tatuaggi e piercing eseguiti in ambiente non sicuro, per questo motivo è fondamentale rivolgersi sempre a professionisti del mestiere, che lavorino in strutture certificate dove vengono utilizzati solamente strumenti adeguati.
Come si cura l’epatite?
Il 2020 ha visto il raggiungimento di nuovi traguardi nel trattamento dell’epatite B, grazie all’introduzione del Tenofovir Alafenamide, un farmaco con un profilo di sicurezza superiore a quello dei farmaci precedenti e con una buona potenza antivirale.
In Humanitas, inoltre, è possibile accedere al trattamento contro l’epatite C direttamente dalla farmacia della struttura, dimezzando così i tempi di attesa per il paziente. Per l’epatite Delta, invece, è possibile accedere a un trial clinico, sotto controllo degli specialisti dell’Unità di Medicina Interna ed Epatologia, con un farmaco in fase avanzata di sviluppo clinico e dai risultati molto promettenti: il Lonafarnib.
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