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Isolamento e quarantena: quali differenze e quanto durano

Isolamento e quarantena sono due termini entrati nell’uso comune per via della pandemia COVID-19 e talvolta vengono impropriamente utilizzati come sinonimi.

Isolamento e quarantena rappresentano due importanti misure di salute pubblica volte al tentativo di contenere i contagi dovuti alla trasmissione del virus SARS-CoV-2, responsabile di COVID-19 ed evitare di sovraccaricare gli ospedali. Definiscono però due situazioni che richiedono comportamenti differenti: l’isolamento infatti si riferisce ai pazienti con accertata infezione da SARS-CoV-2, mentre la quarantena si riferisce ai soggetti sani.

La Circolare del ministero della Salute del 12 ottobre 2020 le specifica e offre le indicazioni rispetto alla durata di entrambi.

Che cos’è l’isolamento?

L’isolamento consiste nella separazione tra coloro che hanno una diagnosi accertata di infezione da SARS-CoV-2 (e dunque con esito positivo al tampone) e i soggetti sani, predisponendo condizioni tali a prevenire la trasmissione dell’infezione.

Che cos’è la quarantena?

La quarantena si applica a persone sane, ma che potrebbero essere state esposte al virus (in quanto contatto stretto di un caso con infezione da SARS-CoV-2) e consiste nella restrizione dei movimenti e dei contatti. Obiettivo della quarantena è monitorare l’eventuale comparsa di sintomi, identificare velocemente nuovi casi di infezione e limitare il rischio di nuovi contagi.

Quando si parla di contatto stretto?

Secondo il Ministero della Salute sono un esempio di “contatto stretto” di un caso con probabile o accertata infezione da SARS-CoV-2:

  • I conviventi.
  • Coloro che hanno avuto un contatto fisico diretto, per esempio una stretta di mano.
  • Coloro che hanno avuto contatto diretto faccia a faccia, a distanza minore di 2 metri e per almeno 15 minuti.
  • Coloro che hanno condiviso lo stesso ambiente chiuso con un caso positivo senza indossare la mascherina.

L’isolamento per casi positivi sintomatici e asintomatici

I pazienti con diagnosi accertata di infezione SARS-CoV-2 (che si sono dunque sottoposti al tampone e ne hanno avuto esito positivo) possono essere sintomatici e asintomatici.

I pazienti positivi sintomatici devono rimanere in isolamento per almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi e possono rientrare in comunità dopo un tampone negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (che possono essere inclusi nei 10 totali o essere successivi). I 10 giorni si calcolano dall’inizio dei sintomi; laddove sia difficile identificare l’inizio perché i sintomi sono sfumati, si ritiene come punto di partenza il primo tampone positivo.

Se il secondo tampone dovesse risultare positivo, occorre proseguire l’isolamento e ripetere il tampone dopo 7 giorni. Se il paziente risultasse ancora positivo, l’isolamento si conclude 21 giorni dopo l’esecuzione del primo tampone e dopo almeno l’ultima settimana senza sintomi.

I pazienti positivi asintomatici devono rimanere in isolamento per almeno 10 giorni e alla fine di questi eseguire un tampone. Se l’esito è negativo è possibile tornare in comunità, altrimenti occorre prolungare l’isolamento ed effettuare un altro tampone dopo 7 giorni. Se il paziente risultasse ancora positivo, l’isolamento si conclude 21 giorni dopo l’esecuzione del primo tampone e dopo almeno l’ultima settimana senza sintomi. È bene sottolineare che laddove l’infezione permanga a lungo e il tampone risulti positivo anche dopo il ventesimo giorno, il soggetto può comunque tornare in comunità perché non rappresenta più un rischio per gli altri da un punto di vista infettivo.

Come comportarsi durante l’isolamento

Se si è sottoposti a isolamento occorre non uscire e rimanere in una stanza dedicata, isolati da eventuali altri conviventi. Nella stanza bisogna cambiare spesso l’aria aprendo la finestra. È bene che il soggetto in isolamento usi un bagno dedicato (così come gli asciugamani che devono essere personali) oppure disinfetti il bagno condiviso dopo ogni utilizzo, dorma e mangi da solo e limiti al massimo i movimenti in altri spazi della casa dove vi siano altre persone.

Occorre controllare la temperatura corporea due volte al giorno e al bisogno, monitorare le proprie condizioni di salute e non recarsi in Pronto soccorso o in Ospedale se non ritenuto strettamente necessario dal proprio medico di riferimento. In caso di difficoltà respiratorie è necessario chiamare il 112.

La quarantena

I soggetti in quarantena – in quanto contatti stretti di pazienti con accertata infezione da SARS-CoV-2 – devono rimanere a casa per 14 giorni dall’ultima volta che sono stati a contatto con il caso positivo, senza dover eseguire un tampone, oppure per 10 giorni dall’ultima esposizione, effettuando però il decimo giorno un test antigenico o un tampone che risulti negativo. Conclusa la quarantena, se non sono comparsi sintomi, la persona può ritornare in comunità.

In caso vi siano sintomi occorre contattare il proprio medico di medicina generale (o il pediatra in caso di minori) che valuterà la prescrizione del tampone. A seconda dell’esito del tampone si seguiranno due strade: se il tampone è positivo, significa che non si è più “solo” un contatto diretto, ma si è soggetti positivi e dunque bisogna seguire le indicazioni dell’isolamento domiciliare. Se il tampone è negativo, si prosegue con la quarantena fino al suo termine.

E se il tampone risultasse positivo a lungo?

I pazienti che pur non presentando più sintomi continuino a risultare positivi al tampone, trascorsa almeno una settimana senza sintomi (senza tenere conto della perdita e alterazione del gusto e dell’olfatto che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione) possono interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi, salvo diverse indicazioni delle autorità sanitarie competenti. Anche se il tampone risulta positivo dopo il ventesimo giorno, infatti, il soggetto può tornare in comunità perché non rappresenta più un rischio infettivo per gli altri.

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