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Ipertrofia prostatica benigna, quando ricorrere all’intervento?

L’ipertrofia prostatica benigna è un problema che, con l’avanzare degli anni, riguarda la maggioranza degli uomini. Come si cura? Ne parliamo con il professor Giorgio Guazzoni, responsabile di Urologia in Humanitas.

“La presenza di questo disturbo rappresenta una difficoltà nella qualità di vita degli uomini. Si tratta dell’aumento di volume della prostata, che comporta anche una difficoltà a svuotare o a cercare di svuotare la vescica”.

Dalla terapia medica all’intervento

“Occorre dunque individuare la terapia medica che aiuti ad alleviare i sintomi, laddove questa non sia più necessaria o sufficiente possono essere eventualmente proposti interventi di tipo disostruttivo, che permettono al paziente di urinare meglio. Oggi gli interventi vengono condotti per via trans-uretrale e dunque attraverso l’uretra. Il paziente viene sottoposto ad anestesia loco-regionale e dunque resta sveglio nel corso dell’operazione ma privo di sensibilità dall’ombelico in giù”, spiega il professor Guazzoni.

Quali sono i vantaggi dell’intervento?

“Si tratta di un intervento di minima aggressività che può migliorare in maniera evidente la qualità di vita del paziente. All’eventuale intervento, con qualsiasi tecnica venga condotto, correliamo una sola sequela (e dunque non una complicanza) che è l’eiaculazione retrograda, ovvero durante l’orgasmo il liquido seminale non esce dall’uretra ma cade in vescica.

Grazie all’intervento il paziente non si troverà a dover andare in pronto soccorso a mettere un catetere perché non riesce a urinare, così come non correrà il rischio di trovarsi in età avanzata, non più candidabile a chirurgia, costretto a utilizzare sempre il catetere per urinare”, conclude il professor Guazzoni.

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