L’insufficienza renale, oltre ad essere una problematica sanitaria a livello globale, rappresenta anche una delle comorbidità più importanti per i nostri malati oncologici, sia in termini di frequenza che in termini di complicanze ad essa legate.
Dott. Simonelli, quali sono i pericoli connessi alla condizione di insufficienza renale in un malato di cancro?
Per i malati oncologici l’insufficienza renale rappresenta un fattore prognostico sfavorevole, causando complicanze che vanno a coinvolgere tutti gli apparati del nostro organismo e conseguenze spesso invalidanti. Data la funzione escretrice del rene, un suo malfunzionamento può inoltre compromettere la fattibilità dei trattamenti antitumorali, determinando un aumento di tutte le tossicità. Basti pensare infatti che all’incirca la metà dei farmaci somministrati viene eliminato per via renale e molti farmaci posseggono una nefrotossicità intrinseca. Anche i nuovi farmaci biologici possono causare danni al rene, perché non sono selettivi e vanno ad agire contro bersagli molecolari normalmente espressi anche a livello renale.
Cosa è possibile fare per limitarli?
Storicamente valutiamo la funzionalità renale dei nostri pazienti tramite i valori della creatinina sierica, che in realtà presenta delle importanti limitazioni come indice di funzionalità renale. Esistono formule matematiche che, combinando variamente i valori di creatinina sierica con le caratteristiche di sesso, età, superfice corporea e razza, ci danno una stima attendibile del filtrato glomerulare, che rappresenta l’indice di funzionalità renale più preciso e affidabile.
Recentemente, un grosso studio osservazionale francese ha dimostrato come, utilizzando la stima del filtrato glomerulare, la reale prevalenza dell’insufficienza renale dei pazienti oncologici fosse superiore al 50%.
Per tali motivi, prima di somministrare i nostri trattamenti farmacologici dobbiamo calcolare la funzionalità renale di ciascun paziente utilizzando queste formule, applicare tutte le strategie preventive del danno renale di cui disponiamo, e ridurre le dosi secondo le linee guida.
Una maggiore attenzione a questo problema è sufficiente?
Il paziente oncologico si presenta sempre più frequentemente con comorbidità multiple, che dobbiamo tenere in massima considerazione nella gestione complessiva del suo percorso terapeutico. Risulta pertanto fondamentale la collaborazione con i diversi specialisti che collaborano all’interno di team multidisciplinari, in modo da valutare il paziente nella sua complessità, minimizzando i rischi e le tosscità dei trattamenti farmacologici antitumorali e massimizzandone l’efficacia.
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