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Instabilità e vertigine, come distinguerli?

La famiglia dei disturbi dell’equilibrio è costituita da una variegata moltitudine di alterazioni che possono colpire i diversi centri preposti al controllo della stazione eretta e della deambulazione. Questi disturbi possono manifestarsi in maniera molto diversa a seconda della causa che li ha generati. II termine “vertigine” è quello che più spesso viene utilizzato per descrivere uno stato di disequilibrio. Occorre però fare attenzione nell’utilizzo di questo che termine di cui spesso si abusa e bisogna distinguere tra la vertigine vera e propria e l’instabilità. Proviamo a fare chiarezza con il contributo del dottor Stefano Miceli, otorinolaringoiatra di Humanitas.

Cosa si intende per instabilità?

 Per instabilità si intende quella sensazione di equilibrio precario che colpisce un soggetto mentre si trova in piedi fermo oppure sta camminando. Questa sensazione viene descritta da chi la prova con come se camminasse su un materasso o fosse a bordo di una barca. L’instabilità può avere diverse cause tra cui disfunzioni delle vie vestibolari del Sistema Nervoso Centrale che governano il nostro senso dell’equilibrio, come tronco encefalico e cervelletto, alterazioni della propriocezione dovuti a disturbi muscolari o articolari, disturbi della vista, malattie sistemiche multi distrettuali (es. vasculopatie, diabete).

Che cos’è la vertigine?

La vertigine propriamente detta è una sensazione di rotazione dell’ambiente circostante intorno al proprio corpo. Il soggetto che ne è colpito ha la sensazione che ciò che lo circonda si muova in senso rotatorio, come su una giostra. La vertigine vera e propria è legata a un deficit mono o bilaterale dell’organo dell’equilibrio posto nell’orecchio interno chiamato labirinto da cui deriva il termine nazionalpopolare di “labirintite” spesso usato in maniera superficiale per descrivere un disturbo vertiginoso. Esistono diversi tipi di “labirintiti” che variano per durata della vertigine, condizioni scatenanti, sintomi associati. Sicuramente la forma più frequente di “labirintite” è la vertigine parossistica posizionale.

La vertigine parossistica posizionale

Si tratta della tipologia di vertigine più comune, scatenata da alcuni movimenti della testa come ad esempio alzarsi e sdraiarsi nel letto, girarsi a letto, piegarsi per prendere qualcosa da terra o guardare in alto; in genere dura pochi secondi ed è associata a nausea, vomito o sudorazione.

Quali sono le cause delle vertigine parossistica posizionale?

Anche se non si conoscono ancora le cause, spiega il dottor Miceli, è noto “il meccanismo che provoca la comparsa di questa vertigine, detto canalolitiasi o cupololitiasi. Alla base di questo meccanismo si trova il distacco di piccoli cristalli di carbonato di calcio normalmente presenti nell’orecchio interno e più precisamente nell’utricolo, chiamati otoliti che, formando un piccolo ammasso, stimolano in maniera abnorme il recettore del canale semicircolare coinvolto. La vertigine parossistica posizionale compare quando in risposta a un preciso movimento della testa questa massa (bolo) di otoliti stimola in maniera scorretta uno dei canali semicircolari alterandone il corretto funzionamento e dando così origine alla sensazione vertiginosa”.

Come si effettua la diagnosi di vertigine parossistica posizionale?

La diagnosi di vertigine parossistica posizionale viene effettuata nel corso di una visita specialistica otorinolaringoiatrica e si avvale dell’anamnesi e dell’esame vestibolare. Nel momento dell’anamnesi lo specialista ricostruisce la storia clinica del paziente e si informa circa le caratteristiche della vertigine, ottenendo indicazioni circa la durata, i fattori scatenanti ed eventuali sintomi associati. L’esame vestibolare invece prevede l’esecuzione di alcune manovre diagnostiche, che consistono in una serie di determinati movimenti della testa rispetto al corpo, che il paziente è invitato a compiere. Questo consente allo specialista di esaminare la funzione labirintica e valutare la presenza di un particolare movimento riflesso degli occhi chiamato nistagmo, espressione di un deficit labirintico. In base alle caratteristiche del nistagmo l’otorinolaringoiatra è possibile fare “topodiagnosi” cioè individuare la sede precisa del bolo otolitico all’intervento del labirinto.

Come si cura la vertigine parossistica posizionale?

Come spiega il dottor Miceli, “la terapia della vertigine parossistica posizionale si avvale esclusivamente delle cosiddette manovre liberatorie, che consistono nel far compiere al paziente – con l’aiuto del medico – determinati movimenti della testa, al fine di rimuovere dal canale semicircolare coinvolto l’aggregato otolitico. Spesso è sufficiente una sola manovra liberatoria per risolvere la situazione, altre volte invece è necessario ripeterla più volte”.

In genere questo tipo di vertigine passa in qualche giorno o al massimo qualche settimana; sono rari i casi in cui il disturbo dura più a lungo. Se così fosse, il paziente sarà invitato a eseguire a casa alcuni esercizi il cui obiettivo è duplice: favorire la dispersione degli otoliti residui e promuovere un meccanismo di faticabilità, che riduce l’intensità della vertigine.

“Bisogna infine ricordare che nello stesso soggetto possono verificarsi più episodi di vertigine parossistica posizionale nell’arco della vita. In questi casi è consigliabile rivolgersi a un centro di Vestibologia, branca dell’Otorinolaringoiatria che studia le vertigini e i disturbi dell’equilibrio”, conclude il dottor Miceli.

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