L’infarto miocardico e l’arresto cardiaco sono due gravi condizioni cardiovascolari che richiedono trattamento immediato. Sebbene talvolta siano utilizzati nel parlare comune come sinonimi, rappresentano due eventi molto diversi, e non vanno confusi fra loro.
L’infarto miocardico, comunemente detto “attacco cardiaco”, avviene quando il flusso di sangue a una parte del cuore si blocca. Questo accade a causa della rottura di placche di colesterolo nelle arterie coronarie, i vasi che portano ossigeno al cuore. L’ostruzione che ne deriva provoca una mancanza di ossigeno nel muscolo cardiaco, causando danni irreversibili al tessuto (necrosi). Durante un infarto si rimane solitamente coscienti e il tempestivo trattamento mediante angioplastica permette di evitare le complicanze e ridurre l’estensione del danno miocardico.
L’arresto cardiaco, invece, è un evento improvviso in cui il cuore smette di pompare sangue in tutto il corpo. Questo può essere causato da gravi aritmie (alterazioni del battito cardiaco) o da ostacoli meccanici che impediscono il corretto funzionamento del cuore. Ne consegue una perdita immediata di coscienza e il blocco della respirazione. L’arresto cardiaco è un’emergenza che richiede un intervento immediato mediante manovre di rianimazione, che comprendono il massaggio cardiaco, l’utilizzo di farmaci iniettabili e il ricorso al defibrillatore. Solo attraverso un tempestivo intervento è possibile evitare danni permanenti agli organi vitali e la morte del paziente.
Sebbene queste due condizioni possano essere fra loro collegate, ciò non è sempre vero. Infatti nonostante l’arresto cardiaco possa essere causato da un infarto, non tutti gli arresti cardiaci sono determinati da un infarto miocardico e non tutti gli infarti culminano in un arresto cardiaco.
Quali sono i sintomi dell’infarto e come lo si può riconoscere? Ne parliamo con il dottor Davide Romagnolo, cardiologo presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano e gli ambulatori Humanitas Medical Care.
Chi è più a rischio di infarto?
Diversi fattori, suddivisi in modificabili e non modificabili, aumentano il rischio di aterosclerosi e infarto.
Fattori di rischio non modificabili:
- Età avanzata
- Sesso maschile
- Familiarità
- Etnia.
Fattori di rischio modificabili:
- Fumo
- Ipertensione arteriosa
- Alti livelli di colesterolo LDL
- Alti livelli di trigliceridi
- Diabete
- Obesità
- Sindrome metabolica
- Sedentarietà
- Stress fisico e psicosociale
- Inquinamento ambientale
- Uso di sostanze stupefacenti.
Inoltre, svariate condizioni cliniche possono associarsi a un aumentato rischio di infarto: insufficienza renale, chemioterapia, apnee notturne, disturbi mentali, malattie infiammatorie croniche quali artrite reumatoide e psoriasi.
I sintomi dell’infarto
I sintomi dell’infarto sono estremamente variabili da persona a persona e possono presentarsi con modalità e intensità diverse. Il sintomo più tipico è un senso di peso e oppressione al petto, spesso descritto come una “morsa”, che dura per più di dieci minuti. Talvolta il disturbo può irradiarsi anche a spalle, braccia, collo, mascella e schiena. Altri sintomi, meno comuni, comprendono:
- Nausea, peso allo stomaco e dolore addominale, spesso confusi con una cattiva digestione.
- Fiato corto e stanchezza improvvisa.
- Sudorazione fredda, malessere, vertigini o stordimento.
Tuttavia, non gli infarti si presentano con sintomi evidenti: in alcuni casi, soprattutto nei diabetici, l’infarto può essere “silente”, mentre in altre situazioni il primo sintomo può essere l’arresto cardiaco.
Come riconoscere e trattare un infarto
Riconoscere tempestivamente un infarto è cruciale per salvare vite. I sintomi menzionati vanno colti come importanti segnali di allerta e non devono essere mai sottovalutati. In tutti questi casi, occorre agire rapidamente chiamando il 112.
Il medico porrà la diagnosi definitiva di infarto valutando più parametri:
- sintomi e segni clinici;
- esami del sangue: ricerca di troponina ed altri marcatori di danno cardiaco;
- elettrocardiogramma (ECG): rileva alterazioni dell’attività elettrica del cuore;
- ecocardiogramma: rileva alterazioni della contrattilità cardiaca.
Infine, la coronarografia urgente, eseguita in sala di emodinamica, permette di individuare la sede dell’ostruzione e trattarla mediante angioplastica. Solo in casi selezionati, in cui non sia immediatamente disponibile o raggiungibile un laboratorio di emodinamica, dei farmaci fibrinolitici possono essere utilizzati per sciogliere il coagulo che ostruisce le coronarie. Tuttavia, anche in questo caso, l’angioplastica sarà poi necessaria per evitare recidive.
Dopo il trattamento, i pazienti vengono monitorati nell’unità di terapia intensiva coronarica (UTIC), al fine di riconoscere e trattare tempestivamente eventuali complicanze legate all’infarto. In questa fase vengono avviate terapie farmacologiche per ridurre il rischio di nuovi episodi, con farmaci che prevengono la formazione di nuovi coaguli (antiaggreganti), riducono i livelli di colesterolo nel sangue (statine), limitano l’estensione della cicatrice cardiaca e le aritmie associate (beta-bloccanti e ACE-inibitori).
Come prevenire un infarto
Prendersi cura del cuore è una scelta quotidiana. Adottare uno stile di vita è il primo passo per prevenire l’infarto cardiaco, attraverso il controllo dei fattori di rischio modificabili:
- Seguire una dieta equilibrata, privilegiando frutta, verdura, cereali integrali e grassi sani.
- Fare esercizio fisico regolarmente: camminare, correre o nuotare aiuta a mantenere il cuore in salute.
- Evitare il fumo e cercare supporto per smettere, se necessario.
- Tenere sotto controllo i valori di pressione, colesterolo e glicemia.
- Gestire lo stress con tecniche di rilassamento come yoga, meditazione o attività ricreative.
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