Una Giornata contro l’ictus: dopo il 13 maggio in Europa, il 18 maggio in Italia le parole chiave saranno tempestività ed efficacia della cura. Obiettivo dell’iniziativa, favorire una maggiore informazione sulla malattia. L’ictus, infatti, è una patologia seria causata dall’improvvisa chiusura o rottura di un vaso cerebrale e dal conseguente danno alle cellule cerebrali. In Italia l’ictus rappresenta la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie e la prima causa assoluta di disabilità. Ma, rispetto al passato, oggi è possibile fare molto nelle prime fasi della patologia. Il ricovero immediato in centri specializzati (le Stroke Unit) consente di ricevere l’assistenza appropriata e immediata e di beneficiare, se indicato, di un farmaco che, se somministrato entro 3 ore dall’inizio dei sintomi, è in grado di ridurre la mortalità e le conseguenze invalidanti dell’ictus. La Stroke Unit è una struttura di degenza dedicata all’ictus in cui operano diversi specialisti (medici, fisioterapisti e personale infermieristico) che sanno trattare correttamente questa problematica e che conoscono l’importanza del “fattore tempo”. E’ come l’unità coronarica per il cuore. E, proprio come è successo per l’infarto grazie all’istituzione di queste unità, anche le Stroke Unit sono destinate ad abbassare la mortalità per i casi di ictus. Cosa si deve fare allora in caso di sospetto di ictus? Chiamare il 118 e chiedere di essere portati in una Stroke Unit: questo, infatti, è il mezzo più veloce per raggiungerla. Nel prossimo futuro, addirittura, il 118 sarà collegato ad un registro chiamato SUN Lombardia per cui potrà verificare in tempo reale in quale Stroke Unit c’è disponibilità per non perdere minuti preziosi. Ma come si può riconoscere un ictus? E quali sono le problematiche e le principali novità su questo tema? Ne abbiamo parlato con il dott. Giuseppe Micieli, specialista di Neurologia d’Urgenza e Stroke Unit.
Dottor Micieli, come si riconosce un ictus?
“Non è semplice riconoscere i sintomi di un ictus per un non addetto ai lavori e, proprio per questo, spesso non ci si allerta immediatamente. I campanelli di allarme di fronte ai quali non si deve perdere tempo sono un mal di testa violentissimo, una improvvisa difficoltà a parlare, una bocca che si storta o un braccio che non si riesce più a sollevare. In questi casi è inutile consultarsi tra familiari. E’ fondamentale chiamare il 118 e farsi portare in una struttura specializzata per la diagnosi precoce, la cura e il trattamento dell’ictus, ovvero in una Stroke Unit”.
Il fattore tempo è così importante?
“Il fattore tempo è fondamentale per ridurre la mortalità e l’invalidità permanente. In particolare, chi è colpito da ictus dovrebbe arrivare in una Stroke Unit entro 3 ore dall’inizio dei sintomi. Durante questo periodo di tempo, infatti, si può somministrare la trombolisi, un farmaco approvato dall’Emea (l’Ente europeo che controlla i farmaci) nel 2002, che scioglie i trombi (il 75 per cento degli ictus, infatti, è causato da un coagulo di sangue che chiude le arterie, proprio come avviene nell’infarto del miocardio). Ancora molte persone, però, arrivano tardi. In una Stroke Unit all’avanguardia, comunque, si è in grado di trattare anche chi arriva dopo questo periodo di tempo o i casi in cui la trombolisi non è somministrabile perché più complessi tramite un intervento intra-arterioso, in grado di far dilatare la placca o rimuovere il trombo. Ma solo le strutture specializzate e all’avanguardia, che trattano ictus in modo organizzato, sono in grado di procedere in modo tempestivo ed efficace”.
Che cosa “offre” una Stroke Unit?
“Una Stroke Unit all’avanguardia deve poter garantire una valida, tempestiva ed efficiente organizzazione interna per la gestione dell’ictus eseguendo una diagnosi precoce e mettendo in atto il trattamento migliore per la sua cura, ma anche un percorso riabilitativo efficace dopo la malattia. I trattamenti devono essere i più avanzati e mirati non solo dal punto di vista fisico, ma anche psicologico”.
Sotto questo aspetto in Humanitas, per esempio, la Fondazione Humanitas, grazie anche all’aiuto dei suoi numerosi volontari specializzati, si occupa di seguire la persona e di assisterla nel suo percorso affiancando i familiari, informandoli e formandoli nella conoscenza della malattia e delle varie tappe riabilitative. La Fondazione mette anche a disposizione un numero verde (800 27 16 01), al quale porre tutti propri dubbi e domande. Infine, dei gruppi di mutuo-auto-aiuto per i malati e per i familiari, che rispetto ai programmi di sostegno più tradizionali – guidati da medici, psicologi e assistenti sociali – permettono di creare fra i partecipanti una dimensione paritetica e di appartenenza, riconosciuta e accettata attraverso la reale condivisione di esperienze simili.
Nel futuro il 118 sarà parte integrante delle Stroke Unit?
“Il progetto è più ampio. Innanzitutto in Lombardia è stato attivato un registro, chiamato SUN Lombardia, che rappresenta un network di Stroke Unit in cui viene registrata la popolazione che afferisce a questi centri, il trattamento che viene eseguito e in quanto tempo, al fine di monitorare e migliorare sempre più il processo di cura. Grazie a questo network, che verrà collegato al 118, gli operatori saranno in grado di conoscere in tempo reale in quali centri vi sono letti disponibili per non perdere minuti preziosi. L’obiettivo è accelerare al massimo l’arrivo nella Stroke Unit dall’inizio dei sintomi. Si tratta di una esperienza unica in Italia”.
A cura di Lucrezia Zaccaria
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