Le fratture da stress derivano da microtraumi ripetuti e non sono causate da un singolo evento traumatico. La ripetizione di movimenti quotidiani, come camminare, correre o saltare, può favorire l’insorgere di microfratture, solitamente localizzate negli arti inferiori, a livello del piede (soprattutto le ossa metatarsali), della tibia e del collo del femore.
Tali fratture provocano dolore e limitazione funzionale, ma non sono facilmente rilevabili tramite radiografie, rendendone complessa la diagnosi. Tra gli atleti (o aspiranti tali), in particolare coloro che tendono a sottovalutare i propri limiti fisici, queste fratture sono molto più comuni di quanto si immagini. Qual è il trattamento adeguato?
Ne parliamo con il dottor Lorenzo Di Mento, responsabile dell’Unità Operativa di Traumatologia dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.
Le cause delle fratture da stress nello sport
Le fratture da stress sono spesso il risultato di un’attività fisica continua e ripetitiva, come quella praticata dai marciatori, dai corridori o dai saltatori, che eseguono il gesto tecnico fino all’esaurimento. Anche i ballerini classici, particolarmente quelli che lavorano intensamente sulle punte, sono esposti a un rischio maggiore, poiché lo stress si concentra in modo significativo sulle ossa metatarsali.
Le persone più soggette a queste fratture sono quelle che non hanno un’adeguata preparazione fisica e superano i propri limiti senza un aumento graduale dell’intensità dello sforzo. Ad esempio una persona che corre solo occasionalmente e improvvisamente decide di correre 10 km al giorno, è a rischio elevato. Altri fattori che possono contribuire sono un insufficiente apporto metabolico o bassi livelli di vitamina D. Anche l’uso di calzature inappropriate può facilitare l’insorgenza di una frattura da stress.
Come curare le fratture da stress?
Si tratta di un infortunio difficile da individuare poiché, all’inizio, provoca solo dolore senza altri sintomi evidenti. Una persona potrebbe non rendersi conto della frattura; spesso, esegue una radiografia che non rileva nulla, poiché nelle prime fasi non emergono segni radiografici. Solo dopo alcune settimane può comparire la linea di frattura, o addirittura mesi dopo, quando si forma il callo osseo, segnale di avvenuta guarigione. È compito dell’ortopedico sospettare una frattura da stress e prescrivere un esame di secondo livello, come la risonanza magnetica, per confermare la diagnosi.
Il trattamento include il riposo funzionale e l’eliminazione della causa del sovraccarico, oppure l’immobilizzazione della zona interessata con un tutore o un gesso, associata a terapie fisiche come le onde d’urto. L’intervento chirurgico è necessario solo in casi rari.
La frattura da stress è un segnale che indica la necessità di apportare cambiamenti: il rischio di recidiva è legato direttamente alle abitudini che l’hanno provocata. Se, dopo aver subito una frattura da stress, si torna a praticare le stesse attività senza modificare il proprio comportamento e senza rispettare le esigenze funzionali del corpo, il rischio di recidiva aumenta notevolmente. Lo stesso vale per eventuali carenze metaboliche: se non si corregge una carenza di vitamina D, il rischio di sviluppare un’altra frattura da stress rimane elevato.
La visita ortopedica del piede è una visita specialistica utile a verificare la presenza di eventuali fratture a carico di questa parte dello scheletro.
La visita ortopedica della caviglia viene eseguita per valutare possibili fratture dell’articolazione, a seguito di traumi o se il paziente lamenta sintomi riconducibili a patologie sospette.
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