L’articolazione del ginocchio è composta da tre ossa: femore, tibia e rotula. Quest’ultima, a causa della sua collocazione, è quella che corre un maggior rischio di frattura in caso di trauma. Un infortunio serio che può limitare se non impedire i movimenti.
Che caratteristiche ha la frattura della rotula e come si interviene in sua presenza? Ne parliamo con il dottor Andrea Bruno, ortopedico e traumatologo di Humanitas.
La rotula può fratturarsi in caso di caduta sulla parte anteriore del ginocchio, magari piegato, come può capitare mentre si fanno le scale; un altro esempio è quello del cosiddetto trauma da cruscotto, quando durante un incidente stradale il guidatore sbatte il ginocchio piegato contro la struttura interna dell’auto, fratturando così la rotula.
Come si effettua la diagnosi?
La radiografia è l’esame che consente di diagnosticare la frattura della rotula e identificarne le caratteristiche.
La frattura può essere trasversale, con una linea che scorre orizzontalmente sulla parte anteriore dell’osso; comminuta, ovvero pluriframmentaria, come fosse una stella, con un punto centrale d’impatto e le rime di frattura che vi si irradiano sulla superficie; longitudinale, che però si verifica più raramente.
La frattura poi può essere composta, quando i frammenti ossei restano in contatto o si presentano distanziati di uno-due millimetri, oppure scomposta, quando il contatto tra i frammenti ossei si perde.
La frattura inoltre può presentarsi con una lesione cutanea, la presenza di gonfiore e un significativo versamento di sangue all’interno.
L’intervento chirurgico
Alla luce dei risultati della radiografia, si decide come procedere in termini di trattamento.
“In genere, si interviene con la chirurgia, in particolare quando la frattura della rotula è completa e dunque interessa tutto lo spessore dell’osso. Occorre sottolineare che alla rotula si congiungono i tendini rotuleo e quadricipitale, che compongono l’apparato estensore del ginocchio. Questo porta in alto il frammento osseo prossimale mentre quello distale resta fissato alla tibia grazie al legamento rotuleo. Da qui deriva l’incapacità del soggetto a mantenere la posizione eretta”, sottolinea il dottor Bruno.
L’intervento chirurgico è indicato per le fratture scomposte, che sono le più frequenti, mentre se la frattura è composta si può ricorrere a un intervento conservativo con gesso: questo servirà a mantenere il contatto dei frammenti ossei durante la guarigione.
“I traumi da incidente automobilistico, in particolare, possono determinare anche la lesione dei legamenti, soprattutto dei legamenti crociati. Tuttavia queste lesioni verranno trattate in un secondo momento perché la guarigione della frattura rotulea rappresenta la priorità”, sottolinea lo specialista.
Il percorso riabilitativo
Una volta che la frattura è guarita, sarà necessario definire un percorso riabilitativo al fine di consentire al paziente il recupero della mobilità articolare, il rinforzo muscolare (che potrebbe essere stato pregiudicato dall’immobilità forzata) e la riduzione della rigidità articolare.
Dopo l’intervento o il trattamento con il gesso, il medico farà in modo che il paziente possa con gradualità poggiare il peso corporeo sulla gamba interessata dalla frattura. “Saranno necessari almeno due/tre mesi per poter tornare alle attività quotidiane, per esempio per ricominciare a fare attività fisica”, precisa il dottor Bruno.
Alla frattura della rotula possono anche associarsi alcune complicanze: “Potrà svilupparsi una forma di artrosi post-traumatica per l’interessamento della cartilagine femoro-rotulea, soprattutto se la frattura è pluriframmentaria. Inoltre, il paziente potrà andare incontro a una forma di dolore e infiammazione cronica, a rigidità, e avvertire scrosci articolari”, conclude il dottor Bruno.
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