Secondo nuovi studi i pazienti con epilessia possono guarire e dunque questa patologia avrebbe possibilità di remissione. Un riconoscimento importante per il quale si sta battendo AICE, Associazione Italiana contro l’Epilessia, che lo scorso 13 febbraio, in occasione della Giornata mondiale per l’epilessia, ha inviato una lettera alla commissione Affari sociali della Camera con la richiesta che venga riconosciuta la guarigione da epilessia.
Una battaglia importante, secondo l’Associazione, anche considerati i molti pregiudizi di cui sono vittima i pazienti epilettici. Ne parliamo con il professor Alberto Albanese, Responsabile della Neurologia in Humanitas.
Lo stigma nei confronti dell’epilessia
L’epilessia viene spesso confusa con il ritardo mentale e i pazienti che ne soffrono sono vittime di discriminazione. “Questo percepito sociale in medicina viene chiamato stigma. Ci sono delle malattie come l’epilessia, il Parkinson o la sclerosi multipla che sono caratterizzate da un forte stigma. In molti casi di ritardo mentale ci può essere l’epilessia, ma non è vero l’inverso, ovvero frequentemente l’epilessia si associa al ritardo mentale, ma non necessariamente il ritardo mentale è associato alle epilessie. Questo collegamento viene fatto semplicemente perché quando c’è un ritardo mentale il cervello si sviluppa in maniera imperfetta, il che può dare origine a delle crisi epilettiche; quindi nel percepito delle persone c’è uno stigma dell’epilessia”, spiega il prof. Albanese.
Che cos’è l’epilessia?
L’epilessia è un sintomo neurologico tra i più frequenti, con 65 milioni di casi nel mondo, di cui cinquecentomila in Italia. L’esordio avviene in genere nella prima infanzia o nell’età adulta e la malattia si caratterizza per la comparsa di attività elettrica parossistica nel sistema nervoso cerebrale. La manifestazione più eclatante è la crisi epilettica, che può manifestarsi con una temporanea assenza del paziente, che appare perso nel vuoto, o anche con violente scosse convulsive. Per affermare la diagnosi di epilessia come malattia occorre documentare almeno due attacchi epilettici.
Quando si guarisce?
Oggi si considera guarito il soggetto che non è vittima di crisi epilettiche da almeno dieci anni. Succede però, di osservare ricadute in pazienti che siano stati già considerati guariti. Pertanto, è opportuno prestare molta attenzione prima di sospendere le terapie antiepilettiche ed è consigliabile che siano gli specialisti a certificare la guarigione.
Spiega il professor Albanese: “Di epilessia ci sono tanti tipi e tante forme. È una malattia curabile e che può guarire. In generale si può considerare una soglia standard di dieci anni senza crisi per ritenere un paziente guarito. L’ideale resta però considerare ogni specifico caso, per valutare se sia consigliabile o meno prendere in considerazione la riduzione o la sospensione della terapia antiepilettica”.
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