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Epatocarcinoma: un tumore aggressivo da tenere sotto controllo

L’epatocarcinoma è il più frequente tumore primitivo del fegato e il sesto per incidenza a livello globale. Nonostante i progressi della Ricerca medica i casi di epatocarcinoma sono tuttora in aumento e rappresentano la seconda causa di morte per neoplasia in tutto il mondo. L’epatocarcinoma è un tumore aggressivo, difficile da diagnosticare perché nei primi stadi resta silente e di prognosi spesso incerta. Ne parliamo con la professoressa Lorenza Rimassa, Vice Responsabile di Oncologia Medica di Humanitas e docente di Humanitas University.

Epatocarcinoma: cos’è e come si riconosce?

L’epatocarcinoma è un tumore causato da uno sviluppo incontrollato delle cellule dei tessuti del fegato, spesso già affetto da cirrosi. I principali fattori di rischio, dunque, sono rappresentati sia dall’abuso di alcol sia da patologie come l’epatite B, l’epatite C e la sindrome metabolica. Per questo motivo, oltre a limitare il consumo di alcolici, viene raccomandato a tutti i pazienti che hanno sviluppato una forma di epatite di sottoporsi a controlli epatologici frequenti, per monitorare l’andamento dell’infezione, trattarla e diagnosticare precocemente l’eventuale sviluppo di epatocarcinoma.

Tra i sintomi dell’epatocarcinoma si possono riconoscere affaticamento, perdita di peso, assenza di appetito, ittero, dolore addominale e ritenzione dei liquidi. Tuttavia questi sintomi vengono spesso avvertiti quando il tumore è in fase avanzata: questo aspetto può provocare un ritardo nei controlli e, conseguentemente, nella diagnosi. L’importanza che i pazienti nella fascia di rischio si sottopongano a regolari controlli deriva proprio da questo aspetto: è fondamentale agire tempestivamente sull’epatocarcinoma, quando è ancora in una fase iniziale. Se, infatti, si interviene immediatamente, quando il tumore non è molto esteso e il fegato mantiene le sue funzioni, la chirurgia ha buoni margini di cura. Se, invece, la diagnosi è tardiva e le funzioni del fegato sono ormai compromesse, la prognosi è infausta.

Dalla chirurgia al trapianto alla terapia sistemica: le possibili terapie

Quando l’epatocarcinoma è in stadio avanzato o le funzioni del fegato sono ormai compromesse (per esempio in caso di una cirrosi molto aggressiva), quella della chirurgia non è una strada percorribile. In questi casi una delle possibilità a cui ricorrere è il trapianto di fegato, ma si tratta di un’operazione complessa, dagli esiti incerti e con una scarsa disponibilità di donatori. Per questo di solito il trapianto viene effettuato solamente su quei pazienti la cui storia clinica assicura un’alta possibilità di esito benigno. 

Vi sono altre terapie a disposizione, come l’ablazione, con radiofrequenza o microonde, efficace  nel caso di tumori di piccole dimensioni. In caso di tumori più estesi, invece, lo specialista potrebbe ricorrere alla chemioembolizzazione epatica (TACE), una terapia somministrata direttamente nel fegato tramite un accesso vascolare. 

Quando l’epatocarcinoma è in stadio avanzato vi è invece indicazione alla terapia medica sistemica, cioè farmaci somministrati per via endovenosa (immunoterapia / anticorpi monoclonali) o per via orale (inibitori multichinasici), che ha la finalità di controllare l’evoluzione della malattia. A differenza di molti altri tumori, nel caso dell’epatocarcinoma la chemioterapia non è consigliata, sia per l’assenza di efficacia, sia per gli effetti collaterali a livello del fegato.

L’epatocarcinoma, dunque, è una patologia complessa che nella maggior parte dei casi si sviluppa su una malattia epatica pre-esistente e per questo è fondamentale che i pazienti siano seguiti presso i Centri di riferimento e che l’approccio sia multidisciplinare. Diagnosi e trattamento dell’epatocarcinoma necessitano della collaborazione di diversi specialisti, quali epatologi, chirurghi, oncologi, radiologi, radiologi interventisti, radioterapisti. In Humanitas offriamo ai nostri pazienti un team multidisciplinare in grado di gestire il paziente in maniera organica e completa.

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