Chicago e Barcellona hanno di recente ospitato due importanti meeting annuali dedicati all’oncologia. In particolare, dal 20 al 22 settembre scorsi, a Chicago si è svolta la 13a conferenza dell’International Liver Cancer Association (ILCA – Associazione internazionale del tumore del fegato), mentre a Barcellona, dal 27 settembre all’1 ottobre, il congresso ESMO (European Society for Medical Oncology – Società Europea di Oncologia Medica). A entrambi gli appuntamenti ha preso parte Humanitas, con il contributo della professoressa Lorenza Rimassa, vice Responsabile di Oncologia medica e docente di Humanitas University.
In occasione di ILCA, la professoressa Rimassa ha co-moderato una sessione dedicata ai rischi correlati al tumore al fegato, sia in termini di fattori favorenti l’insorgenza dell’epatocarcinoma, sia in termini di effetti collaterali dei trattamenti, in particolare delle terapie mediche dagli stadi iniziali a quelli avanzati.
Nel corso di ESMO invece sono stati presentati due poster sull’epatocarcinoma: uno dedicato a un’analisi esploratoria relativa allo studio CELESTIAL sui biomarcatori del tumore del fegato; l’altro a uno studio internazionale in corso, in cui Humanitas ha un ruolo chiave.
Lo studio CELESTIAL e cabozantinib
Lo studio CELESTIAL è uno studio multicentrico internazionale di fase III che ha coinvolto più di 700 pazienti, al quale Humanitas ha preso parte con un contributo importante, e i cui risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine, una delle più prestigiose riviste scientifiche. Lo studio ha portato alla registrazione di cabozantinib, un nuovo farmaco per il trattamento dell’epatocarcinoma, da parte dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA); farmaco che presto sarà disponibile anche in Italia per i pazienti già trattati con sorafenib, la terapia standard.
Tumore al fegato e biomarcatori
Come spiega la professoressa Rimassa: “Per quanto riguarda la terapia farmacologica, non disponiamo di fattori capaci di dirci se un paziente con epatocarcinoma risponderà a una determinata terapia (fattori predittivi) e disponiamo di pochi fattori capaci di dirci quale sarà l’andamento della malattia (fattori prognostici). Abbiamo dunque presentato un poster con un’analisi esploratoria tratta dallo studio CELESTIAL nella quale abbiamo analizzato 13 marcatori circolanti nel sangue (o legati all’epatocarcinoma o al meccanismo d’azione di cabozantinib) per verificare se potessero o meno essere correlati con l’andamento della malattia e con la risposta al trattamento; l’analisi dei marcatori è stata effettuata sia prima dell’inizio del trattamento con cabozantinib, sia durante il trattamento stesso.
Ne sono emersi tre aspetti significativi:
- I vantaggi legati all’assunzione di cabozantinib – e dunque il miglioramento della sopravvivenza complessiva e della sopravvivenza libera da progressione di malattia – sono indipendenti dai marcatori.
- I livelli di alcuni marcatori sono risultati correlati alla prognosi, ma nessuno è risultato essere predittivo.
- L’assunzione di cabozantinib modifica i valori di alcuni marcatori, ma questo non si traduce in un cambiamento di prognosi.
In conclusione, cabozantinib rimane un farmaco da proporre a tutti i pazienti con epatocarcinoma precedentemente trattati con sorafenib, che siano in buone condizioni generali e che abbiano una buona funzionalità epatica, mentre non possiamo scegliere a chi proporlo alla luce dei biomarcatori”.
Cabozantinib in prima linea con immunoterapia: lo studio in corso in Humanitas
“Visti i risultati ottenuti con lo studio CELESTIAL, si è pensato di portare cabozantinib in prima linea, proponendolo dunque ai pazienti con epatocarcinoma non precedentemente trattati con sorafenib. Humanitas ha un ruolo chiave a livello nazionale e internazionale in questo studio (COSMIC-312) che è iniziato a dicembre 2018.
Nel COSMIC-312, cabozantinib viene affiancato all’immunoterapia (con atezolizumab), al fine di verificare se la combinazione migliori lo standard di trattamento con sorafenib”, ha concluso la specialista.
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