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Dermatite atopica: riconoscerla e curarla

La dermatite atopica, che chiamiamo anche eczema costituzionale, è un’infiammazione cronica o recidivante della pelle, caratterizzata da chiazze rosse e pruriginose. È un disturbo che può determinare un decadimento della qualità della vita, sia per il paziente che per i suoi familiari. Il prurito infatti, spesso molto intenso, può rendere poco ristoratore il sonno notturno, con conseguente irritabilità e riduzione della capacità di concentrazione a scuola e al lavoro. Inoltre, la localizzazione della dermatite in sedi visibili quali il volto e le mani può influire negativamente sulla vita di relazione e sull’autostima, soprattutto nel bambino e nell’adolescente.

Il professor Riccardo Borroni, dell’Unità operativa di Dermatologia in Humanitas e docente di Humanitas University, ci spiega alcune specificità della malattia e le nuove possibilità di cura.

Dermatite atopica: come si riconosce?

Le caratteristiche principali della dermatite atopica sono una cute infiammata, secca e arrossata e un insistente prurito localizzato.
La dermatite atopica è tipica nei bambini, che possono presentarne i segni fin dalla nascita (per esempio con una crosta lattea abbondante) o in cui può insorgere fin dai primi mesi di vita. Si tratta però di una patologia presente anche nei pazienti adulti: in Italia, infatti, colpisce circa il 10% dei maggiorenni.

La dermatite atopica insorge su una pelle caratterizzata da secchezza, in zone come le mani e i piedi, il viso, la piega del gomito e quella del ginocchio, il collo e il torace. Le chiazze eritematose presentano vescicole e poi squame o crosticine e, quando il grattamento è ripetuto, la pelle si può ispessire.

Da cosa può essere causata?

Solo in una minoranza di pazienti affetti da dermatite atopica l’assunzione di determinati alimenti può peggiorare le chiazze eritematose, e il rapporto diretto di causa-effetto tra gli allergeni alimentari e le recidive di questa malattia è raro. Per questo è pressoché inutile, se non potenzialmente dannoso, sottoporre il paziente, soprattutto se in età pediatrica, a diete di eliminazione, che nei pazienti selezionati devono sempre essere condotte sotto la guida di uno specialista esperto e dopo aver eseguito specifici test.

“Le cause della dermatite atopica”, spiega il professor Borroni, “risiedono intrinsecamente nella funzione di barriera dell’epidermide e hanno un’importante base genetica. Per questo è necessario che il paziente si prenda cura quotidianamente di sé con emollienti ed evitando sostanze irritanti, quali saponi o detergenti schiumogeni, e il contatto con la lana”.

Come si cura la dermatite atopica?

“Questi gesti dovrebbero entrare nella quotidianità, perché possono prevenire le recidive, riducendo il ricorso ai farmaci”. In caso di riacutizzazione, nelle forme lievi e localizzate si ricorre a farmaci cortisonici per uso locale, da applicare direttamente sulla zona interessata. Anche il tacrolimus e il pimecrolimus, degli immunomodulatori sempre per uso topico, sono utili, in particolare in sostituzione dei cortisonici, anche per periodi relativamente più lunghi di questi. Nelle forme di dermatite con coinvolgimento di estese superfici cutanee, è da considerare il ricorso alla fototerapia.
Il prurito può essere controllato con degli antistaminici per via orale, con lo scopo sia di interrompere il circolo vizioso che, attraverso il grattamento, causa ulteriore prurito, sia per prevenire le infezioni cutanee, causate dal grattamento stesso e che possono contribuire al peggioramento della dermatite.

Le forme gravi di dermatite atopica possono rendere necessario l’utilizzo di immunosoppressori per uso sistemico, in primis la ciclosporina. La loro assunzione tuttavia non può essere protratta a lungo, per il rischio di effetti collaterali. Nel caso di recidiva dopo la terapia con ciclosporina, o in caso di controindicazioni a questa, è autorizzato per gli adulti il dupilumab, un anticorpo monoclonale che inibisce i principali fattori dell’infiammazione nella dermatite atopica: le interleuchine 4 e 13. Il dupilumab si somministra ogni due settimane tramite iniezioni sottocutanee e, oltre a procurare in molti pazienti benefici dopo poche settimane di trattamento, la sua buona tollerabilità ne rende possibile l’uso continuato nel tempo, in “parallelo” con la cronicità della malattia.

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