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COVID-19: le tre fasi dell’infezione

COVID-19 è la malattia causata dall’infezione del virus SARS-CoV-2: come sappiamo è una condizione complessa e nuova, considerato che fino alla fine del dicembre 2019 il virus era sconosciuto alla comunità scientifica internazionale.

La gestione clinica dei pazienti con COVID-19 ha subito un’evoluzione nel corso dei mesi, grazie alle sempre maggiori conoscenze sul virus, sui sintomi e sull’efficacia delle diverse terapie. A oggi, tuttavia, non esiste una terapia specifica per COVID-19 e il trattamento si basa sui sintomi del paziente tenendo conto del quadro clinico complessivo.

Il Ministero della Salute, nella circolare dal titolo “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2”, ha spiegato che il decorso clinico dell’infezione SARS-CoV-2 può essere descritto in tre fasi.

La fase iniziale dell’infezione da COVID-19

Il virus SARS-CoV-2 entra nell’organismo legandosi all’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2), un enzima coinvolto nella regolazione della pressione sanguigna e che si trova sulle cellule dell’epitelio polmonare dove difende i polmoni dai danni causati da infezioni e infiammazioni. Il virus, legandosi ad ACE2, entra nella cellula e impedisce all’enzima di compiere il proprio ruolo protettivo.

Una volta nelle cellule, SARS-CoV-2 inizia a replicarsi e a livello clinico questa fase si caratterizza, in genere, per malessere, febbre e tosse secca.

Se il sistema immunitario del soggetto colpito dall’infezione riesce a bloccarla, come avviene nella maggior parte dei casi, il decorso della malattia è benigno.

La seconda fase: le alterazioni a livello polmonare

In alcuni casi, COVID-19 può evolvere in una seconda fase che si caratterizza per alterazioni a livello polmonare con polmonite interstiziale, molto spesso bilaterale e dunque con il coinvolgimento di entrambi i polmoni, associata a sintomi respiratori che possono essere inizialmente limitati ma che possono condurre a una progressiva instabilità clinica con insufficienza respiratoria.

La terza fase dell’infezione da COVID-19: la più grave

In un numero limitato di pazienti, il quadro clinico può aggravarsi. La cosiddetta “tempesta citochinica” (ovvero un’azione continua e incontrollata delle citochine, proteine deputate di norma ad avvisare le cellule del sistema immunitario ad attivarsi in difesa dell’organismo, ma che in alcuni casi possono andare fuori controllo) porta a uno stato di eccessiva infiammazione, con conseguenze locali e a livello sistemico (cioè di tutto l’organismo), con il rischio di lesioni polmonari gravi e talvolta permanenti (fibrosi polmonare).

Un quadro clinico che può peggiorare ulteriormente e arrivare a una grave sindrome da distress acuto respiratorio (ARDS) e talvolta a fenomeni di coagulazione intravascolare disseminata, con la formazione di trombi nei piccoli vasi di tutto l’organismo e la potenziale interruzione del normale flusso di sangue.

I cinque stadi clinici di COVID-19

Alla luce di queste tre fasi di malattia e tenuto conto anche dei criteri radiologici, i National Institutes of Health (NIH) statunitensi hanno formulato una classificazione dei 5 stadi clinici di COVID-19.

  1. Infezione asintomatica o pre-sintomatica: vi è una diagnosi di SARS-CoV-2, ma una completa assenza di sintomi (si ricorda che il soggetto è comunque contagioso pur in assenza di sintomi).
  2. Malattia lieve: il paziente presenta sintomi lievi (febbre, tosse, alterazione del gusto, malessere, cefalea, mialgia ovvero dolori muscolari), ma non vi sono né dispnea (difficoltà respiratorie) né alterazioni rilevabili a livello radiologico.
  3. Malattia moderata: il paziente presenta una saturazione – cioè l’ossigenazione del sangue che si rileva con un saturimetro – maggiore o uguale a 94% e vi è evidenza clinica o radiologica di polmonite.
  4. Malattia severa: dove uno dei parametri è la saturazione inferiore al 94%.
  5. Malattia critica: con insufficienza respiratoria, shock settico e/o insufficienza a livello di uno o più organi.

Dai dati disponibili inoltre sappiamo che i pazienti con più di 70 anni di età, chi soffre di alcune patologie (ipertensione arteriosa, fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca, diabete mellito, insufficienza renale, malattia coronarica e patologie respiratorie croniche) e i pazienti immunodepressi (per patologia congenita o acquisita, trapiantati o in trattamento con farmaci immunosoppressori) sviluppano prevalentemente forme gravi di malattia.

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