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Covid-19: come il virus ha cambiato la comunicazione scientifica

“La scienza si basa sul dubbio e Covid-19 ce lo ha ricordato in modo drammatico”.
Con queste parole il professor Alberto Mantovani, immunologo e direttore scientifico di Humanitas, apre il suo intervento per Wired Health, la terza edizione del festival di Wired dedicato a innovazione e salute svoltosi lo scorso 4-5 giugno.
“Bisogna leggere i dati con onestà, per rispettare i pazienti e comunicargli fin dove arrivano le nostre certezze e dove, invece, iniziano i dubbi”.

L’importanza dei dati nella comunicazione medica

“Utilizzare i dati in modo scorretto significa indurre le persone ad avere comportamenti irresponsabili. Per esempio, è stato ripetuto che Covid-19 non era altro che un’influenza, ma i dati dicevano che stava per arrivare uno tsunami. Ed è stato anche sbagliato parlare di patenti di immunità sulla base degli anticorpi perché, in verità, non possiamo sapere se un certo livello di anticorpi dia davvero protezione”, continua il professore.

Ci possono essere diverse spiegazioni possibili anche per quanto riguarda il cambiamento della malattia a cui abbiamo assistito. “I malati sono meno gravi perché arrivano prima e vengono curati meglio, inoltre le infezioni respiratorie con il caldo diminuiscono e creano meno problemi. Io mi auguro che il virus si sia attenuato, ma i dati non ci parlano di un virus che è diventato ‘più gentile’”.

Sequenziamento del virus: a che punto è l’Italia?

“Ci sono a oggi più di cinquemila sequenze complete del genoma virale, ma il contributo dell’Italia, finora, è stato relativamente modesto. Questo scenario molto probabilmente cambierà, perché Fondazione Cariplo in Lombardia ha sostenuto un sequenziamento massiccio: sono stati sequenziati più di cinquecento genomi virali, isolati in diverse aree della regione. Ma è ancora presto per parlarne”, spiega l’immunologo.

Perché questo esercizio è importante?

“Perché ci può permettere di capire cos’è successo. Per esempio, sulla base delle sequenze che abbiamo in banca dati possiamo affermare che, per ora, non ci sono evidenze di mutazioni che rendono il virus più aggressivo.
La parte che ci interessa di più è quella che viene chiamata spike, cioè “l’ancora” con cui il virus, quando entra nel nostro organismo, si attacca alla cellula e che è un bersaglio sia per gli anticorpi, sia per i vaccini. Spike, nel Covid-19, è molto stabile, e questo aspetto è incoraggiante per lo sviluppo di strategie con anticorpi e vaccini”, approfondisce il professor Mantovani.

“L’Italia finora ha contribuito poco perché i finanziamenti pubblici arrivano in ritardo: il sequenziamento di cui parlavo è stato sostenuto da Fondazione Cariplo, quindi una grande charity, senza una valutazione tra pari. È successo analogamente in Cina e in altri paesi: è stata una situazione di ‘ricerca di guerra’. Ci sono situazioni in cui chi ha le responsabilità deve assumersi l’onere di scegliere dei percorsi accorciati”.

È stato necessario superare la peer review, la valutazione tra pari?

“Di fronte all’emergenza è stato necessario modificare il modo in cui comunichiamo la scienza. Le grandi riviste scientifiche sono diventate più veloci e si è amplificata la condivisione online della conoscenza tramite piattaforme open access”, spiega il professore. 

“Per fare degli esempi concreti: è stato fatto l’esercizio di guardare i genomi italiani per capire se ci fosse qualcosa di particolare nella nostra popolazione per quanto riguarda la ‘porta d’entrata’ del virus. E poi sono stati valutati – su un campione di quattromila persone – frequenza e livelli degli anticorpi. Entrambi questi studi sono stati resi disponibili su piattaforme open access, che permettono a chiunque di accedere ai dati e analizzarli. E in parallelo è continuato il lavoro, più lento, di valutazione delle riviste scientifiche. Il digitale”, conclude il professore, “ci ha cambiato”.

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