Il piede piatto è una condizione del piede che si caratterizza per l’appiattimento della volta plantare, ossia quella parte che, naturalmente, non tocca il terreno, e dalla valgo-pronazione del calcagno.
Abitualmente questa conformazione è propria dei bambini piccoli, tra i 10 mesi e i 3-4 anni e inizia a correggersi verso i 6-7 anni, ma in alcuni casi potrebbe permanere oltre l’infanzia e rappresentare un disturbo per l’adulto, con la potenziale insorgenza di patologie a carico di caviglie e ginocchia.
Approfondiamo l’argomento con il professor Nicola Portinaro, Responsabile dell’Unità di Ortopedia pediatrica di Humanitas.
Piede piatto: che cosa comporta?
Il piede piatto è una condizione fisiologica dei bambini molto piccoli, che abitualmente si corregge naturalmente dal punto di vista morfologico e funzionale in fase di crescita. Il piede, infatti, si modifica fino a circa i 14 anni d’età, quindi fino all’inizio dell’adolescenza.
Vi sono tuttavia dei casi in cui questa condizione non si risolve fisiologicamente e diventa, invece, patologica.
Il piede piatto è caratterizzato da una riduzione dell’arco plantare interno, associato alla valgo-pronazione del calcagno, che risulta, invece, più esposto verso l’esterno.
A sua volta, poi, il piede piatto può essere flessibile o rigido. Quando parliamo di piede piatto flessibile intendiamo la condizione più comune, che prevede dei legamenti rilassati ed elastici, che consentono la formazione dell’arco plantare in determinate posizioni (per esempio eretti in punta di piedi). È una tipologia di piede piatto abitualmente asintomatica, ma eventualmente, in particolare in associazione a infiammazioni del tendine tibiale posteriore, potrebbe anche manifestarsi una sintomatologia dolorosa.
Nel piede piatto rigido, invece, è assente l’elasticità dei legamenti e il piede mantiene l’arco plantare piatto a prescindere dalla posizione assunta dal bambino. Si tratta di una condizione spesso determinata da alterazioni ossee congenite, tra cui la più comune è la sinostosi, che si verifica quando due ossa o due parti di osso si saldano.
Piede piatto: quali trattamenti possibili?
Il principale trattamento utilizzato per il piede piatto è rappresentato dai plantari ortopedici. Non si tratta di una terapia volta a curare il disturbo ma a correggere la postura del bambino mantenendo sollevato l’arco plantare, con benefici sul cammino.
Quando, invece, il bambino presenta in associazione al piede piatto anche un accorciamento del tendine di Achille, viene consigliato l’utilizzo di solette rigide che impediscono che le dita del piede si flettano e, di conseguenza, consentono di allungare anche il tendine durante il cammino. L’utilizzo di questi dispositivi può, in determinati casi, venire affiancato anche da un percorso di fisioterapia.
Quando il piede piatto non si associa a una sintomatologia dolorosa è sufficiente che il bambino venga sottoposto a periodici controlli fino a quando il piede si modifica fisiologicamente, dunque intorno ai 13/14 anni. Se dopo questa età il disturbo permane lo specialista ortopedico può ritenere necessario correggere il problema chirurgicamente.
Generalmente il trattamento chirurgico per il piede piatto flessibile prevede la tecnica del calcagno-stop, che prevede l’inserzione di una vite di dimensioni ridotte nell’osso astragalico oppure nel seno del tarso del calcagno, a seconda delle differenti tecniche, in modo da correggere la pronazione del calcagno e, di conseguenza, sollevare l’arco plantare.
Invece, il piede piatto rigido viene corretto tramite la rimozione chirurgica di quelle parti di osso che, per sinostosi, si sono saldate tra loro.
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