Nei pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche dell’intestino – morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa (IBD, inflammatory bowel diseases), che colpiscono più di quattro milioni di persone nel mondo e circa 200mila solo in Italia – i globuli bianchi entrano in modo disordinato nella parete intestinale, scatenando un’infiammazione fuori controllo e causando un danno. Bloccare alcuni di questi globuli bianchi permette di fermare l’infiammazione e quindi la malattia. Partendo da questo presupposto, uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha dimostrato l’efficacia, per la cura delle IBD, di un anticorpo monoclonale (anti-alfa4 beta7) diretto contro le molecole che guidano in modo specifico i globuli bianchi all’intestino e non in altri punti dell’organismo.
Secondo gli specialisti di Humanitas, i globuli bianchi sono cellule del sangue che svolgono un ruolo molto importante all’interno del nostro corpo: sono infatti deputati a pattugliare l’organismo alla ricerca di eventuali agenti patogeni, fronteggiarli e ripararne i danni. Inoltre, contribuiscono a mantenere il corretto equilibrio con i microbi buoni.
La circolazione dei globuli bianchi nell’organismo è regolata da molecole di due diversi tipi. Da una parte le chemochine, “parole dell’immunità”, come vigili urbani guidano i globuli bianchi verso i luoghi che devono raggiungere; dall’altra parte le molecole adesive permettono di riconoscere i vasi dei diversi organi, come fossero codici di avviamento postale. La scoperta delle molecole che guidano il traffico dei globuli bianchi ha portato in una trentina d’anni a sviluppare farmaci in grado di bloccare le molecole adesive.
Lo studio pubblicato su NEJM ha dimostrato che questo anticorpo, che agisce sulle molecole adesive che guidano in modo specifico i globuli bianchi all’intestino e non in altri punti dell’organismo, è attivo ed efficace nelle malattie infiammatorie dell’intestino. E’, dunque, il punto di arrivo di un percorso durato anni che dimostra come la comprensione delle modalità e dei meccanismi di funzionamento del sistema immunitario si possa tradurre in un beneficio clinico importante per i pazienti, in questo caso con malattia infiammatoria intestinale.
Le malattie infiammatorie intestinali
Negli ultimi dieci anni, la diagnosi di nuovi casi di IBD e il numero di ammalati nel nostro Paese sono aumentati di circa venti volte. Queste patologie sono caratterizzate dall’alternarsi di fasi di benessere e periodi di riacutizzazione. La colite ulcerosa colpisce il colon e il retto, mentre la malattia di Crohn può manifestarsi a livello di tutto il canale alimentare (dalla bocca fino al retto e all’ano), anche se si localizza prevalentemente a livello ileo-colico, nell’ultima parte dell’intestino tenue.
Si tratta di malattie a causa sconosciuta. Fino a 10 anni fa le cure per queste malattie che pregiudicano la vita sociale di chi ne è affetto, erano poche. Oggi invece i grandi progressi della terapia medica (nuovi farmaci permettono di controllare l’infiammazione) e chirurgica (chirurgia mini-invasiva applicata anche a questa difficile patologia e maggior attenzione alla minimizzazione delle complicanze) aprono scenari di notevole miglioramento della qualità della vita per i nostri pazienti.
Per il trattamento è necessario rivolgersi a un centro specializzato. L’interdisciplinarietà è infatti un fattore determinante: il confronto tra chirurgo e gastroenterologo consente di utilizzare al meglio tutte le armi a disposizione di entrambi gli specialisti. Al Centro di Ricerca per le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali di Humanitas (attivo nell’ambito del Dipartimento di gastroenterologia), afferiscono oltre 1.800 pazienti. L’Ambulatorio Multidisciplinare Medico Chirurgico, con gastroenterologo e chirurgo specializzati che congiuntamente visitano il paziente, consente di curare con maggiore efficacia i pazienti, eliminando inutili corto-circuiti informativi fra specialisti, frequentemente lamentati dai pazienti con malattia infiammatoria intestinale.
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