Radiologi e cardiologi insieme davanti alla consolle di una Risonanza Magnetica e sofisticatissime immagini in movimento. Obiettivo: sfruttare le potenzialità della diagnostica per immagini di ultima generazione e “unire le competenze per effettuare diagnosi sempre più precise delle malattie cardiache”. Questo, a detta del dott. Luca Balzarini, responsabile dell’Unità Operativa di Radiologia Diagnostica di Humanitas, il fatto che caratterizza e spiega meglio dei numeri e delle teorie l’approccio alle malattie del cuore reso possibile dall’applicazione della risonanza magnetica alla cardiologia: un approccio multidisciplinare, nel quale il cardiologo e il radiologo procedono di pari passo per avere il massimo della sinergia.
Anche grazie a questa collaborazione, una tecnica tradizionalmente riservata ad altri settori della medicina quali la neurologia e l’oncologia è diventata in pochi anni uno degli strumenti più affidabili a disposizione degli specialisti per capire le condizioni di un malato di cuore e stabilire così un programma di cure personalizzato. Spiega infatti Balzarini: “La risonanza è l’unico esame che può dare informazioni sulla struttura e sulla morfologia del cuore e non solo sulla sua anatomia. Ciò significa che possiamo vedere, per esempio, che cosa è successo dopo un infarto, quale area ha subito danni, se ci sono zone cicatriziali o fibrose e di che entità sono; in altri casi riusciamo a diagnosticare in tempi brevi malattie gravi ma difficili da individuare con i metodi classici come la pericardite o la miocardite. In base a quanto è possibile vedere con la risonanza, poi, si può decidere se e come intervenire su basi più razionali”.
La metodica si sta rivelando così precisa che ormai sono almeno una decina i cuori analizzati ogni settimana presso l’Unità diretta da Balzarini, e non di rado si tratta di malati provenienti da altre province o regioni, perché in Italia non sono ancora in molti a utilizzare la risonanza in questo modo e, soprattutto, con la consulenza diretta di un cardiologo integrato a pieno titolo nello staff. “La risonanza applicata alla cardiologia è frutto dei grandi progressi della tecnologia: fino a pochi anni fa, infatti, non si riuscivano ad ottenere immagini abbastanza chiare perché il cuore è costantemente in movimento, e le sequenze di ripresa erano troppo lente. Oggi però, grazie a sequenze velocissime e a software sempre più potenti, questo ostacolo è stato superato, e le immagini sono molto chiare, al punto che riusciamo a vedere fini alterazioni strutturali, anche grazie all’utilizzo di un mezzo di contrasto come il gadolinio, che è molto meno invasivo di quello iodato usato in TAC”.
“In definitiva – conclude Balzarini – la storia della risonanza applicata alla cardiologia ricalca e segue l’evoluzione della medicina più moderna, perché la tecnica ha avuto un impulso formidabile dagli avanzamenti tecnologici, ma questi progressi non sarebbero sfruttabili appieno senza una costante integrazione tra le diverse competenze. Solo la multidisciplinarietà fa sì che la specializzazione sempre più spinta possa davvero diventare un elemento di un quadro complesso di cui beneficia il paziente, e non l’esasperazione di una conoscenza che rischia di avere gravi limiti, quando non di rimanere fine a se stessa”.
A cura della Redazione
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