Prosegue questa settimana il nostro “viaggio” alla scoperta della tiroide con la collaborazione del prof. Pietro Travaglini, Senior Consultant dell’Unità Operativa di Endocrinologia di Humanitas. L’efficienza della tiroide può essere valutata tramite diversi tipi di indagini. Alcune di queste sono più adatte a mettere in luce le alterazioni morfologiche della ghiandola (forma, dimensione, presenza di noduli…), altre sono specifiche per valutarne la funzionalità. L’utilizzo a più livelli dei diversi test oggi a disposizione, è sufficiente a diagnosticare ogni tipo di patologia tiroidea.
I dosaggi ormonali
Per valutare la funzionalità della tiroide i test più comuni sono i dosaggi degli ormoni T3, T4, TSH che si effettuano su un semplice campione di sangue. La produzione dei due ormoni tiroidei T3 e T4 avviene di norma solo in presenza di un ormone tireostimolante prodotto dall’ipofisi, il TSH, il cui rilascio è tanto maggiore quanto minori sono le quantità di T3 e T4 presenti nel circolo sanguigno. Questa continua regolazione, cosiddetta a feedback, garantisce, per il benessere dell’organismo, livelli ottimali di ormoni circolanti. Pertanto la variazione della concentrazione del TSH è l’indice più sensibile dell’alterazione funzionale della tiroide. Infatti, una suo aumento indica uno stato di ipotiroidismo, cioè di minore attività della ghiandola, mentre una sua diminuzione è sintomo di iper-attività (ipertiroidismo).
Verifica della presenza di particolari anticorpi
Nel sangue si dosano anche gli anticorpi anti-tiroide (anticorpi antitireoglobulina, anticorpi antitireoperossidasi). La loro presenza evidenzia, anche in fase precoce, cioè prima che sia alterata la concentrazione di TSH circolante, la natura autoimmune di una patologia della tiroide.
Un altro parametro che viene controllato è la quantità di calcitonina, un ormone prodotto dalla tiroide, che favorisce il passaggio del calcio dal circolo sanguigno alle cellule. La calcitonina diventa anche un importante marker tumorale nel caso di carcinoma midollare della tiroide.
Infine, nelle persone cui è stata asportata la ghiandola a causa di un tumore, il dosaggio della tireoglobulina ha grande valore. Infatti, in questi casi la presenza in circolo dell’ormone, che è prodotto solo da cellule della tiroide, indica che sono presenti metastasi.
Visita medica
Da un punto di vista morfologico, le alterazioni della tiroide possono essere valutate tramite l’osservazione e la palpazione della regione anteriore del collo, che permettono di verificare un eventuale aumento diffuso della ghiandola o la presenza di noduli. E’ prassi comune esaminare la ghiandola durante la deglutizione e valutare attentamente la presenza di linfonodi ingrossati nelle zone vicine del collo.
Altri esami diagnostici
Eseguire il doppler e l’ecografia in combinazione può fornire sia dati morfologici (forma, dimensioni, struttura, presenza di noduli) sulla tiroide e sui linfonodi delle aree vicine, sia informazioni su uno stato di maggiore o minor funzionamento della ghiandola in base alla presenza e all’entità dei vasi sanguigni nelle sue diverse parti.
Quando si deve indagare ulteriormente sulla natura dei noduli tiroidei sospetti, si può eseguire una scintigrafia: questo esame consiste nella somministrazione di una sostanza radioattiva: il Tecnezio 99 (non più Iodio 131). Questo elemento viene captato selettivamente dalla tiroide e un’apposita apparecchiatura è in grado di valutarne la distribuzione e l’entità della fissazione. La scintigrafia permette di distinguere tra noduli ipocaptanti, cioè a bassa capacità di captazione o freddi, di natura sospetta ( il tessuto tumorale perde in genere la sua funzione di captazione) e noduli ipercaptanti o caldi, che rivelano patologie non tumorali. Il Tecnezio 99, al contrario dello Iodio 131, è quasi del tutto innocuo e permette di ripetere questo esame più volte senza alcun rischio per il paziente.
La scintigrafia può essere eseguita anche somministrando Tecnezio MIBI: in questo caso la finalità è quella di distinguere i noduli tiroidei da quelli delle paratiroidi, in virtù del fatto che questi ultimi trattengono questo elemento molto più a lungo (3 – 4 ore contro la * ora dei noduli tiroidei).
Se vi sono noduli
Circa il 50% della popolazione ha noduli tiroidei, che, in genere, se inferiori a 1 cm di diametro, non determinano manifestazioni cliniche: secondo le linee guida attuali, si devono compiere indagini ulteriori se il nodulo supera tale dimensione.
Nel caso di noduli con diametro maggiore di 1 cm, non captanti alla scintigrafia o ecograficamente non cistici , si procede all’esecuzione dell’ago aspirato cioè al prelievo di una piccola porzione di cellule dal nodulo sulla quale si esegue un esame citologico al fine di escludere la presenza di cellule tumorali.
E’ bene ricordare che una nodosità tiroidea nasconde un tumore tiroideo maligno in una esigua percentuale di casi (0,5%)
A cura di Federica Rosazza
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