La sindrome dell’intestino irritabile è uno dei disturbi intestinali più comuni e interessa in particolare il sesso femminile sotto i 50 anni di età. È un disturbo dall’andamento cronico-ricorrente, che può essere favorito da condizioni di stress fisico (come interventi chirurgici, malattie, terapie mediche) e mentale.
La colite è invece un’infiammazione del colon che può manifestarsi in forma acuta o cronica.
Quali sono i sintomi e quali esami fare per la diagnosi? Ne parliamo con la dottoressa Roberta Elisa Rossi, gastroenterologa presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano e i centri medici Humanitas Medical Care.
Colon irritabile: quali sono i sintomi
La sindrome dell’intestino irritabile è caratterizzata dalla presenza di dolore addominale cronico/ricorrente associato ad un’alterazione della funzione intestinale, che può manifestarsi con stipsi, diarrea o un’alternanza tra le due.
La diagnosi si basa sui criteri stabiliti dai “Criteri di Roma”, che identificano la sindrome dell’intestino irritabile quando si verifica dolore addominale ricorrente (almeno una volta alla settimana per almeno 3 mesi), associato a due o più delle seguenti condizioni:
- Dolore correlato alla defecazione
- Dolore correlato a variazioni nella frequenza delle evacuazioni intestinali
- Dolore correlato a variazioni nella consistenza delle feci.
Altri sintomi possono includere:
- Difficoltà nell’evacuazione (sensazione di spinta eccessiva, urgenza o sensazione di evacuazione incompleta)
- Presenza di muco nelle feci
- Gonfiore o distensione addominale.
Inoltre, possono associarsi anche disturbi extra-intestinali come per esempio:
- debolezza
- affaticamento
- emicrania
- ansia
- depressione
- dolore lombare o pelvico
- cistiti ricorrenti
- insonnia
- fibromialgia.
Colon irritabile, gli esami per la diagnosi
La diagnosi della sindrome dell’intestino irritabile è una in genere una “diagnosi di esclusione” ed è principalmente clinica, poiché non esiste un test diagnostico specifico per questa condizione. Viene stabilita attraverso una dettagliata valutazione medica gastroenterologica, che esclude altre patologie gastrointestinali con sintomi sovrapponibili. Durante questa visita, è fondamentale indagare la presenza di eventuali “segnali d’allarme”, come dimagrimento inspiegabile, anemia, febbre, presenza di sangue nelle feci, dolore persistente dopo l’evacuazione, sintomi notturni e insorgenza dei sintomi dopo i 50 anni. Questi segnali non sono tipici della sindrome del colon irritabile e sono in genere suggestivi per la presenza di sottostanti disturbi organici più gravi che richiedono ulteriori approfondimenti medici.
In base alla storia clinica raccolta e all’esame fisico, il medico specialista potrebbe richiedere ulteriori indagini diagnostiche, che potrebbero includere:
- Esami del sangue e delle feci per escludere condizioni come la celiachia e le malattie infiammatorie croniche dell’intestino.
- Test del respiro per valutare l’intolleranza al lattosio o la presenza di sovra-crescita batterica.
- Ecografia completa dell’addome, eventualmente con studio delle anse intestinali, o una TAC completa dell’addome per valutare gli organi interni.
- Colonscopia per esaminare il colon e, se necessario, eseguire biopsie.
I sintomi della colite
I sintomi della colite possono variare a seconda delle cause sottostanti. Possono aversi:
- Dolori addominali di intensità variabile
- Diarrea, che può presentarsi con o senza muco e/o sangue
- Urgenza o incontinenza fecale
- Meteorismo
- Stanchezza
- Inappetenza
- Perdita di peso.
Le forme acute di colite sono spesso associate a infezioni batteriche o virali o possono derivare da intossicazioni alimentari. Le forme croniche, invece, possono essere causate da malattie infiammatorie croniche intestinali, come la retto-colite ulcerosa, che coinvolge principalmente il retto, o il morbo di Crohn, che può interessare diverse parti del tratto gastrointestinale, dalla bocca all’ano.
Quali esami fare per la diagnosi di colite
In caso di sospetta colite, è essenziale consultare uno specialista gastroenterologo per un’adeguata valutazione.
Una dettagliata anamnesi e un accurato esame obiettivo consentono allo specialista di raccogliere informazioni per una diagnosi differenziale e per pianificare ulteriori indagini. Per esempio, nelle forme acute della malattia potrebbe essere opportuno eseguire esami sulle feci come coprocolture e ricerca di parassiti.
Nel caso sorga il sospetto di una malattia infiammatoria cronica intestinale, il dosaggio della calprotectina fecale e un’ecografia con studio delle anse intestinali potrebbero essere i primi passi diagnostici non invasivi. Tuttavia, è importante notare che la diagnosi definitiva di queste patologie richiede un esame istologico, per cui potrebbe essere necessaria una colonscopia con prelievo di biopsie multiple.
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