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Cancro: perché è iniziata l’età dell’ottimismo

Maggiore attenzione alla prevenzione, nuovi trattamenti e dispositivi sempre più sofisticati per la diagnosi, nuova organizzazione delle cure. Così i tumori fanno sempre meno paura.

 

«Sconfiggere i tumori è un obiettivo concreto. E insieme lo stiamo raggiungendo».

Il dottor Armando Santoro, direttore di Humanitas Cancer Center non ha dubbi: «Benché la sconfitta definitiva del cancro non sia dietro l’angolo – dice –, dopo tanti anni i primi segni di diminuzione della malattia stanno iniziando a emergere. E così l’ottimismo si sta facendo strada”.

Negli Stati Uniti, per esempio, l’Annual Report on the Status of Cancer pubblicato alla fine del 2013 sulla rivista Cancer, ha mostrato una diminuzione dei tassi di mortalità per i quattro cosiddetti big killer (i tumori del polmone, del colon-retto, della mammella e alla prostata). Inoltre, il rapporto conferma il trend di riduzione dei tassi di mortalità per tutti i tipi di cancro che si registra da circa 20 anni.

«Piccoli segnali che dimostrano, però, che le diverse armi utilizzate per combattere la malattia (gli investimenti in prevenzione e diagnosi precoce, le migliori opzioni di trattamento e un più adeguato follow up) funzionano», dice Santoro.

 

Il paziente al centro del progetto assistenziale

Questi progressi, tuttavia, poco avrebbero potuto senza un cambiamento radicale nella strategia di cura dei malati oncologici che è consistita soprattutto nel porre il paziente, e non la malattia, al centro del progetto assistenziale. «Questa strategia è fondamentale – spiega Santoro –. I malati di cancro hanno esigenze e condizioni sempre più complesse in termini di diagnosi, stadiazione dei tumori, combinazione degli interventi, altre malattie concomitanti».

Una strategia che è da sempre di casa in Humanitas, a partire dal suo Cancer Center.

«L’obiettivo dell’attività clinica e di ricerca di Humanitas Cancer Center è, per definizione, il paziente – spiega ancora Santoro –. Per questo ogni nostro impegno sul fronte della ricerca è mirato ad ottenere risultati che diano benefici concreti nella cura dei tumori. Ma i nostri sforzi sono tesi anche a offrire ai pazienti una qualità di vita migliore mediante la riduzione degli effetti collaterali e un costante supporto psicologico».

 

Multidisciplinarità, collaborazione e integrazione

Ora la strategia sta facendo un ulteriore passo avanti con un ambizioso e impegnativo progetto, in cui le parole chiave sono multidisciplinarità, collaborazione e integrazione.

«Il progetto prevede la creazione di cosiddette “cliniche”, cioè percorsi dedicati all’attività assistenziale di una certa malattia – illustra lo specialista –. Ciascuno di loro è basato sulla stretta collaborazione e condivisione degli obiettivi di una pluralità di professionisti che hanno diverse competenze specialistiche.

Le cliniche richiedono un’attenta organizzazione, una cura particolare alle informazioni e molte risorse, ma offrono un indubbio vantaggio in termini di standard di cura e di migliori prassi».

Le prime tre cliniche attivate in Humanitas sono la Breast Unit, destinata alle donne con tumore al seno, la Cancer Free Clinic, per le sempre più numerose persone che hanno superato il cancro e la Skin Cancer Clinic, per la diagnosi e la cura dei tumori della pelle.

Per ogni paziente, le cliniche offrono percorsi su misura, che partono dal ricovero, lo accompagnano fino al momento delle dimissioni e proseguono anche quando il paziente ritorna a casa. In tal modo i bisogni assistenziali del malato trovano in ogni momento del percorso di cura la risposta più adeguata consentendo di ottenere i migliori risultati possibili.

I numeri di Humanitas
  • 2.3 milioni visite
  • +56.000 pazienti PS
  • +3.000 dipendenti
  • 45.000 pazienti ricoverati
  • 800 medici
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