Il dibattito sull’utilità e le prospettive future offerte dai “farmaci intelligenti” è vivo ed occasione di crescita non solo per gli addetti ai lavori ma anche per tutti coloro che desiderano essere informati sui più recenti sviluppi della ricerca in oncologia. E proprio per fare il punto sulle terapie a bersaglio molecolare si sono confrontati medici e ricercatori venerdì 23 marzo presso l’Istituto Humanitas di Rozzano nel corso di un convegno dal titolo “Focus on targeted therapy in oncology”, coordinato dal dott. Armando Santoro, responsabile del Dipartimento di Ocologia Medica ed Ematologia di Humanitas, e dal dott. Marco Danova, responsabile del dipartimento di Oncologia Medica del Policlinico S. Matteo di Pavia. Le basi biologiche delle nuove terapie antitumorali, la definizione dello stato dell’arte sulle più recenti terapie “bersaglio” e l’efficacia degli anticorpi monoclonali nei tumori più frequenti saranno al centro del dibattito. Senza dimenticare il tema nevralgico rappresentato dai costi e dalla sostenibilità dei nuovi farmaci in oncologia.
Sono intervenuti al convegno anche il prof. Alberto Scanni, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera di Melegnano, ed il prof. Marco Merlano, direttore del dipartimento di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera S. Croce di Cuneo.
Ogni anno in Lombardia 41 mila persone vengono colpite da un tumore, un sesto di tutti quelli che si registrano in Italia. Fra le donne, il big killer si conferma il cancro del seno, mentre fra gli uomini quello del polmone, il colon retto e la prostata fanno la parte del leone. Anche per questo la Lombardia è la capofila nella lotta contro il cancro: è infatti la regione che più si è attivata per sostenere campagne di screening nel lungo periodo come il sangue occulto nelle feci, rivolte in particolare alla popolazione di età superiore ai 45-50 anni. Ma anche nella diagnosi precoce e nelle terapie più innovative. L’Istituto Clinico Humanitas, per esempio, ogni anno accoglie circa 400 pazienti colpiti dal cancro al colon, un terzo dei quali aderiscono a protocolli di tipo sperimentale.
Le terapie molecolari a bersaglio hanno rappresentato una vera e propria “rivoluzione” nella cura di alcuni tumori aumentando le possibilità di sopravvivenza e di guarigione. “Nel nostro Istituto – spiega il dott. Armando Santoro – abbiamo attivato diversi studi su molecole di tipo biologico (cetuximab e bevacizumab), sia in fase preventiva che post-operatoria. Sono in corso anche protocolli di ricerca su molecole sperimentali in prima, seconda e terza linea”. L’efficacia delle terapie “targeted” è stata dimostrata nel trattamento di specifiche forme tumorali: dal cancro del polmone e del seno a quello del colon. “In Italia – continua il dott. Santoro – ogni anno si registrano circa 250.000 nuovi casi di tumore: 37.000 colpiscono il colon, la seconda neoplasia killer, con 17.000 decessi, dopo il cancro del polmone negli uomini e del seno nelle donne. Ma le prospettive di sopravvivenza negli ultimi anni sono cresciute grazie all’affermarsi della targeted therapy: in particolare l’anticorpo monoclonale cetuximab è la molecola con comprovata efficacia nei pazienti con cancro del colon in fase avanzata caratterizzata dalla presenza di metastasi e da resistenza alla chemioterapia tradizionale. Oggi, grazie anche ad una sempre maggiore attenzione alla diagnosi precoce e alle campagne di screening, si può dire che più della metà della popolazione colpita da tumore del colon guarisce in maniera definitiva”.
Le terapie molecolari a bersaglio sono costituite da molecole definite “intelligenti”, in grado di esercitare un’azione selettiva su recettori cellulari specifici. Da un lato ciò le rende più efficaci e meno tossiche, dall’altro il loro “spettro d’azione” è però limitato a particolari sottogruppi di neoplasie che dipendono da specifiche alterazioni molecolari. Senza dimenticare un altro aspetto “scottante”, in grado di catalizzare l’attenzione non solo degli addetti ai lavori, ma anche dei pazienti e di tutti coloro che si occupano di oncologia: il problema dei costi e della sostenibilità di questi farmaci. “Per evitare inutili sprechi – spiega il prof. Marco Merlano, direttore del Polo Oncologico dell’Ospedale S. Croce di Cuneo -, è necessario selezionare prima della cura quei pazienti in cui queste molecole danno con certezza benefici. E la ricerca si muove proprio in questa direzione, pur dovendo affrontare enormi difficoltà. Ad esempio, nei tumori del distretto testa-collo, che colpiscono in Italia circa 8.000 persone ogni anno (il 3,5% del totale), non è possibile identificare a priori il gruppo di pazienti che può trarre i maggiori benefici da queste terapie. Sono stati però effettuati studi da cui sono emersi risultati positivi dall’associazione di cetuximab alla sola radioterapia, con un miglioramento quantificabile in diversi mesi di sopravvivenza. E si prevede un incremento anche maggiore associando cetuximab alla chemioradioterapia”.
La ricerca e i processi di sviluppo di queste nuove molecole hanno comportato consistenti investimenti economici che si sono tradotti in prezzi di vendita elevati al momento della loro introduzione in commercio. “Dal punto di vista farmacoeconomico – afferma il dott. Marco Danova, responsabile dell’Oncologia Medica della Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia – si sta quindi determinando un inevitabile aumento della spesa farmaceutica a carico del Servizio Sanitario Nazionale ed il futuro vedrà presumibilmente l’immissione in commercio di altre molecole ‘targeted’, altrettanto efficaci ed attualmente in fase di sperimentazione. D’altro canto va però tenuto conto del fatto che siamo di fronte a farmaci che offrono comprovati e robusti vantaggi clinici. Nel lungo periodo è peraltro auspicabile che l’assorbimento dei costi legati allo sviluppo delle nuove molecole si traduca in una riduzione del loro prezzo di vendita, come già accaduto per i farmaci antineoplastici della generazione precedente”. Al problema dei costi si lega quello delle crescenti aspettative da parte dei pazienti, spesso negativamente influenzati dalle notizie diffuse dai media. “Le istituzioni – conclude il prof. Alberto Scanni, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera di Melegnano – devono arginare che divulga notizie premature di successi con questa e quella metodica. Nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche devono essere valutate con protocolli omogenei tra istituzioni pubbliche e private e nulla deve essere concesso al di fuori di questi. Potrebbero essere addirittura le Regioni a gestirli direttamente, a coordinarli e analizzarne i risultati”.
Marzo 2007 – A cura della Redazione
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