Italia e Argentina uniscono i loro sforzi nella lotta contro il cancro. Dallo scorso maggio è infatti attivo un progetto di ricerca che coinvolge l’Istituto Clinico Humanitas, e in particolare l’Unità Operativa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, e l’Ospedale Italiano di Buenos Aires, con la sezione di Chirurgia colo-rettale del dott. Mario L. Benati e l’Istituto di Scienze Basiche e Medicina Sperimentale del dott. Pablo Argibay.
Obiettivo della ricerca è verificare come il cancro colo-rettale si sviluppa e muta in ambienti tanto diversi e lontani fra loro, come l’Italia e l’Argentina. Il progetto, sostenuto dai Ministeri degli Esteri di Italia e Argentina, prevede scambi culturali e scientifici tra i due Paesi, in un’ottica di formazione internazionale. In particolare due ricercatrici argentine dell’Ospedale Italiano di Buenos Aires sono state in Humanitas per migliorare le proprie conoscenze scientifiche e metodologie di ricerca. Per lavorare sui campioni tissutali italiani e poi essere in grado di applicare la stessa metodologia di indagine ai campioni argentini. In una seconda fase, due ricercatori di Humanitas andranno in Argentina per formare il personale del luogo.
L’obiettivo del progetto
“La ricerca che stiamo conducendo – spiega il dott. Luigi Laghi, medico-ricercatore dell’area gastroenterologica di Humanitas e coordinatore del progetto per l’Italia – studia in particolare le modificazioni dell’imprinting, cioè dei gruppi di carbonio che proteggono ogni molecola di DNA dall’ambiente circostante, come fossero un paraurti. In alcuni tipi di tumori, come quelli del colon (ma anche del rene, del fegato o gli osteosarcomi) questa protezione risulta alterata, modificata forse dall’ambiente esterno. Ecco perché riuscire a capire i meccanismi del cambiamento ci consentirà di trovare nuovi farmaci antitumorali e nuove strategie diagnostiche per prevenirlo”.
La ricerca mira infatti a comprendere le origini di questa modificazione e le sue correlazioni con altre mutazioni genetiche. “In particolare – precisa il dott. Carlos Vaccaro, specialista in chirurgia colo-rettale e responsabile del progetto in Argentina – vogliamo verificare se le alterazioni dell’imprinting sono condizionate anche dall’ambiente in cui la persona vive. Per questo prendiamo in esame due popolazioni esposte a fattori ambientali radicalmente diversi, come quella italiana e quella argentina”.
In Humanitas un gruppo di lavoro internazionale
In Humanitas un’équipe di ricercatori italiani e argentini guidata dal dottor Laghi sta lavorando in particolare sulla loss of imprinting della molecola IGF2 in cancri colo-rettali sporadici ed ereditari. L’équipe è composta dal dott. Paolo Bianchi, ricercatore dell’area gastroenterologica di Humanitas, e dalle dottoresse dell’Ospedale Italiano di Buenos Aires Analia Noverano, chirurgo specializzando in Colonproctologia, e Maria Laura Pellegrini, biologa. “La novità del progetto – spiega il dott. Bianchi – sta nello studiare non tanto il danno genico, cioè le mutazioni del DNA alla nascita, quanto le modificazioni dell’imprinting che seguono durante il corso della vita e che si ripercuotono sulla leggibilità delle informazioni portate dai nostri cromosomi. Da decenni sappiamo che all’origine del cancro vi sono mutazioni del DNA. Ora vogliamo studiare se l’ambiente modifichi l’imprinting e di conseguenza lo sviluppo delle malattie tumorali. Per questo utilizziamo il locus genetico IGF2, quale bersaglio di alterazioni dell’imprinting nel cancro del colon”.
Le ricadute cliniche di questa ricerca potranno essere di due tipi. Da un lato, conoscere i meccanismi alla base di queste modificazioni potrebbe permettere di trovare farmaci in grado di “restaurare” la protezione delle molecole di DNA, facendola tornare perfettamente funzionante. Dall’altro lato identificare le possibili correlazioni con l’ambiente consentirà di monitorare le persone più a rischio e di fare una prevenzione mirata.
Il progetto prosegue a Buenos Aires
Una volta rientrate in Argentina, le dottoresse Noverano e Pellegrini condivideranno con i colleghi dell’Ospedale Italiano i primi risultati di questa ricerca e applicheranno le tecniche imparate in Italia.
“Questa esperienza ha in un certo modo cambiato la mia prospettiva e il mio modo di pensare alla malattia – afferma Analia Noverano, 33 anni, che in Argentina coordina il Pro.Can.He., un programma dedicato a pazienti e familiari affetti da cancro ereditario ed in particolare dalla Sindrome di Lynch, uno dei tumori ereditari colo-rettali più frequenti -. Il chirurgo solitamente valuta in maniera pragmatica come affrontare un problema. È stato utilissimo per me poter vedere in prima persona come si lavora in un ambiente di ricerca, quali tempi sono necessari ad esempio per avere i risultati delle analisi: mi ha permesso di scoprire che le conoscenze e le attività dei ricercatori sono complementari a quelle dei medici e dei chirurghi. Ora, quando guardo un campione, penso direttamente alle possibili conseguenze cliniche, mi pongo domande prima impensabili”.
“Vedere come si fa ricerca in un altro paese consente di aprire i propri orizzonti – aggiunge Maria Laura Pellegrini, 27 anni, alla sua prima esperienza di lavoro all’estero -. Come biologa in Humanitas ho la possibilità di utilizzare molte risorse e la strumentazione più all’avanguardia, riducendo i tempi di analisi di un campione e semplificando la normale attività. A Buenos Aires avremo modo di attingere ad una casistica molto ampia di tumori del colon-retto, che raccoglie pazienti operati di cancro a partire dagli anni ’70: se a questa applicheremo la tecnologia molecolare più avanzata offerta da Humanitas i risultati non tarderanno”.
Quello condotto con Humanitas non è l’unico progetto di ricerca internazionale che l’Ospedale Italiano di Buenos Aires porta avanti. Stati Uniti, Canada, Brasile, Cile, Uruguay sono suoi partner in numerose altre collaborazioni. “L’attività di ricerca è parte integrante della mission dell’Ospedale – spiega la dott.ssa Mariana Barbich, vicedirettore dell’Istituto di Scienze Basiche e Medicina Sperimentale -. Assistenza, didattica e ricerca sono le tre parole chiave della nostra attività. Per questo nel 1999 è nato l’Istituto nel quale oggi lavoro, come concretizzazione dell’attività di un gruppo di ricerca già attivo dagli anni ’60. Il nostro obiettivo è sviluppare la ricerca sia di base sia clinica per trasferire i risultati il più velocemente possibile al letto del paziente. Il confronto con istituzioni sanitarie a livello nazionale ed internazionale di alto profilo, come Humanitas, è per noi motivo di orgoglio e stimolo a crescere”.
A cura della Redazione
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