Il professor Nicola Dioguardi ha compiuto 95 anni. Un compleanno importante, festeggiato nell’auditorium di Humanitas, l’ospedale che ha contribuito a fondare 20 anni fa e di cui è oggi Direttore Scientifico Emerito.
Chi è il prof. Dioguardi?
Nato a Bari nel 1921 e laureatosi nel 1947 a Bologna, il professor Dioguardi dal 1949 vive, lavora e insegna a Milano, sua città d’adozione.
Il professor Dioguardi – epatologo di fama mondiale, grazie alle centinaia di pubblicazioni e alle partecipazioni a numerosi congressi in tutto il mondo – è considerato uno dei padri della medicina e della ricerca moderna italiana.
Fin da giovane, i suoi studi, concentrati in particolare sul fegato, gli hanno consentito di sviluppare una linea di ricerca scientifica nell’ambito della medicina interna e in modo specifico in ambito epatologico, gastroenterologico ed ematologico oggi studiata in tutto il mondo.
Sebbene abbia trascorso buona parte della sua attività lavorativa in ambito universitario, il professor Dioguardi ha sempre riservato un’attenzione particolare al rapporto coi pazienti.
Il prof. Dioguardi e il rapporto medico-paziente
“Ogni paziente ha una sua personalità, e a questa occorre sapersi rivolgere”, ha sempre sostenuto il prof. Dioguardi, sottolineando che un buon medico deve saper essere “leale verso il malato che gli si affida. L’approccio non deve essere paternalistico, ma cordiale”.
Sostenitore della medicina classica, che alla scienza associava la cultura filosofica e umanistica, il professor Dioguardi ha percorso da protagonista l’evoluzione che ha interessato la ricerca scientifica di tutto lo scorso secolo e del primo scorcio del nuovo millennio, facendo propria l’innovazione resa possibile grazie alle nuove tecnologie, ma senza mai perdere di vista la missione del medico: “La medicina va oltre la tecnologia – ha sostenuto in un’intervista concessa nel 2011 al Corriere della Sera –. Io mi affido all’induzione: parto dal singolo caso, perché ogni uomo è un mistero, e poi mi affido alla cultura e all’esperienza. Credo sia questo che dà al medico una marcia in più: il sapersi rivolgere al malato da uomo singolo a uomo singolo”.
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